T’innalzasti
Su legno forgiato
Et umile
Fosti issato
Da giudii e pagani
Tu che per Loro salvezza
Fosti Incarnato.
Il Dio lontano
Del Rovato Ardente,
che aleggiava sugli Abissi,
che parlava pe’ Profeti
fu uomo e non vindicativo
insegnò ciò che Noi,
duri di cervice
mai capimmo.
Come bastone serpentino
Di Mosè nel diserto,
annoverato malfattore,
sanò
con Corpo e Sangue Preziosissimo
i peccati Nostri,
non era un Dio lontano,
sui monti,
né quel bastone alto,
né mago incantatore,
né maestro alla moda,
ma quell’umile Dio, quell’umile Suo Figliuolo
e Figlio dell’Uomo.
In quell’istante
Abbandonato dal Padre
Cedente in debolezza
Gridava forte
Più perché da Noi Suoi figli
Abbandonato,
quando il Suo Spirito
tra le Sue stesse Paterne braccia
rimise
il tempo Baal,
Satana, il Dimonio,
Lucifero
Et gli altri spiriti immondi, infami e di discordia
Ety invidiosi,
spiriti del Nulla,
annichilirono
innanzi all’Assoluto
Massimo Fattore.
Quell’attimo salvifico
Fu l’attimo del Ieri, dell’Oggi
E dei giorni a venire.
Non la Vendetta
Né l’Ira, né Rancore, né Lusso e né Superbia
Ma la esponenziale Misericordia;
nel dolore della Passio
la Gloria ed il Gaudio
della Resurrectio.