Scordando le note
sono trafitto
dalla luce che mancò
alla storia,
quella nostra,
quella che sai
senza sapere
capovolta
l’attesa
stellare
del destino
a cui non credi
per dispetto atroce
ma
per vaga speranza,
chiudi nell’accordo perso
da noi che strani
dormiamo
alla partenza
spogliati dalle rime
come calici
i pensieri
e tu che chiacchieri
con me
mentre il tè è già
freddo
dell’estate
la paura
puro amore ti darà.
Eccoci al punto,
sta attenta.
Dici che non scordi
l’illusione
e ciò che fu
ma nei miei rimorsi
vivo tenebroso
ormai,
ma dopotutto eri un po’ così
con le statue di gesso
che ammiccavi lucida
e sconvolta dal domai,
prometto
che la colpa non c’è
ma ti giuro che ritorno
quando all’ombra della luna
mi cerchi
come ultimo sopravvissuto
alla sconfitta
che ti giuro vivo anch’io
per negligenza o forse
inutile sincerità
dolente,
le mie spalle
e il brivido.
Forse non è stato il giorno
appena nato
a porre le premesse che
furente alla tempesta
scioglievi,
lacci di malinconia
stretta forte alla mia pelle
come ritrovata
la vita
e vedevi
gli occhi lucidi
nell’attesa che il tempo
si fermi
collegato alla realtà
che perdemmo sconvolti
dalla spiaggia
inerpicata
tra capelli
e tiepidi
rimandi alla fortuna,
e quella lo sai
non la gioco
a scudo tratto
se ti ascolto
è il barlume
della vita
che si espande dai tuoi occhi
e illumina
il mio viso
stanco di combattere
e tu,
tu,
che or’è?
dicevi appoggiata a me
mi bloccavi il corpo
ed il bacio
fu già addio,
risveglio atroce
senza te.
E cantavi a squarciagola
ma era un sogno la poesia
che scrivevi sul mio corpo
viola tinto
di lillà
tra il sogno
ruggente
verità scomposta e chiara,
sei un tesoro
amore mio!
E nel bosco
il volto fisso
l’alba aurora
del passato
rimirò.
Sei tu
quel canto che
vibrante sale dal polso
e si irradia
nel mio cuore scalzo
come dissi
genuflesso
tra i ricordi
nel deserto
erano fiori
i sogni tuoi,
guarda erano anche i miei
e sono
proiettati
nel futuro che sarà.
Tracci
la linea e sconvolta
mi dici lascia stare
tradendo
il patto
che solevi
sorseggiare
tra un attacco
stupendo
e tutto quello
che c’è in mezzo,
e ci pensi ogni tanto
noi lontani
e lontana l’armonia
nel cielo dei miei sogni
le stelle solcate
dal tuo dito
che improvviso sulle labbra
quelle mie
mi spingevano a baciarti
ma in silenzio,
abbracciarti
senza far sentire
mai
che esplode in noi
la passione,
l’amore
e la follia.
Così
ridi, leggi
e poi ricordi
svogliata
sei oramai al di là
di quel che penso,
sei più brava di me
nel dirmi
ciò che vorrei
dirti
(ma così
splendi immensa
e stupenda
di lato,
braccio
capelli
vento
tu),
tu
profilo fantastico
e limpido
il gelo
che ci riscalda
nella nostra immensità
indissolubili
e così
mi dici aspetta
sono qui.
Il mare schizza
l’anima
nel corpo dell’ostilità
della nostra segreta
verità,
quel nostro assurdo finale.
Ok,
puoi andare,
sei stanca
lo so,
questo ricordo
è troppo intenso.
E cos’ho detto,
il mio sogno in mille pezzi
l’alma in frammenti.
Ed è di nuovo giorno,
non ti so scordare.
Forse domani
sarà diverso.
Potresti pure restare,
già il vento imprime
questo assurdo finale.
Lo sai che
non mi puoi
lasciarti preda di te
senza eclissi
nel mare
non mi abbandonare.
Potresti
non andare.
Passano gli anni
e soli noi,
potrei rivelarti
il mistero eretto
nel tempio
del nostro sentimento eterno.
Ecco,
non vuoi
capire
che è l’età
che distrugge
come tenebra
tutto ciò
che costruimmo,
l’amore impossibile
questo assurdo finale,
potresti pure restare,
potevi.
E adesso
l’oblio copre
manto d’autunno
il nostro pensiero
e sono nudo
tra trame
da intrecciare.
E’ questo,
ti ripeto,
mi ripeto,
sottolineo,
il nostro assurdo finale
ed alternativa non c’era
e più non c’è!
Così
ho deciso che
senza più arzigogoli
voglio la libertà.
Non so se sia
dovuto a te,
piccola mia stella
d’universo umida
e sincera
come il calar
della mia vita
sul pendio
dell’assoluto,
ma che bello
pensarti di traverso.
Tuttavia,
amore,
non so se sono
ciò che voglio
né se all’ombra
del cuore
posso refrigerio
trovare,
assurda ascensione
ritmica
delle tue mani
e senza volare
non so proprio stare.
Dopotutto sai meglio di me
che quella notte
alternativa non c’era
ed ora non ce n’è.
Ed anche se sei convinta
l’amore è tenebra che accende
la speranza dentro me,
mi dispiace, devo andare,
posto più qui non ce n’è,
lo sai piccola che sei
ciò che cercavo
ed ora cerco solo me.
Ma abbracciandoti ancora,
sono in me
per sempre
e non solo per scomparire,
vorrei sentirti ancora,
vieni,
l’alba e la solita promessa.
Ovvio
questo spazio tempo,
parallelo il nostro mondo
e la tua scommessa
ed il mio dispetto.
Ricordi ora?
Il velo di Maya
e il solitario
sulle scale
di acuto
disincanto
e tuttavia
noi siamo ancora noi,
lo sai,
rotola la mano,
la procedura.
Ecco,
è questo il punto
che il nostro universo
si è ristretto
compatto
e rifratto.
Ed ora
solo due parole.
Continua
tu,
vai vai,
continua,
sei tu, son’io
e lei,
il confine tra te e lo specchio:
sembra evidente
che l’occhio
proteso
sia
l’immagine di me.
Non sai
parlare
che di te.
Il ricordo
è tenebra,
l’estate
nel nulla finirà,
le distese,
le colline
e tu,
tu,
l’ombra del mondo
il tuo collo
declinato
nel no.
Credi sia possibile
scrivere di te
ma la verità
è che io
scrivo
sono
solo io
e solo scrivo
e solo di me
e nemmeno.
Il futuro eccolo qui,
immagine di te,
la vita
assurda
delle scogliere
sul polso
impresso il mio desio
e tu
ombretta fuggevole vai
sorridendo alle mie spalle.
Se questo è il vero
l’intramontabile essere
è il confine
tra te e lo specchio.
E noi?
Noi Fedeli d’Amore!
Non so il motivo
del nostro eterno
segreto,
ti amo
ed è così
ma è tempo
che girovago
incappucciato
pioviggina
in città
l’ombra segue
il segmento
del mio orgoglio,
ancor ti penso.
Forse vorrei,
anzi certo,
ritornare
e ricordare
di te che verseggi
ed io rido estasiato
ma sono fermo
e tu più non ci sei.
Dove sei piccola stella mia,
non è più palese
che siamo
gli unici padroni
del mondo
mentre pazzi
ci lasciamo
sedurre
dalle nostre perversioni.
Vorrei dirtelo
ma non so
se la penombra
è punto di forza
o precipito
ma tu ricorda
rotola la mano
e guarda fremente.
Sono sicuro che mi manchi,
meno che ce la faremo,
tu lontana
e parallela indecifrabile,
in dieci anni
l’ora brucia.
Ma se la luce
indissolubile
essendo tempo
è imprescindibile
e indivisibile
dallo spazio
attraversiamo la strada vicini
pur lontani,
un giorno eravamo noi
il centro del mondo
ora naufraghi,
ma tu guardami negli occhi,
non ricordi?
Io non volo
senza fremito e palpito,
palpitio sconnesso
(e scrivo di me
e nemmanco)
Sono le sei,
svegliati
non vuoi?
il sogno è lucido,
prima mattina
germoglio
asciutto desiderio
ancora tu.
E l’alba è la stessa
non vorrei dimenticare
ma oggi
non so
forse
l’erba del giardino
riflette
la tua indecisione
mai banale
ma terribile.
Io non volo
senza ali
e se tu non guardi
è il mio terribile finale.
“Verrà la morte
e avrà i tuoi occhi”.
Vorrei dirtelo,
hai ragione
il verso è più lungo,
ma ora tutto è cambiato
neanche il tramonto
è segno indelebile.
La notte è lunga,
resta,
abbiamo tanto da fare,
resta ombra mia!
Non voglio morire
senza stringere
il mio desio
le tue braccia
sono il mio infinito
il mio amore è
lo spasmo
del fremito,
cuori che palpitano
per motivi
così diversi.
Lo sai,
tu lo sai
mai dimenticherò.
Vai tranquilla,
hai tutto il tempo che vuoi,
finisce il sogno
fu la realtà
dei tuoi occhi
mai miei.
Ma comunque
io sono ancora per te
solo te,
io non rinnego
niente.
Comunque
fu per me
l’inestinguibile
accartocciarsi
dei flutti
tra passioni
miracolose
e pie,
le tue
e non ti dimenticai
mai.
Ora
sono così,
sono il sussurro
del tempo,
l’orma gigante
del segno
infinito
di noi.
E terribile
sei via,
torna senza pensare
ad altro che a te.
E’ così,
il silenzio tiranno
tra noi ora,
una delusione.
Vorrei
che qui
fossimo i sinceri
sentieri
ancora
che arditi
percorrevamo
senza timore,
sei tu il mio unico
sogno
e se non torni
Ah
non so,
mai dimenticherò,
son qui
tu orma vicina
e fugace
e irraggiungibile
del sogno
sonno claudicante
e t’afferro
ombra di gesso
me,
il tuo sussurro prima di addormentarmi!
Sei l’eterna gloria
viva e presente,
la più dolce
sensibile
e boriosa,
l’incanto
dei sogni
la luce nei boschi,
il sapore dei mie occhi
stesi
pianure
d’incanto
nei disegni
dove trovo
l’anima tua
ogni volta più
possente
e più presente.
E sai benissimo
che seppure
solo un giorno
stringerai le mie mani
senza capire
se mi ami
o è solo
un’altra illusione.
Ma tu fallo,
non rinunciare
all’alba dei tuoi sogni.
Amore mio
perversa
nel diluvio universale
del piatto
fresco l’intensa
irruente
leziosia
d’incenso.
E saremo ciò
che vuoi,
gli ultimi reduci atroci
e invincibili.
Ed è questo il senso
di ogni scritto
e ogni sussulto,
il tuo sussurro
prima di addormentarmi,
l’ultimo segreto
eccolo in impasse:
assumendo per vero
il calice e l’introito
dello scomposto
vettore fattoriale
incedi a passo repentino
leggiadro il viso
e l’entropico disegno
posto come argomento
del nostro tripudio.
E’ da dio e dal giudizio
umano
che sorge il bello
nell’intelletto
e se esponi il silenzio
è già taciuto
il tempo.
Purtroppo però la diramazione
è scomposta
ed il senso ultimo
celato
da cespugli e pianti,
da innumerevoli
numeretti
da camerino
mentre sei alla declinazione,
quella finale,
ed ora tutto è più chiaro.
Sconvolta sei disposta
a sorbire
il cantico del sogno
al di là
del ripudio
d’assoluto
l’eremo trafitto
sulle mani
che tendono
e si approccia il corpo
alle tue venature
sentiamo per davvero
il mistero
nel tempio
e divaghiamo
senza sapere nulla di noi
piccoli eroi
che scanditi
parliamo
d’assoluto
per sofismi.
Stringendoti al mio petto
volevi sapere l’ultimo
segreto
ed inventavi
la storiella
quella delle tue brame,
il reame dai pollini invidiosi
senza sapere
che sei tu la soluzione,
sei tu l’intenzione
della mia ultimissima sostanza
la più profonda
e l’elmo scalfiva
me,
sveglio vedo te
ombra mia,
come luce tiepida
soffusa
fai le fusa
ed è banale,
sei un’ ombra tutta modificata
e fumo sbuffa
in su la strada.
Poi guardo alla cornice
quella perpetrata
dalle tue gambe nude e snelle
sentinelle
la spola e la sola
ore 23,
accendi la siga
e dici sono qui
ma è per distrazione
atroce.
Poi ancora un profumo
inimmaginabile
di ortensie.
E l’oblio dei giorni nostri
e lo scardinio dei sogni miei
e l’estate
che si dimentica
nuvola rosa.
Poi sono stato
a guardare
mentre tu fulminea
mi baciavi
alle tre,
ed è così
che vivo l’intimità
della tua dualità
triste il destino
d’incenso
della settimana
un po’ avversa
week end piovoso,
uggioso spirito
da soffitta.
L’antro è atrio
del pensiero
e tu lo sai
che ci sei stata,
memoria onnicomprensiva
Ok, comincia
sei pronta a partire silente
tra colline
e ciliegi
arma di pena
scomposta
dall’amore concupito
e strano
sentivo i tuoi passi
di prima mattina,
l’estate si rifiuta di scordare
lo strumento pronto all’uso
come dorso di bottiglia,
oceani di silenzio,
memorie sparse
qui e lì
per purezza vocalica
e stanca,
come dire scordare
il rimorso
che è già frutto di me,
non ci credo!
gridi o forse speri
sapendo che d’altronde
anche se vero
poco ti interessa
se non fosse per l’inciucio dialettico
della scollatura
verdeggiante
su pieghe d’assenzi
celesti
ed il volto
si ricompone
dal dominio inesorabile del tempo
e sei spazio
già prima
e rubato
salvato
dalle consonanti
di cui ti nutri
ma solo ogni tanto,
sovente la ritieni
una congiura del passato,
sei più bella di prima
anche con la disarmante
tenuta sportiva
mentre ti stringi le spalle,
vai, eccoti.
Così
ti inerpichi in porticati
di cui non sai
e non puoi,
sei il ricordo del destino.
Intanto guardo
e ricordo quando
duplicato è il sogno
ma comunque
farei tutto tale e quale,
lo specchio,
è.
Ma dopotutto alla fine,
a finale,
mi dimentico
dell’introspezione
e la faccio
mentre tu ridi estasiata
estasi strana
godo.
Sei lontana oramai
e non sei più in me,
vorrei il vento
del tuo fiato,
dammi la vita,
voglio impresso
il timbro del tuo bacio,
le mie stesse mani scavalcano me
e sono già mio
perdendomi
mi dono a me stesso.
Incontro all’angolo
come sempre della storia,
è la mia stanza
che la sogna,
piange per altro.
Noi,
categorie indivisibili
Con i soliti schemi
lirici
rientro nel vivo
della questione
e di te
tremante
dagli occhi limpidi
puri
verso le nove stasera.
Poi non ci credevo
eri proprio tu,
non credo sia rilevante
ma la nostra
discesa
scoscesa è questa,
vuoi che ti dica altro
ancora?
Guardandoci stretti per mano
nessuno lo legge
bene sto verso
se non tu per ogni inizio,
agli stolti stesi iati arresi,
e per ogni fine si scopre
l’identità immaginaria
che è valore temporale
ad ogni battito di polso
connesso allo spazio
invece cifra
naturale,
risolvi questo
e poi
l’inverso è compagna
maestria sovrana
di me stessa.
Il totale
ha senso
indipendente
e imprescindibile.
E rideranno
come pazzi
a guardare
senza capire,
trecento anni
di fermento,
la risposta è sempre lì,
nel nocumento il tormento
gaudiosa l’ascensione
gaudente
della libertà.
Ciao,
tutto bene?
stanotte
ho un po’ da fare
nei sogni tuoi,
perché disegni
l’immensità
d’un verso
se è già evidente
in sé celata,
gira l’argomento
steso
nel tuo intento
perfetto
d’un tempo.
E torneremo se vorremo,
ma nessuno ci crederà mai.
Segreto
neanche tanto
ma la musica
accompagnerà il trionfo,
calici traboccano
e si gonfiano
nel prosit incrocio
dell’illusione
e l’illuso appena
nel suono si libera.
Comunque è meglio
che decidano
le luci della città.
Aspe’:
ultima estetica
Soltanto per completezza
andiamo al di là,
l’ultimo senso cela il verbo
l’intimo sussulto
della morte
del rumore.
Tremila
e sette
lo scorrimento
perfetto
kantiano disatteso.
E non ne parliamo nemmeno.
L’incubo
sogno della ragione
e sonno del pudore
dall’ottocento
all’ipocrita viltà,
secolo scorso
breve
in un secondo.
Ma la risposta
è che non ne verrà
né una vena
né una pena,
ma ridendo
capirai.
Se sembra nebbia,
leggi ogni cosa dall’inizio,
tutto
non solo questa
raccolta di fiori,
e ridendo
capirai.
L’estetica
passa dal bello
alla profondità.