Mnemosine soggioga Kronos

Dante Gabriel Rossetti, Il sogno di Dante alla morte di Beatrice, 1856 (2)

Dante Gabriel Rossetti; Dante sogna alla morte di Beatrice

Oh Trofonio

dagli arbusti zampillanti,

rinfresca di oblio

e rimembranza

le mie membra stanche.

 

Il corpo riposa,

la biancastra balestra

cromata ai bordi,

deposta ai piedi

del reclinato ed interiorizzato

ardire di Cassiopea

nel biasimo del formicolio

ricciuto farneticante.

 

Non senti? Non aspetti?

 

Rinchiudi il tempo

col suo cipiglio dilettevole,

 

con la sua brama di assorbire,

 

spugna dei nostri sensi,

spugna dei nostri intelletti,

spugna del nostro aspetto.

 

Saetta con me al tuo fianco,

 

o ricordo!

Nel punto più lontano

del flusso mnemonico

la libera associazione di gelso,

 

il riporto a domani di gesso,

il paradisiaco gesto.

Nel delirio da te,

 

madre possente dei racconti,

 

nacquero damigelle

che seducono orfei dal bel canto,

 

unico sentore d’infinito,

 

unica possibile percezione di scienza.

E fluttua dunque. Fluttua

servendosi di questo corporeo

ammasso di membrane

lievi l’elettricità del divino.

 

C’è ostilità e scissione

tra i due termini della questione.

 

Il ponte quadrimensionale è questo?

È qui il pensiero?

Vittima dei due opposti

seppur coincidenti?

 

La bellicosa e aggraziata Mnemosine

procede, esula dalla realtà carnale

succube a Crono,

è su punto di infliggergli

il colpo della mortale indifferenza.

 

Nulla scorre se la musica

immutabile dà forma all’implasmabile.

 

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