Phoebe; Frederick Leighton
Cappa e arsura per il corso,
refrigerio del tuo braccio declinato,
così mi estraneo e ti guardo.
Via Toledo, metà agosto in trotto con te.
Profumi,
saponette e collanine.
D’altronde non c’è la sentinella.
Attracco fugace,
saldato il nasetto sbuffante tuo al mio,
che dolce il viso indaffarato.
E il tempo cavalca senza sosta.
L’alemanna regione
è un volto di disperazione
andantino,
l’introito del destino,
l’immobile fattorino.
Attimi persi
o riacquistati
infarciti d’assoluto,
l’elogio solenne mostranza,
l’alloro corona dalla tua mano.
Minuti atroci
ma così lieti,
lievi e indelebili,
l’astuto riguardo
delle tue labbra
pende dalle mie.
Candida vita cara,
pura sordina baccheggiante.
Sfiniti sulla panchina,
giriamo ormai da cinque ore,
loquace il mio sentire
denso il tuo riflesso
su specchio cristallino.
Ti dico tacente,
riaccenna il sorriso.
Appoggia i sogni,
di lato come fossero ghirlande,
affidamele
saranno impreziosite
col cobalto e colla sabbia,
saranno immortali
come urletti orchestrali.
Ancora più mite il vialetto,
posizionata la tua testa sul mio petto,
non dimenticarmi flebile
sarai filigrana selenica.
Il cielo sfuma nel rossiccio,
fenicio l’incanto
dell’occidente marino,
è davvero stupendo
ma l’attimo si arresta
e divaghi.
E così finisce
siamo già distanti,
la vela protesa sbanca
e noi sbarchiamo brecce parallele.