Carlo Lwanga e Compagni Martiri; dipinto di Albert Wider; 1962
Noi di lì veniamo,
argilla di Savana;
noi a quei fiumi,
a quei ghiacci scalfiti,
a quei lidi torneremo.
Lì nascesti
e lì capisti,
sotto un Kabaka folle
e perverso,
Mwanga II,
che ostacolò i Padri Bianchi,
ardenti missionari
dopo averli solennemente accorti
con favore,
che disprezzò fedeli di Allahà
in ugual guisa
e sovvertì i vostri stessi riti
Ngali e di tribù vicine,
fumando folle
veleni,
dissonando l’armonia
di flauti,
i ritmi delle danze
scardinando,
insediando i suoi paggi,
adolescenti,
con perverso insegnamento
e costume
infettando la fresca adolescenza.
Tu Maggiordomo di Corte
non ti schierasti col potere
e la lussuria,
né cedesti in superbia,
ma sempre fosti difensore
dei giovini del Kabaka,
battezzati in segreto
finirono martiri in oscure secrete
e infine decollati et arsi.
Il giovine Ktico a te amico
quattordicenne!
E tu li seguitasti
come Pietro in sul Vaticano
fosti immolato sul Nabugongo
e come eretico arso,
martire cattolico
con altri dodici
e in tutto trentuno servi di Cristo
non un urlo si audì dal colle
ma solo inni di gaudio et laude
al Signore.
Maggiordomo fosti
ma a servizio del vero Dominus
Gesù Cristo,
ut mentes et cordes ad caelestia desideria erigas,
tra gli agnoli alla Celeste Corte
e tra degli arcangeli le coorti.
Con la tua morte riscattasti
I tuoi antenati,
ravvivasti la memoria loro,
e l’oltraggio teso a Kimera.
Nel Sasa come tutti vivesti
ma nel Zumani brilli
e canti in Excelsis
innanzi al Sommo Danzante,
Dio Padre;
al Cristo, Verbo Incarnato,
Grande Dito
che ti rannoda e ci rannoda
al Suo Sacratissimo Core;
allo Spirito Santo,
che ravviva rimembranza
dei tuoi antenati
e che ritto ha reso
il tuo terreno agire.
Non più nel Sasa,
nella polvere Mwanga e l’anello,
e gli altri corrotti,
che tu comunque perdoni, perdonasti
combattendo con la palma
del martirio
e con la possenza dell’esempio
e la forza invincibile dell’Amore.
Nel Zumani,
innanzi alla Mistica Rosa,
Madre Nostra Santissima,
Madre Terra,
già innalzato,
primo africano
fosti beato proclamato
in epoca in cui si discorrea
di superiorità di razza,
Santo fosti fatto
dall’ecumenico Pontefice,
quando in Terra strappata
a nativi indiani
non si ci poteva ancor congiunger
ebano ed avorio
in vincolo matrimoniale,
perché l’amor ivi cedeva alla violenza
degli incappucciati,
che usano una axiotica insozzata ed ossimorica
non comprendendo l’axiotica
Ubuntu.
E negli stessi anni di rivolta
giovanile,
e manifestasti accanto a loro
i tuoi amati studenti,
i paggi,
custodi et artefici
del domani.
Uomo Libero!
Sei ancor vicino
a profughi
alla deriva naufraghi andando,
erranti su abissi asprosi,
a chi cerca una patria
nova
non rinnegando la propria
ma arricchendo l’italica cultura
con la loro,
fratelli e sorelle tutti
verso la Patria Celeste,
Ubuntu!
E vicino agli sfruttati nei campi
agricoltori privati di
terra e di cultura
e dignità
da Caporali insozzati e lordi di danaro.
Il fuoco t’arse
coi tuoi fratelli
che sono nostri,
ma ora quel fuoco non è più
strumento di violenza
che ogni cosa rende cenere,
ma fiamma viva di speranza
che illumina la tua Terra
et ogni gente, popolo, tribù e nazione,
Ubuntu!