Mercoledì 17 febbraio. Mercoledì delle Ceneri. Omaggio a Dante. Canto IX del Purgatorio, versi 70 e seguenti. Adattamento.

Canto-IX Purgatorio; Innanzi alla Porta del Purgatorio

Guagliò, guarda che io mi sto applicando talmente tanto che non te lo so dire, mi maraviglio pur’io.

Comunque, io e Virgilio ci incamminammo pe’ dinto a nu buco into a roccia. All’improvviso vidi una porta cu tre scalini sotto. Come di che colore? M’aggio scurdato, comunque uno diverso dall’altro.

Stammi a senti’ e fammi finì o cunto.

Comunque, hai presente quando ti svegli e vedi ‘na luce forte che ti rompe il caxxo agli occhi, che tieni socchiusi, e ci vuole tempo per abituarti? Bravo! Esatto! Proprio così.

Vidi il portiere. Eh un portiere lucente, un angelo. Eh tu ridi. Quello era enorme, volevo vede’ a te. Teneva pure na spada in mano.

Parlò sanza aprire la bocca: “Che volete! Siete venuti solo tutti e due a cerca’ guai?”

Figurati io se risposi, volevo svenì. Mi mantenni a Virgilio. Quello lo rispose. Nun o sentiette manco, disse sicuramente il Nome di Maria Santissima.

Ad ogni modo quello subito disse: “Venite, venite, salute pure gli scalini. Salutateme a Maronna”.

Mo’ mi ricordo i colori, mo’ me ne accorgetti, mentre salivo, più o meno.

Uno era bello, pulito, ti potevi specchià dentro. Era ‘nu marmo bianco. L’altro era verde ma nfracitato, tutto scassato e crepato. L’altro era fiammante, rosso, come a o sangue appena esce a into e vene saj.

Ce steve natu portiere a coppa a scalinata. Teneva i piedi fissi a terra. Mpustat. Era più imponente. Nun riuscevo manco a guardarlo n faccia. Teneva certe scarpe lucenti, comm o diamante.

Fatto sta che Virgilio, adda campa cient’anno, mi disse: “ Nel Nome della Trinità Santissima, vuttate pe’ terra e nun ti preoccupa’”.

E che me lo diceva a fa, io già stavo svenendo. Subito mi buttai ai piedi dell’angelo e mi sbattetti pure tre volte il petto facendo il mea culpa.

Quello niente dicette, mi segnò in fronte 7 P de sette peccati capitali, e solo allora parlò “tu si nato da a cenere e finirai vestito e cenere, chillo è o manto tuoi”.

Contemporaneamente si mise la mano in tasca e cacciò due chiavi, una d’oro e l’altra d’argento. Si avvicinò alla serratura e mise prima la bianca poi la dorata. Parlò già con un tono diverso, pareva fratemo portiere, era entrato in confidenza.

Mi spiegò che si nun se mette bone a chiave a porta nun s’arape. E che pure se a chiave d’oro è chiu preziosa è l’umiltà che arape tutt’e porte.

Cmq disse pure che quelle chiavi gliele aveva date San Pietro in persona, che gli aveva detto : “Arape solo a chi se votte ‘n terra “.

Quando s’aprì facette un rumore ca pareva quando Cesare cacciò chillu disgraziato da famiglia de Metelli. Fosse stato cuntento Nevio.

Appena però aprì. Uh Maronna! Sentii una musica troppo bella, mi pareva il Te Deum Laudamus, ma io nun capivo tutto cosa. Hai presente quando ascolti ‘na canzona nova e certe parole e capisci e certe no?

                            

Lascia un commento