Sotto l’Egida della Speranza

Giovanna d’Arco; Dante Gabriel Rossetti; 1882

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L’essere è l’anima dell’individuo che, se illuminata dal Santo Spirito/spirito divino, si manifesta ed è, attraverso il proprio spirito per il tramite del corpo. Tale manifestazione è l’apparenza. Ciò rende l’individuo persona compiuta e in esistenza autentica con la comunità, amando l’altro e sé. Ove per propria scelta l’anima rifiuti l’illuminazione e segua altre vie proprie ovverosia il terzo ribelle del divino, pulsione autodistruttiva, è non essere che si manifesta attraverso il proprio spirito per il tramite del corpo dando luogo alla etalage. Questa è esistenza inautentica e odio/violenza verso sé e gli altri. L’essere umano degrada, in tal guisa, a mero individuo.

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Il diritto ci rende buoni cittadini, la letteratura e l’arte veri uomini.

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L’amore ricerca la bellezza e la bellezza è sempre esteriore, apparenza che si manifesta ed è nella grazia. Nel parlare, nello sguardo, nell’aspetto, nelle imperfezioni che rendono l’amata perfetta agli occhi dell’amato. Noi percepiamo sempre ciò che appare, l’innamorato si innamora di una splendida apparenza che è manifestazione dell’essenza dell’amata. Attraverso l’amore agghindiamo il reale e scorgiamo il vero . Gli occhi dell’amato si spalancano innanzi all’amata nella propria interezza. L’esteriore è solo manifestazione apparente di ciò che abbiamo dentro e può scorgerla solo chi ama.

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Il sesso è razionale, serve alla preservazione della specie. L’amore è irrazionale essendo dono incondizionato nei confronti dell’amata, contemplazione della sua bellezza. L’amore trascende i sensi ma è sensualissimo desio, trascende ma non esclude. L’amore è agape o Caritas, la molla che lo spinge è l’eros, inteso come pulsione della ricerca. Il sesso comprende solo una pulsione verso l’altra per preservare la specie o per il proprio egoistico trastullo. L’amore ammantata la sua irrazionalità di purissimo e autentico sentimento, di dolcezza, di pace, di armonia, di gioia reciproca. L’amore irrazionale trasforma il reale -che è razionale- in vero. Squarcia il velo e innanzi a noi si spalancano le porte della Verità.

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Stamane, al risveglio, ascoltavo in silenzio il cinguettio degli uccelli all’aurora. Mi chiedevo cosa avrebbe pensato e come avrebbe agito San Francesco d’Assisi, che abbracciava e baciava i lebbrosi, in questa triste epoca, quella pandemica, quella in cui una capsulina con un po’ di acido ribonucleico colpisce le nostre cellule respiratorie. Non è un essere vivente come i batteri, ma un virus – che tra l’altro vuol dire ‘veleno’. Ma è anch’esso una creatura di Dio, che sembra abbia deciso di dichiarare guerra all’umanità. Pensavo anche all’opera di Raffaello, a come il Santo Pontefice Leone abbia respinto il ‘flagello di Dio’, Attila, che invade a i Nostri italici confini. Pensavo ancora a San Giorgio che con la lancia perforava il cranio del viscido drago olezzoso. Ed all’arcangelo Raffaele, medicina di Dio, che guariva e guarisce soggiogando Asnodeo, veleno di Dio, e gli infetti spiriti dell’aere. A Spoleto il Lupo si chinò innanzi a San Francesco, perso in un bosco San Geraldo incontrò il demonio che lo tentò ma egli, saldo, gli ordinò, in nome della Santissima Trinità, di condurlo al proprio convento. Ed il diavolo, sottomesso, obbedì. L’atteggiamento ed il modus operandi di San Geraldo guidi l’agire di tutti noi, non distruggiamo le creature di Dio ma dominiamole, cone i Nostri ricercatori stanno facendo ottimamente prodighi alla ricerca di una cura. Non temiamo il demonio ma disprezziamolo. Invochiamo l’intero Universo e restiamo #unitiinunabbracciouniversale, non da  panteisti, panpsichisti, etc. Ma, come faceva San Francesco, sorgendo in astri, minerali, pietre, clorofilla, animali, uomini e donne l’immagine del Dio Unico e Trino, il Figlio nel corpo e nella forma e nel tempio materiale , il Padre nell’anima e nella sostanza e nell’essere e nell’amore, lo bellezza nello spirito degli essenti tutti, anche inerti, non degradati ad heideggeriani utensili. Una bellezza che promana dalla luce dello Spirito Santo, a cui chiediamo l’illuminazione. Restiamo custodi e non padroni del Creato, come afferma il nostro amato Santo Padre Francesco felicemente regnante. Buon giorno a tutti con il Cantico delle Creature!

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Discreto riflesso selenico su acque biancastre ammiro la miniera del vento e ne percepisco lontano il lezioso sussurro. Ammantato di lapislazzuli, non cerco diamanti in quel manto illuminato da immensi fuochi, ma siderei rubini, e smeraldi, e ametiste incantate. Sole raggiante, risplenderai tra le rive, mia tenue speranza! Luna pallida, tornerai col tuo velo, nostalgica assenza, memoria futura.

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Un giorno, nei primi Secoli dopo la venuta di Cristo, un pagano volle offendere un cristiano scarabocchiando nella catacomba ove costui si rifugiava, viveva e pregava, una croce con appeso un asino, dicendo: “Ecco ignorante chi veneri! uomo senza ingegno, un asino appeso alla croce!”. Il cristiano non si scompose e con tono pacato rispose: ” Tu non hai rispetto di chi muore innocente sulla croce? tu chi veneri invece? I nostri martiri muoiono tra le fiamme cantando felici inni di lode all’Altissimo o in preda alle belve del Circolo Massimo. I vostri Imperatori che chiamate dei, invece, bramano gloria e potere e per essa tra di loro si ammazzano e qualcuno mentre tra le fiamme la nostra Urbe brucia canta invece inni a Troia, e non muore neanche con onore e dignità. Il nostro Dio non ebbe timore di farsi come noi, umilmente, senza chiedere nulla, per la nostra salvezza, fu condannato dal popolo cieco e dall’ignavia di un tuo governatore. Tu dici che il mio Dio è un asino, ci chiami ignoranti, dal poco ingegno, ci dici crétein, ma la nostra etimologia è ben altra e più luminosa, significa unto, se sai di greco, significa plasmato dalla terra, se sai di sanscrito. Ma che ne sai tu di Mida e della sapienza che il tuo Apollo ad egli donò con orecchie per meglio intendere, discernere e percepire. Tu sai della vostra pax che significa soggiogare ed uccidere, del tuo Imperatore a Capri sub quiens mentre una stella illuminava il sentiero ai persiani e si incarnava il Logos inondando quella pax d’Amore vero? Tu sai dell’umiltà e della dolcezza dell’asino, tu sai che Giacobbe lodò il suo figlio Issar per la temperanza nomandolo asino? Tu sai che assieme al forte bue solo l’umile e saggio asino ebbe l’onore di scaldare il mio Dio bambino che non era certo alloggiato in sontuosi palazzi imperiali tra affreschi e porpora ed oro? Ma dimmi tu a quale dei tuoi imperatori i sapienti e i re dell’Oriente a voi sconosciuto portarono oro incenso e mirra e lodarono genuflessi senza esser convocati e senza carteggi o trattati? E che sai tu del mio Dio acclamato da tanti, ed anche dai tuoi soldati, in sella ad un asino e non ad un sauro o a un bicefalo alessandrino o ad un iberico destriero come quello dei vostri duces? E che sai tu che sul pelo di quell’animale restò una croce stampata? E che sai che non con allori fu acclamato, né con spade ma con le palme della pace? E che sai tu di un uomo che morì addolorato e abbandonato e rinnegato e sino all’ultimo pregò non per sé ma per chi lo beffeggiava, per chi lo trafiggeva? E persino il tuo centurione si tolse l’elmo e disse ‘oggi è morto un giusto’. E chi dei tuoi dei vinse la morte? Chi tu vedesti ascendere al cielo? Chi dei tuoi dei è migliore? Quale parola dei tuoi dei come quella del nostro Dio ci spinge ad amare e perdonare? Quale esempio i tuoi dei invidiosi nell’Olimpo lontani a te danno? Solo discordi vuoti, scaltri e senza cuore. Abbracciami dunque fratello se ti si apre il cuore e sgorga una lacrima al mio modesto parlare. Ti dono la mia pace, che sia con te e con lo spirito tuo. Il mio Dio non è solo mio ma anche tuo.”

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Raffaello. Con te l’astratto si incarna, restando la velatura dell’etereo che prende forma e consistenza. Ma non è una corporalità, tu, in tre quarti discreti ed intensi nella Scuola di Atene, tu sei grazia e bellezza. Tu Amore che che cerca Bellezza e la porta a compimento nella Grazia. In quel naso perfetto, nel taglio degli occhi. Non è una corporalità, ma tu dai un Animus, un Animo al dipinto, regista favoloso ed architetto ove si spalancano nuovi mondi ed arti nove. Tu porti a compimento la ricerca di Bellezza e l’Amato si identifica con l’Amata prendendone le sembianze. E la nostra Anima femminile si risveglia e prorompe silente. Barlume concreto, esatto, metafisica vivente e in movimento. Tu che assaggi sapientemente le arti dei maestri, sei allievo perfetto e sai gustare il dolce e l’aspro, l’amaro e il sale di ognuno ed ad ognuno doni nei tratteggi, miscelando quei sapori in unica sostanza inscindibile che se si ammira è compatta nel’insieme e conserva tuttavia nei particolari la traccia dei tuoi contemporanei, dei tuoi antenati, e di chi sarà artista. Da allievo in ciò divieni maestro, vero maestro dell’arte. A te tutti devono qualcosa, gli artisti. I poeti perché dai parola, ed è musica melodiosa, armonica e dissonante. Nei tuoi colori colori scorgo anche i suoni. Tu che guardi di sbieco. Labbra incantate, occhi profondi. Risvegli il lato femminile che è in noi. Ami, Ami tanto le donne da divenir come loro, e desiderando loro, astratte, incantevoli, magiche, eteree, corporali, magnetiche, vivide, intense, leziose, padroni, ancelle, sante, tentatrici, maestre, in posa splendente, muori di febbri il 6 aprile di Cinquecento anni fa. Ma non è delirio la tua morte, è passione che si dà. Vera venerazione di ciò che si è amato tanto da divenirlo. Una donna carnale e aggraziata, dai cappelli d’oro e un rubino colmo come il cuore che dona, da cui pendono i suoi occhi tra smeraldo e turchino, guardando altrove, vestita come l’amore e la speranza, dal vivido incarnato, tra le braccia l’etereo sfuggente, ed alle spalle il reale ed i monti che son punti d’accesso al celestiale incanto della volta con un varco su essi sorretto da due colonne che spalancano la scena. Il Reale ed il Vero. E più non scrivo ciò che dice il sospiro.

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Albeggia la leziosa melodia del vento, maestra d’orchestra domina e dirige la luna, maravigliosamente splendente, un firmamento vuoto. Nascoste le stelle danzano, perle dell’altrove dei tuoi occhi, una sensibilissima sinfonia che intuisco e non scorgo. Un preludio profumato d’assoluto.

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Questo Venerdì Santo coincide con il 168° anniversario dalla fondazione della Polizia di Stato, il cui protettore è l’Arcangelo San Michele dal 1949 per volere di sua Santità Pio XII. In questo momento di forte afflizione per l’umanità, nonché giorno in cui si ricorda la Passione di Gesù Cristo Nostro Signore, ringrazio tutti i poliziotti e le forze dell’ordine per il lavoro profuso e l’impegno e dedizione e senso del dovere, sempre a tutela di tutti i cittadini e del Bene della Nostra Comunità, dell’Italia, e dell’ordine pubblico, spesso spendendosi eroicamente sino alla morte.

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Oggi Dio non c’è. Et in Arcadia Ego, e la morte esiste anche in Arcadia. Tra fasti magnificenti e splendori essa si insidia. Il giorno è di festa, è Sabato. Quel Sabato che era giorno di riposo e di festa è stato l’unico giorno nella storia in cui Dio non è stato accanto ai viventi suoi figli. Ma sceso agli inferi ha redento anche i defunti nella sua Somma Misericordia! Quel giorno era l’uomo che gridava “Eloi Eoli, lamma sabactàni”! Ed è stato per noi, anche quello, un atto di Amore di Dio stesso. Che ci ama come creature a sua immagine e simiglianza e, come tali, libere. Libere di scegliere.

In quella assenza l’uomo sperso ha saputo mantenere la speranza e la fede e l’amore? Ha saputo riflettere di quella assenza? Il Sabato Santo è uno dei più grandi Misteri, l’attesa. La paura. La consapevolezza che da solo l’uomo è nulla, senza Dio. Il giorno che dobbiamo sempre avere a mente. Quando sfiduciati diciamo “Dio non c’è”. Il silenzio, l’attesa, la speranza. Il giorno più misterioso anche perché pur non essendovi Dio vi era la Sua Santissima Madre, unica ad aver fede nella Resurrezione ed a consolare i discepoli sfiduciati ed ahimè increduli. Ed anche per questo, la Donna del “Fiat” fu anche l’unica creatura degna di essere Assunta in Cielo in anima e corpo prima della parusia e che per questo è da sempre nostra Difensrice contro gli assalti del maligno.

Il giorno tra i più Misteriosi della nostra fede!

Il Silenzio di Dio!

Siamo in piena pandemia, i morti abbandonati vivono soli e spersi questo momento, crocifissi e abbandonati sono lo specchio della sofferenza di Cristo e di chi li ama e non può toccarli, abbracciarli, parenti, amati e amici spersi e sfiduciati come i discepoli.

Ma ci sarà un domani, ricostruiremo, il flagello cesserà, la sua Madre ora ci è vicino, tra un po’ lo sarà Dio stesso Resuscitato ci Resusciterà.

Noi saremo il futuro, e soprattutto lo saranno gli adolescenti, ravvivati dalla cultura che sapranno riprendere le redini in mano, con l’aiuto di Dio, per una nuova comunità, una nuova economia, una nuova politica italiana, europea, mondiale, di fratelli e sorelle. Come l’aurora che scaccia la notte scacceranno le loro aspirazioni queste tenebre!

Si è scritto e si è dipinto tutto, tutto è stato già scolpito, ogni nota già suonata, ogni melodia, armonia, sinfonia, tutte le partiture già composte. La moda ha tracciato già ogni stilema. Ogni planimetria è stata marcata e rimarcata. L’oggi, il domani, sarà ed è il vivido ricordo della nostra memoria. I geni di oggi e di domani? Coloro che la preserveranno. E preservando ogni cosa nuovissimamente plasmeranno, poeti artefici, plasmatori di grazia, quando il cuore parla e parlerà. Nuovissimamente essendo ciò che è e ci aspetta. Geni saranno i modellatori dei ricordi che misceleranno combinazioni intelligenti e sapienti di bellezza guidati dal desio che hanno amandola e contemplandola. Tutto sarà nuovo se riscopriremo noi stessi e vedremo in noi il sorriso di Dio, l’impronta dello spirito che risveglia l’animo ricolmando l’anima, e inonderemo la natura di tale luce che è in noi pur essendoci trascendente. Percepiremo ogni sapore, profumo, mirabile apparizione, sussurro del vento. I geni di oggi e di domani saremo noi tutti. Discretamente, con gentilezza saremo, saranno. E scusate adolescenti la nostra generazione, la passata generazione.

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Noli me tangere. Non mi toccare. Il Cristo Risorto per primo si presenta a Maria di Magdala, la meretrice redenta, atto d’amore di Dio che si manifesta per primo ad una ex peccatrice e donna. Segno di misericordia da un lato e di rispetto dall’altro. La donna, le donne assieme al l’Evangelista, il discepolo che egli amava, sono state sempre vicine a lui sulla croce, durante il calvario e la salita al Golgota, piangendo, asciugando le Sue lacrime come la Veronica. Le donne sono sempre state tra le preferite da Dio, all’epoca erano alla stregua di beni, oggetti di amore, Egli le ha rese soggetti attivi. Parte della comunità, la più importante, Marta e Maria, vita attiva e vita contemplativa. Maddalena discepola come gli altri. Ma. Non mi toccare. Non sono ancora salito al cielo. Noi siamo ancora qui con Egli al nostro fianco ma non lo tocchiamo, lo guardiamo come da uno specchio, non potendo capire sino in fondo i misteri. E se ci proviamo Egli ci dice, come a Tommaso, guarda, non sono un fantasma, metti le mani nel mio costato, sono risorto in corpo e spirito. Ed egli è noi non osiamo, non osò farlo. L’incredulo Tommaso e le parole che Dio gli rivolge sono anche il mistero della semplicità di Dio. Se non lo troviamo è lì negli ultimi che ci chiedono aiuto. È a fianco alla nostra disperazione in un sorriso d’amore, in un istante in cui afflitti percepiamo l’infinito inenarrabile di uno sguardo. Dio oggi c’è e ci sarà sino alla fine dei tempi. Con noi. Ad asciugare ogni lacrima. Oggi annunciamo come fece la Maddalena ai discepoli. E corse Giovanni velocissimo perché il cuore arriva prima della mente, e corse Pietro ma ebbe il coraggio di entrare ed è la mano di tanti operai di Dio, al servizio del prossimo, dai sacerdoti ai medici alle forze dell’ordine ai lavoratori manovali tutti che si prodigano in questi tempi difficili. Ed in tali tempi è facile cadere vittima di illusioni e seguitare falsi profeti. Il vero Maestro è Messia è già venuto e tornerà sulle nubi assiso alla Destra del Padre suo alla fine del tempo, dei tempi. Nessun umano è il Messia se non Dio. Il Dio che ci manda sempre uomini della Provvidenza a che l’umanità non si perda, vittima della sua stessa ridicolezza, ridicolità. Del suo voler sfidare Dio, giocare con la Natura e farsi dio. Esagerando. Oggi il mio pensiero va a San Bernardo, che tra le selve infestate da lupi, tra paludi e campi incolti ed abbandonati, tra una cultura che andava smarrendosi ed una fede che si intiepidiva, con l’aiuto dello Spirito Santo e di San Michele epifania del Cristo ridonó l’orante ed operante coscienza Cristiana al mondo. Ora et labora. Studiando nei monasteri, i seguaci del protettore d’Europa preservarono la nostra cultura Greco Romana Ebraico Cristiana. Che usciti da tale pandemia Dio ci conceda tali uomini della Provvidenza che nella semplicità non sono solo speranza ma reale, concreta, pragmatica ricostruzione. Occorrerà, dopo questo flagello, ripensare i modelli politici, economici preservando la memoria del passato. Gli adolescenti di oggi sapranno farlo. Confido in loro, nei giovanili ardori, a che divengano eroici furori e, sconfitti e vincenti, ricostruiscono. Vi amo tutti e vi abbraccio.

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Il centro dei misteri orfici. La musica, la passione travolgente, l’impazienza. Collegabile a chi perde la testa, e magari le ninfe la trovano. E chi brama una testa per invidia e celato desio, quaestio ribaltata con Salomè e d il Battista, e ripresa con Nietzsche e l’altra Salomè, Lou. Collegato al vento travolgente di Paolo e Francesca, sbattuti a destra e a manca.

La passione non deve vincere sulla grazia e la bellezza, vedi novella di Boccaccio sulla donna maltrattata dallo sposo al fine di saggiarne la fedeltà, tanto da porre in essere una fictio in cui i figli, che studiavano a sue spese, e l’amata fossero state ripudiate.

La passione è possesso e si possiedono solo cose morte. Come una rosa staccata appassisce.

Il vero Amore è anche libertà, apprezza tutto della amata, anche e soprattutto i difetti scoprendoli pregi.

I miti orefici si contrappongono a quelli dionisiaci che sono più corporali mentre questi più attinenti all’anima, come gli eleusini al risveglio ed alo spirito. Tutti e tre emblema di rinascita.

E poi riferimenti biblici alle arpe ed i vermi. La sedimentazione, la musica serva non di Dio ma della passione, ma che tuttavia essa trascende riconciliandosi a Dio. Perché lo scopo della malvagità è abbruttire cose belle, trasformando il bene che è buono in brutto che è male, assenza, nulla, nostalgia di Dio. Ma alla fine il cuore palpita sempre e la bellezza vince.

E l’amore contemplate è dono.

La musica loda la luce, quando siamo ad essa innanzi non dobbiamo marmorizzarci sul passato.

Ecco il mistero che è tangibile e concreto.

Se cerchiamo di modificare ciò che fu cadiamo nelle tenebre della disperazione e perdiamo la bellezza desiderata per sempre, e la nostra testa rotola nell’acquitrino. Ma anche lì la compassione resta, e la bellezza ritorna e ravviva il canto smorto dalla passione, lo sanno le ninfe. Se ci volgiamo indietro e vogliamo modificare il passato cadiamo vittima della perdita, di Baal cioè Kronos. Proprio quando la luce è vicina. Se non ci fossilizziamo possiamo preservare la memoria di ciò che fu senza bramarne il ritorno e usciti fuori dalle tenebre la bellezza che fu tornerà più risplendente.

Simbolicamente e storicamente valido anche in tali tempi di Covid 19. La memoria ed il ricordo per costruire il futuro novissimo, non applicando schemi del passato al presente ma ravvivandoli di luce, non ascoltando l’eco di sirene ormai sopite, né voltandoci, sanando così l’umanità, come dice Carmen “l’Orfeo Malato da voci che inducono in tentazione”. La nostra Italia, la Nostra Europa, il Nostro mondo. Non lasciamoci incantare ma ravviviamoci di speranza e amore, uniti in un abbraccio universale. .

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Lo Zero è il varco sull’immensità, il centro dell’infinito. Il nulla è quella parte minore che rifiuta l’immenso rompendo l’armonia del nostro essere, che stona l’eleganza degli innumerabili intervalli di attimi nostri d’infinità.

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L’epoca che ci troviamo a vivere era già caratterizzata dal pericolo per l’emersione di nuovi populismo. Ora è sotto il giogo di questa terribile pandemia da Covid 19. Una malattia che tende, ahimè, a colpire soprattutto gli anziani, il nostro massimo patrimonio, coloro che vissero la guerra ed altre calamità, i nostri fari nella tempesta, le cui parole dobbiamo e dovremo continuare ad ascoltare, i loro racconti continuare a far nostri. Tanti decessi soprattutto nelle RSA, in alcune delle quali giacevano detenuti come gregge, mandrie, senza rispetto. Facilmente in balia del contagio, della morte. Come non pensare a Paolo di Tarso letto da  Heidegger ed al sempre attuale insegnamento. Gli anziani, i nostri vegliardi della terra, figli della luce e del giorno, pastori che divengono invisibili fuori del deserto, nella notte del mondo in cui l’uomo rischia di smarrire la propria esistenza. In cui sta vivendo questa Bedrangnis, questa apprensione nella moderna notte del mondo, Endzeit, manca il prezioso loro insegnamento e la loro preziosa illuminazione, Vecklart, il compimento della debolezza dello sguardo estatico in grado di sostenere tutte le catastrofi della storia e la storia stessa come fallimento. Trovandoci a vivere in questo medioevo digitale pandemico e postatomico come res, in una objektgeschichtlich, in una determinazione storica oggettiva e quanto manca la nostra compiutezza, che sono i nostri saggi anziani, che rendono possibile di calarci attivamente nel nostro adesso, in una vallzungsgeschichflich, in una determinazione storica soggettiva, di cui siamo realmente consapevoli e partecipi. Consapevoli e partecipi della attuazione della vita (Vollzung des Lebens), maturi, maturati e soggetti a maturazione, a Zeitigumg. Abitatori della terra della sera, Abendland, tenebra rischiarita non dalla gelida luce del Aufklarung, del tempo che domina e veglia beffardo e senza cuore, ma cercatori di un altro passaggio, Ubergang, che ci conduca ad un futuro d’amore e pace, che trasformi il tramonto in inizio e, noi tramontati, Untergehende, in tali tenebrose paure, in addivenienti, Zu Kunftige. Viva gli anziani e che si spalanchino le porte di tempi migliori e colmi di grazia ed amore per l’intera umanità e per il creato tutto. Restiamo uniti in un abbraccio universale!

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Non entrando nel merito circa la veridicità della Epistula Lentuli, lettera all’imperatore Tiberio di Publio Lentulo, governatore e procuratore della Giudea prima di Ponzio Pilato, nella quale sono descritte le fattezze di Cristo Gesù in maniera minuziosa. Non entro, dunque, nel merito della diatriba tra chi la ritenga un falso o meno. Tuttavia premetto semplicemente che a mio avviso è autentica e non un falso postumo, anche in virtù  della simiglianza della descrizione con le icone venerate nei primi secoli dai Cristiani, nonché del fatto che ritengo altamente plausibile quanto raccontato da Tertulliano circa la proposta di Tiberio al Senato dopo la morte di Gesù, di ammettere anche il culto e la venerazione di Gesù Cristo come Dio a Roma, come era usanza dei Romani per le religioni dei popoli sottomessi, richiesta però respinta. E che giustificherebbe le successive persecuzioni. Senz’altro Tiberio ed il Senato conoscevano Gesù, da subito. All’occhio dei Romani nulla sfuggiva. Anzi gli occhi dei Romani a quell’epoca erano quasi esclusivamente sulla Giudea, da cui l’imperatore richiedeva rapporti dettagliati e frequenti perché le rivolte erano all’ordine del giorno, mentre nelle altre parti dell’impero vi era la pace o quanto meno una sostanziale tranquillità – Sub Tiberio Quiens-. In base a mie ricerche in corso e che pubblicherò sono convinto tra l’altro che Nerone stesso volesse ammettere il culto cristiano ed anzi, a differenza di Tiberio, farne unico culto. Nerone conosceva bene e di persona molti cristiani, essendo assiduo frequentatore del popolo e ben disposto e preparato allo stoicismo, avendo tra i maestri Seneca. Ma non è di tutto questo che ora voglio discutere. Solo ricordare la nostra terra, e come, in quella che è la prima descrizione di Gesù, che ha impegnato ed impegna ad oggi fisici, biologici, antropologi, chimici di tutto il mondo, persino la nostra polizia scientifica e il CSI americano, perfino analizzando al carbonio lembi della Sacra Sindone etc. Bene in quella prima descrizione di Gesù inviata dal procuratore a Capri, presso la dimora di Tiberio, per descrivere i capelli di Gesù non si è potuto non fare riferimento ai frutti della nostra terra. ‘Capillos habens coloris nucis auellane praematura et planos usque ad aures’. Ha capelli color delle noci di Avella premature e  liscie sino ad esser simili ad oro. Riporto sotto il testo latino della lettera, ricuperato sul web. Per chi volesse leggerla.

Epistula Lentuli

‘Pub. Lentulus in Judea preses (tempore Cesaris) senatui populoque Romano hanc epistolam misit.

Apparuit temporibus istis nostris, et adhuc est, homo magnae uirtutis, cui nomen Jhesus Christus, qui a gente dicitur propheta ueritatis; et a suis discipulis filius Dei. Suscitans mortuos et sanans omnes langores. Homo quidem statura procerus et spectabilis. Uultum habens uenerabilem quam intuentes facile possunt diligere et formidare. Capillos habens coloris nucis auellane praematura et planos usque ad aures; ab auribus uero crispos aliquantulum coeruliores et fulgentiores; ab humeris uentilantes. Discrimen habens in medio capite iuxta morem Nazareorum. Frontem planam serenissimam cum facie sine ruga aliqua quam rubor moderatus uenustat. Nasi et oris nulla prorsus reprehensio. Barbam habens copiosam et capillis concolorem, non langam, sed in medio bifurcatam. Aspectum simplicem et maturum, oculis glaucis uariis et claris. In increpatione terribilis, in admonitione blandus et amabilis. Hilaris quidem seruata grauitate. Numquam uisus ridere, flere autem sepe. In statura corporis propagatus et rectus. Manus habens et brachia uisu desertabilia. In colloquio grauis, rarus et modestus. Forma certe speciosus prae filiis hominum. Vale.’

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‘Le vigilie mi fanno ancor tremar le gambe’. Domani è la festa della liberazione. L’Italia è libera! La guerra è finita! Titoleranno i giornali. 25 aprile 1945. Ma nella boscaglia i partigiani correvano, le donne soldate improvvisate non esitavano a mostrar la grazia del fuoco, altre la materna ospitalità. A chi? a combattenti per la liberazione, a italiani comuni, fascisti mai fascisti ma solo gente semplice. Ma la politica è altra cosa. Il popolo ha fame, il mercato nero, le decimazioni poste in essere dai nazisti. Salò. La vigliacca fuga del Duce travestito da soldato tedesco e l’ancora più vigliacco vilipendio del corpo suo e della sua amata. Noi siamo italiani, con la chitarra in mano, quelli della messa la domenica, i baustelliani provinciali, estetica anestetica, siamo gente semplice. Non sappiamo fare rivoluzioni, ma sappiamo amare. Siamo quelli di ‘ti faccio vedere io come muore un italiano’ prigionieri dei terroristi islamici. Siamo i contadini del fronte. Siamo italiani. Siamo le scelte decise. Siamo il non possiamo, non vogliamo e non dobbiamo. Siamo quelli che ridono e vanno al mare. Siamo quelli della bellezza del sorriso, dell’arte, Rinascimento, Raffaello, Leonardo, Botticelli, siamo sanfedisti e siamo briganti. Siamo garibaldini. Siamo gente semplice. Siamo gli scugnizzi delle quattro giornate. Siamo Piero Manzoni beffardo, siamo le smorfie e le pernacchie sannite contro i Greci e contro i Romani, siamo i Greci e siamo i Romani, siamo quelli che nascondono gli ebrei. Siamo quelli che salvano gli ebrei nei sottoscala. So’ cristiani pure loro, manco le bestie. Siamo il barista che insulta i musulmani e quando uno straniero li tocca si incazza e quasi viene alle mani. Jamm, so’ cristiani pure loro. Siamo Dante e fini dicitori, siamo Petrarca e Botticelli e D’Annunzio. Siamo saggi, intelligenti, astuti e sapienti, ma carnali e dal cuore buono. Siamo Renzo di Alessandro Manzoni. Renzo manzoniano. Siamo gente comune che si inalbera e vuole il pane. Che critica i potenti e dai potenti è preso in giro e dai corrotti è arrestato. Ma mica è fesso. E soprattutto, che dicevo. Le vigilie, facciamo i seri noi pulcinella ed arlecchino, perché lo sappiamo fare quando abbiamo paura. Perché abbiamo conquistato il mondo e continuiamo a farlo in silenzio, e gli invidiosi ci deturpano la terra e ci rubano le idee. Ma mica siamo fessi. Capitolo XVII Promessi Sposi, Renzo dopo l’irruzione all’osteria dei birri e del notaio criminale fugge da Milano. Non aveva fatto nulla, solo appoggiato Ferrer, che lo ha condannato. Solo si è lasciato prendere dalla foga, dal desio di giustizia, mancava il pane. Fugge e a sera cena in un’altra osteria. È circa quest’ora. Vorrebbe rimanere a dormire e riposare. Ma un mercante giunge e narra di un capipopolo ricercato in città. E questa volta mica è fesso. Fugge nella notte tra le campagne lombarde. Il famoso ‘cammina canmina’. Come i partigiani nascosti nelle medesime terre pronti ad attaccare. Nella speranza di varcare l’Adda. Ah l’Adda, il confine. Renzo tra le campagne incolte è il migrante in mezzo ai flutti su un barcone che  ansima un approdo, Lampedusa. Tutto cambia e resta com’è. Renzo è solo adesso, è Dante nella selva oscura. Terra incolta, nessun segno di coltura umana che prima sembrava quasi fargli mezza compagnia. In mezzo a felci e scope, la campagna coltivata moriva in tale sudaglia. Solo e tremante. A recitare orazioni dei morti, spaurito come un bambino. Come un partigiano valoroso e ferito in punto di morte nelle medesime campagne. Perché siamo partigiani, ma pure gente comune, italiani. Ad un tratto l’intuito, se non indizio un certo qual argomento di fiume lontano. Sta in orecchi, ne è certo, esclama. È l’Adda! Fu il ritrovamento di un amico, di un compagno, di un consigliero. Sì noi italiani siamo anche questo, siamo gli eterni San Francesco. Parliamo da sempre con la natura, come fosse nostra amica, ma al tempo stesso la rispettiamo. Se fosse stato qualcosa di meno dell’Adda ne avrebbe cercato il guado, per tentare di traversarlo. Ma sapeva bene che l’Adda non è fiume da trattarsi così, in confidenza. Il rispetto. Anche se è quasi fatta, se è lì la salvezza, è prudente e rispettoso. E saggio. Attende la mattina ed un barcaiolo. Noi siamo italiani, siamo la sintesi dell’umanità, siamo tutto, siamo la guida dei popoli, la terra di Saturno nell’età dell’oro. Siamo il genio della ricerca. Siamo vituperati ed offesi, ma non ci arrendiamo. In quest’epoca tenebrosa di pandemia siamo ancora nella terra incolta, in una sudaglia di felci e scope. Ma sentiamo se non indizio almeno un certo qual argomento di fiume lontano. L’Adda è vicino. La pandemia finirà, debelleremo questo morbo. D’altronde siamo italiani e domani è la liberazione. E comunque  Hasta la Victoria. Le battaglie non si perdono, si vincono sempre. Una guerra è finita, ma la lotta continua. Siamo italiani, supereremo anche questo. Siamo cattolici e comunisti, siamo coloro che guidano il mondo con la grazia, l’amore e la bellezza. Non molliamo! Viva l’Italia!

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Mi domandavo per quale motivo il Verbo Incarnato, pur sapendo leggere e scrivere non abbia mai lasciato alcunché di scritto ma la Buona Novella che Egli è sia stata affidata agli Evangelisti. Gesù legge e predica spesso in diverse parti del Vangelo ma solo una volta scrive, innanzi a Maria di Magdala, l’adultera purificata da sette spiriti impuri. E scrive due volte, ma non si sa cosa. Probabilmente la prima volta scrive non commettere adulterio, il sesto comandamento, non commettere atti impuri, e scrive sulla sabbia. Potrebbe significare che le parole se le porta il vento, come si dice a Napoli, ed è plausibile perché la legge di Mosè, dice altrove, è stata data per la durezza dei nostri cuori, e che il comandamento fondamentale è quello dell’amore, come Egli ci ama, amore verso Dio ed il prossimo ed il prossimo in Dio. E inoltre il perdono della adultera mi fa pensare a ciò che dice altrove, a chi ha molto amato tanto sarà perdonato. E la freddezza del meretricio che è passione, amore distorto, quindi umano, riferimento al numero sei del comandamento, rispetto al vero amore, puro. Ma Gesù qui smaschera i farisei e le loro acrobazie legali correndo sul settimo comandamento, non rubare. È quello il vero peccato, meglio, il peccato compiuto da chi voleva lapidaria. Maraviglioso rispetto per la donna, lei adultera? Ma se la considerate alla stregua di un oggetto non è forse più grave il vostro peccato che l’avete rubata dal marito. Allora chi è senza peccato scagli la prima pietra. E se ne vanno, partendo dai più anziani, che saggiamente capiscono per prima l’antifona. Ma Gesù scrive una seconda volta e cosa? Questo è il mistero, scrive ed è solo con la Maddalena che lo guarda impaurito e curiosa. Le donne non sapevano scrivere. Va e non peccare. Loro non ti condannano io non ti condanno. Questo scrive, il nuovo comandamento compimento e chiave interpretativa di tutti gli altri. L’Amore. Dunque Gesù scrive solo una volta, cioè due volte nella medesima scena, Giovanni non ci dice cosa, davanti ad una donna, per di più peccatrice e prostituta. E analfabeta quasi sicuramente. Perché? Credo per diverse ragioni. La più importante è la libertà. Gesù libera la donna non solo dal peccato di adulterio ma dalla ignoranza delle scritture. Come fa con i discepoli, molti dei quali analfabeti o semianalfabeti ma che ricolmi di Spirito scrivono. Soprattutto Giovanni, il discepolo amato, cose strabilianti, come il Vangelo e la Rivelazione. I testi più colti e poetici e ricchi di riferimenti alle antiche scritture, filosofici, teologici. Lo stesso Giovanni analfabeta ed impulsivo, figlio del tuono, impara il Greco. Maraviglia, discepolo per eccellenza, fedele fino ad essere con le donne e con la Donna sotto la croce. Discepolo amato. Perché non scrive Lui, il Cristo? Perché ci libera, perché è il vero Maestro, Educatore, Docente. Insegna anche a scrivere. Ma non come gli scribi, in maniera fredda e pedante, ma col cuore. E soprattutto lasciando a ciascuno  scrivere la Verità Unica che è Dio nel modo a loro più confacente. Sfruttando i loro talenti. Se avesse lasciato qualcosa di scritto, se avesse fatto come credono gli islamici, dettando il Corano a Maometto per il tramite dell’arcangelo  Gabriele, se avesse fatto il dettato, avrebbe limitato la nostra libertà, il nostro arbitrio, avrebbe agito come un sussidio non facendo fruttare i nostri talenti. Gli Evangelisti sono artisti dello Spirito Santo. Le scritture non sono fredde res nelle mani di eruditi ma colme d’amore nelle mani di testimoni semplici, non sono scrittori solo, ossia etimologicamente scricchiolatori, onomatopeici, freddi, ma scricchiolatori dell’assoluto, della natura che è immagine di Dio uno e Trino, come il criccare dei sassolini sotto l’impeto del fiume impetuoso e fiamma ardente che è lo Spirito Santo. Uno scricchiolare che discerne, rightizza, conduce l’impeto umano non in balia di sé e delle passioni illusorie ma del vero sussurro fluviale, spirituale verso il giusto, il corretto sentiero, il mulino fucina dell’Eterno. E soprattutto sono poeti, artefici, plasmatori. Proprio perché ad immagine e simiglianza di Dio. È un dono potente la scrittura, la poesia, siamo come Dio, plasmatori, seguiamo la Sua Volontà ponendo in essere cose maravigliose colmi, illuminati e ravvivati dal Santo Spirito che è Dio.

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Un mio umile e picciolo omaggio alla vittima del dovere, martire laico e missionario d’azione

All’assistente della Polizia di Stato Pasquale Apicella

Eccoti in divisa

e disciplina

accanto al tuo collega,

o semplice soldato della gente

e per la gente,

servitore dello Stato

ma di nessuno servo.

Eccoti in uniforme

guerriero d’azione

e missionario in terra

dolente,

ma sempre tua Patria.

Eccoti in giubba

tra i tuoi

più fratelli che colleghi.

Eccoti

non ufficiale burocrate e

pedante,

né guardia  incolta,

ma eroe silente.

In una notte oscura

mattino e rifugio

ed àncora sicura

di cittadini naufraghi,

capitano tra marosi

e tempeste.

Non agisti per onore,

per gloria,

ma per amor della nazione e di chi

è sul suo suolo

e per gloria ed onore

della patria e del prossimo.

Intervenisti prontamente

ad una chiamata,

peristi sotto colpi

e arieti

barbarici e figli di barbarie,

di quei ladri che magari

altre volte hai protetto

dal linciaggio

perché stranieri,

ma nella tua Patria.

Sei uno dei tanti

ma sei unico,

sei un uomo e un arcangelo,

un San Michele che ci ha

 illuminato  col luccichio

delle sirene

e ci ha difeso

con la spada della Beretta,

ammantandoci del tuo agire

ardito.

La famiglia sola piange

un padre ed un marito

Ma la voce italica armoniosa

non smetterà di cantati,

non cadrai nell’oblio,

Tu San Giorgio contro il Drago

in questa guerra

strana contro una capsula

di acido ribonucleico,

orribile flagello.

Come San Giorgio

sarai a Lyddia

tra gli allori dei Grandi,

ai campi elisi

e tra le schiere di angeli celesti;

Premio che certo rifiuteresti

‘ho fatto solo ciò che andava fatto,

il mio dovere! ’

ma che accetterai perché obbediente

sino alla fine,

premio maggiore

d’ogni medaglia all’onore

o al valore.

Angelo di bontà,

non muore chi vive

nel cuore della Patria.

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Santa Caterina da Siena, teologa, dottore della Chiesa e patrona dell’Italia.

Ella è un esempio di umiltà, l’umiltà che conduce alla vera sapienza, sua la frase l’umile spegne il fiero. Eternamente giovine, tornata alla Casa del Padre a 33 anni, gli anni del Nostro Signore e gli anni che avremo noi tutti nella Patria Celeste. Muore giovane chi è caro al cielo.

Donna umile, tuttavia letterata e sapientissima e colta, senza sapere scrivere, senza altra istruzione che quella datale dal Santissimo Spirito Santo che ravvivó, illuminò e purificó il suo pensiero, la sua mente, la sua bocca, i suoi sensi, il suo animo, la sua anima, il suo cuore, donandole un maraviglioso intelletto. Quello del cuore, dell’amore, della bellezza e della grazia.

Anch’ella era, come noi durante questa pandemia, confinata in una stanza, nella sua abitazione. E lo fu per tutta la sua vita. Ma da ogni dove a lei si rivolgevano regnanti, dotti e pontefici. E la ascoltavano prostrati. Ammaliati dalla sua bellezza che rifulgeva la gloria dell’Altissimo! Patrona dell’Italia, si spese durante il papato avignonese e l’epoca degli antipapi che si scomunicavano a vicenda, per il ritorno del papato all’Urbe, ed il Pontefice stesso si impose il nome Urbano.

Difensrice potente del popolo italico, dell’ Europa tutta, donna che abbracciava l’anima del prossimo. Donna della speranza in questi tempi.

Magnifica, che si nutriva solo del corpo di Gesù Cristo eucaristia, che tagliò i capelli aurei a sguardo basso, infossó il suo volto in penitenza, rinunciò ad ogni bellezza corporale ottenendo la maggiormente da Dio,  sempre infatti rifulgeva di bellezza, della Bellezza che non perisce, quella divina. Vera Donna, vera maestra, vero esempio.

Le donne sono il tesoro tra i viventi più prezioso che Dio ci ha donato. Sono il nostro palpitio, sono nate dal nostro fianco sinistro perché sono la voce del cuore. L’amore. Una voce che noi spesso non ascoltiamo. Una voce semplice e ricca di saggezza. Non si salveranno gli uomini di scienza ma quelli di cuore. E ciò ci fa riflettere sul fatto che la vera scienza, sapienza, saggezza, il vero intelletto sarebbe vuoto e cieco se non accompagnato dall’Amore, le nostre mani sarebbero devastatrici del creato se non intrecciate a quelle di una ragazza. Risplende l’universo!

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Il mese di Maggio, il più soave ma anche, da sempre, il più difficile. In epoca pandemica particolarmente.

È il mese mariano, quello delle ciliegie, delle nespole, delle more, è il mese della dolcezza, una dolcezza che precede il vigore dell’estate. Il mese dedicato alla Nostra Madre Maria Santissima ha inizio con il giorno dedicato al Castissimo Suo Sposo e Custode di Cristo in Terra San Giuseppe, falegname. Giorno dedicato ai lavoratori.

E San Giuseppe è l’emblema ed il modello del padre di famiglia, lavoratore silente, aduso più agli attrezzi che ai ragionamenti religiosi, difensore di Gesù bambino, che condusse in Egitto per scampare alla furia cieca ed avida di potere di Erode, follia omicida di bimbi in fasce. Ed è anche obbediente, colmo di una fede genuina e semplice che lo porta ad accettare ed istruire un figlio non Suo. È anche il Maestro di Cristo. Gesù lavorava nella sua bottega.

Falegname.

Colui che modella il legno, elemento che preserva in sé il divino, la sacra linfa degli alberi, la linfa della terra, il nutrimento della terra, l’ossigeno che rende possibile la vita. Gesù modella, come Giuseppe, lo spirito dell’universo. La linfa viva ed eterna che illumina per il bene del prossimo. Il legno, etimologicamente ciò che ci lega a Dio, etimologicamente ciò che ci raccoglie, accatasta, ci rende uniti, Comunità. Etimologicamente ancora il legno è leggere, la lettura della Parola, il Verbo che si manifesta ed è nella scrittura e si rende conoscibile.

Il legno che è accostabile al fuoco, da cui si ravviva il fuoco, la fiamma ardente dello Spirito Santo. Il fuoco che è paraclito contro le insidie dell’ignoto ed elemento che cuoce i nutrimenti nostri rendendoli saporiti e teneri.

Figlio del Carpentiere. Che lavora il legno e modella le costruzioni e getta le basi, le impalcature, le fondamenta della religione, della Giustizia, della Comunità, dell’Amore, della Nuova Umanità Redenta. Carpentiere, etimologicamente da carro, carro divino, navicella, che dirige il vento instabile e serpentino delle nostre passioni e ci completa, vera Guida come la prua parlante della navicella degli Argonauti, doma il Cristo qualsiasi cosa, qualsiasi passione deviata, per quanto forte, come il carro di Cibele domina i possenti leoni della Superbia. È il Carro di Elia. Giuseppe educa il Figlio alla concretezza, a solide basi, pragmaticamente, al culto del lavoro, a che si faccia Uomo. La Madonna Santissima lo educa alle orazioni ed alle cose spirituali. Ma Egli è pur sempre auriga. Auriga sulla navicella dei suoi discepoli pescatori, auriga sul legno della croce, abominio della santità ed utilità del legno, strumento di morte, ma riscattata da Cristo stesso nella Redenzione dei Suoi figli e divenuta simbolo e segno di potenza e redenzione stessa, emblema della nostra fede.

Guai a chi, uomo, volesse sostituirsi all’auriga, al nocchiero Cristo, guai a chi non credesse in Dio e volesse salvarsi da solo. Finirebbe come Ulisse nella navicella inabissata, come Fedonte che volendo guidare solo per un po’il carro di Elio finì schiantato sui monti.

Giuseppe il lavoratore, il lavoro, etimologicamente ciò che lava, che ci lava, che ci dà dignità. Su cui si fonda la nostra patria l’art 1 com1 della Nostra Carta parla di lavoro incarnando il senso di dignità come ripreso dagli artt 35 e 36. Una dignità per sé e per la patria intera, per tutta la comunità che si eleva materialmente e spiritualmente, a seconda dei talenti di ognuno ex art 4 com2 e 35.

Maggio è anche il mese dei fiori. Quando comparvero i fiori sulla Terra, circa 65 milioni di anni or sono, nel Cretaceo superiore, terza ed ultima epoca dell’era Mesozoica, fu la fine dei grossi dragoni, dei Rettili Piumati, e iniziò a germogliare, coi fiori, il seme da cui poi sarebbe nato l’uomo. Sperando di superare questo mese e questa pandemia è che la umanità possa presto riabbracciarti migliore di prima.

Buona festa dei lavoratori a tutti!

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Una serata d’amore a tutti! Attendendo la fine di questi tempi difficoltosi nella memoria di questa giornata che ci sia d’esempio il ricordo, a che conserviamo la pazienza e diffondiamo la sapienza del cuore come Sant’Athanasio e con dolcezza mite respingiamo questo male come egli ebbe a fare contro l’arianesimo, che rinnegando la natura anche divina del Cristo di fatto ergeva l’uomo a padrone del creato. E oggibricordiamo anche la traslazione del corpo di San Benedetto, che operò contro Satana e soprattutto contro la simonia. Superbia da un lato quindi e sete di danaro dall’altra, baratteria. Corruzione politica e peggio della Chiesa. Due esempi del mondo che ricostruiremo, saldi nella difesa di Dio e della sua Chiesa. E contro la Superbia e la sete di danaro e potere. L’uno portò il monachesimo in occidente, Athanasio, l’altro, Benedetto, gli diede l’ora et labora nonché lo studio e traduzione dei libri manoscritti e del sapere, il glossaggio, pragmatizzó. Questa è la comunità che sogno, questo è quello che speriamo e che, con l’aiuto di Dio e di noi tutti, possiamo, dobbiamo e vogliamo realizzare. L’utopia è solo paura dei propri sogni. Non abbiate paura, come ci invitava a fare l’amato Pontefice San Giovanni Paolo II Magno. Non abbiamo paura!

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Oggi 14 maggio l’Alto Comitato della Fratellanza Umana ha indetto la Giornata Internazionale di preghiera e digiuno, invitando tutte le confessioni religiose ad unirsi per la pace e la fine di questa pandemia. Anche gli atei dogmatici e non possono unire un pensiero di speranza.

Do il mio contributo non solo con la preghiera ma con il mio solito ‘uniti in un abbraccio universale!’, essendo l’abbraccio la forma più silenziosa di preghiera e comunione tra di noi e quello che più ci manca.

E raccontandovi la storia del docente che radunò i suoi allievi, ragazzi di un Istituto Superiore, e chiese loro. ‘Facciamo un esperimento? Bene, vi chiedo solo di alzarvi in piedi, restare in silenzio per un minuto, chiudere gli occhi e pensare a ciò che più amate’ . Un po’ divertiti e sbalorditi dall’insolita richiesta lo fecero sul serio. Finito il minuto, riaprirono gli occhi e chiesero spiegazioni all’insegnante. ‘Che significa ciò che abbiamo fatto?’

‘ Nulla, sapete quante migliaia e migliaia di persone muoiono in un minuto sulla Terra? Beh, semplicemente per un minuto in tutti gli Universi non è morto alcuno’.

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Sant’Isidoro Agricoltore.

Titolo di Agricoltore che lo accompagna come quello di Profeta, Dottore etc accompagna altri Santi. Agricoltore laico che è esempio di una vita spesa per il bene della moglie, dei figli, del prossimo. Uomo emblema del cristiano laico che lavora per mantenere sé e la famiglia senza dimenticare il prossimo e senza dimenticare il Signore Dio, impiegando tempo considerevole della giornata alla preghiera senza tuttavia trascurare il lavoro né sottrarre alcuna ora ad esso, anzi aumentando il proprio lavoro e pregando anche quando intento alla fatica dei campi. E svolgendo un lavoro duro, sempre, ma soprattutto nel periodo in cui visse, intorno al 1100, epoca difficoltosa più della nostra per soprusi, pestilenze e siccità, nonché per mezzi di lavoro.

Persona umile al servizio di Dio, della sua Famiglia e della più larga Famiglia che è L’Umanità intera, il prossimo, tutti, pellegrini, forestieri, amici, viaggiatori, mercanti.

 In una epoca in cui il concetto di Patria non era definito ancora sant’Isidoro Agricoltore fece della Umanità intera la sua Patria.

Che la memoria ne sia preservata alle future generazioni ed ai giovani e ragazzi di questa epoca di transizione. Un abbraccio universale!

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Sei giunta come cometa smeraldina, dal vivido sorriso che ci illumina e infiamma il cuore per la grazia che rifulge. Aisha da un’arida Terra, quella da cui tutti veniamo, maltrattata e violata, sei fertile vivida e viva, furetto vivace. Inebriante essenza pinta e allegra, scherzosa tra i bambini dimenticati. Vicina a madri antiche, savi sciamani, odorose rimembranze. Approdi qui Silvia, rendi col tuo sbarco ricolmo di viole e zagare e rose e mandorli in fiore, e giardini perduti questa Europa, questa tua Italia, ombrosa selva tenebrosa nel flagello. Tu sei la nostalgia, per noi, per chi ti ama, nell’Africa e in quest’occidente.

 Sei la misteriosa parola fulgente, greenleeves. Luna smeraldina! Un omaggio, luce di speranza per noi. Bentornata!

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San Celestino V, eremita e papa. Abdicó a causa della corruzione dilagante nella Chiesa ma non per viltà, solo perché voleva combatterla e fu ostacolato. Non abdicò in scienza e coscienza ma per forzature ed ostruzionismi interni. Ritornò alla Sua vita di eremita servendo così la Chiesa. Fu fedele nell’Obbedienza. Molti erroneamente credono che Dante nella sua Commedia lo ponga nell’antinferno, tra gli ignavi. ‘Colui che fece per viltade il gran rifiuto’. È una interpretazione deviata e poco conforme al testo. Si riferisce a Ponzio Pilato.

La viltade si riferisce alla paura del popolo o dei nemici, secondo la cultura Romana, altrimenti trattasi di obbedienza.

 Il rifiuto, etimologicamente, rimanda al Sacramento del Battesimo. Refluire, dal sanscrito l’azione di risciacquo delle massaie, e dunque l’immersione per liberarsi dai peccati. Qui è vista nell’ottica negativa, non di rinuncia al Male ed al Maligno, ma di rinuncia a Cristo come  Dio. Nel gesto di lavarsi le mani. Ancora il rifluire, rifiuto, è acuito dal fatto che Pilato morì pentito e suicida gettandosi, finito il mandato e fatto ritorno all’Urbe, nelle acque del Tevere. Rinunciando in tal modo all’ultima possibilità di Redenzione.

Il rifiuto è ‘Gran’ perché riguarda il Cristo vero Dio e vero Uomo ed è il gesto che ha portato alla passione e crocifissione e dunque alla Redenzione, centro della Storia dell’umanità.

 Disprezzato a Roma dall’imperatore, dai colleghi magistrati e dai Cristiani, che lo attendevano ancora a braccia aperte. Tentennante sino alla fine. Perciò ignavo.

Riabilitiamo san Celestino, patrono di Isernia e de L’Aquila. Che salvò tanti dal terremoto di fine decennio scorso e sulle cui spoglie pregò il nostro Pontefice Emerito Benedetto XVI per la illuminazione su come comportarsi, e che a lui deve l’umiltà di aver fatto un passo indietro innanzi alla impossibilità di gestire una Chiesa come Pontefice Massimo per vecchiezza d’animo e di spirito e, umile operaio nella vigna del Signore, ebbe il coraggio di Abdicare come Celestino e contribuire comunque all’utilità e al servizio della Chiesa e del prossimo come poteva ancora fare, non da amministratore e pastore, ma da umile servitore, nello studio e nella preghiera. Abdicare e fare un passo indietro è segno di coraggio non di vigliaccheria in certi c

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18 Maggio. Emblema della Ripresa.

 Maravigliosa, Splendida Femmina Essenza.

Tu Donna sei l’Emblema della Ripresa, Nuovo Rinascimento per l’Italia,  centro Etereo della Sostanza, Abbraccio Universale e d’ Amore e Grazia per i Popoli tutti.

Grido Maestoso dell’Africa Ruggente Sorgente dell’Umanità.

Volteggio, Taranta, Kalu Me, come Anima Latina Vigorosa.

Ammantata di Clarissima Veste, Silicio Piaggia dagli ennesimi Granelli, Clessidra, Equilibrio, Vita. Trapuntato di Persiana Velature, Cobalto Lucente e Porpora Indomita, Amazzone  Indiana d’America dimenticata.

Bordature Viola traspaiono nei pensieri e nel solenne palpito del Cuore e Reverente dico…

Docile, Austera, Guerriera, Fiera, Aggraziata.

Potenza sul Ginocchio Sinistro , Gradiva verso l’ Assoluto.

Essenza e Sapore Sublime di Rivolta.

Fiera nell’ Incedere, Solenne come Sigillo il tuo Piede sul Reale si Impone e Traluce Passo Millenario, di Dodicimila anni nell’ Istante Trafiggente Eterno Essere.

Sguardo Inenarrabile, Ardore Indicibile.

Racchiudi tutta l’Essenza .  Magnifica, se vuoi Sospira, Stupenda! Incantatrice!

Emblema della Ripresa .

Il tuo Dire è ciò che ho Taciuto. Il tuo Pendente… Non ho trovato Verbo, Sperso.

È Silenzio.

Tu che Immanente sul Reale sei Fermezza e Trascendenza nell’Avanzare come Popolo sei Anima di Esso.

Ed il Ciondolo Finale Incertezza è l’Ardire Umano, Hermetica Messaggera Criptica, Argentea Selene, Vestale Fiammeggiante, Futuro Vigore Umano.

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Il Piave mormorò, NON PASSA LO STRANIERO! 24 maggio, storica resistenza delle truppe italiane nella Grande Guerra del 1915-1918. Non dimentichiamo però l’azione svolta dalla Polizia di Stato. Nel 1890 il corpo delle guardie di pubblica sicurezza confluì nelle Guardie di Città, istituite all’ uopo. Ciò sino al 1919, ritornando con la denominazione di Guardia Regia di Pubblica Sicurezza. Tuttavia questo periodo fu importante. In prima istanza perché nacque in seno alle guardie di città la sezione Scientifica, la sezione Amministrativa, la Giudiziaria, con Agenti Investigativi in borghes, e quella di Ordine Pubblico. Nell’Ordine Pubblico si distinse per i soccorsi durante gli eventi sismici di Messina del 1909 e nella eruzione del Vesuvio a Napoli del 1903. Città e territori circostanti furono sotto una colte di cenere e di lapilli mentre la terra tremava e sussultava. Ovunque era richiesta l’opera delle guardie di città, nell intento di aiutare, confortare disciplinare, impegnati ad estrarre, spesso, anche i cadaveri ed i sopravvissuti dalle macerie. Gli agenti investigativi si distinsero per la repressione dei crimini perpretati durante il conflitto bellico, anche avvalendosi della concessione di non indossare la divisa e di infiltrarsi in bische o commercio illegale, mercato nero, con l’ausilio della Amministrativa. Nonché svolgendo compiti di polizia politica nello scovare i disertori, ma sempre vicini alle famiglie dei giovani che erano nelle trincee. A causa dello sforzo bellico la Polizia di Stato, come allora denominata Guardie di Città, era l’unico referente militare e d’ordine e giustizia e intercessione con il Regno dell’epoca. Guadagnandosi la stima ed il rispetto di tutti i sudditi. Punto di riferimento e ausilio per loro. Al servizio di tutti coloro che avevano parenti in trincea. Come una sorta di polizia postale riuscivano anche a porre a conoscenza le famiglie delle condizioni dei soldati in guerra.

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Quanto tempo dedico alla scrittura? Già la parola tempo è erronea e fuorviante nella realtà così come effettivamente è, bidimensionale. Ma usando questa categoria posso dire che scrivo h24. Da sveglio e quando dormo, quando sono cosciente o meno, quando faccio qualsiasi attività, sempre. Talora ho una penna e un foglio a portata di mano o una tastiera e riscrivo quanto ricordo di ciò che scrissi.

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Il Veltro

“Molti son li animali a cui s’ammoglia

e più saranno ancora, infin che’l veltro

verrà, che la farà morir con doglia.

Questi non ciberà terra né peltro,

ma sapïenza, amore e virtute,

e sua nazion sarà tra feltro e feltro.

Di quella umile Italia fia salute

per cui morì la vergine Cammilla,

Eurialo e Turno e Niso di ferute.

Questi la caccerà per ogne villa

fin che l’avrà rimessa ne lo ‘nferno

là ove ‘nvidia prima dipartilla.”

(Inferno, Canto I, vv 100-111)

Chi è il Veltro di cui parla Dante?

Parto dalla più folle delle interpretazioni che circolava  qualche tempo fa e che vedeva il Veltro in Veltroni.

 Al di là delle interpretazioni complottiste, dietrologhe ed al limite del grottesco proviamo a capire cosa intendesse Dante.

 È ovvio trattasi della seconda venuta del Cristo. Che scenderà nella gloria assiso alla destra del Padre ‘da cielo a cielo’. Il riferimento etimologico Veltro è verga, bastone. Lo troviamo tra l’altro in Rivelazione 12, ‘ed ebbe alla vita un figliol maschio c’ adda reggere il mondo con verga di ferro ‘ e sempre in capitolo 12 sarà figlio della Vergine Maria ed al tempo stesso della Chiesa da essa rappresentata. Ancora non sarà un essere umano in quanto verrà’da cielo a cielo’. È il grande Giovialista, il tremendo e misericordioso Giudice che a Roma, alla fine dei tempi, giudicherà il tempo presente con il passato. Riferimenti ai personaggi dell’Eneide ed alla IV ecloga delle Bucoliche di Virgilio sul figlio della Vergine sono chiare. Tutto ciò si sposa con la corruzione e la cupidigia e sete di ricchezza del papato. Non è un caso che i versi facciano riferimento alla lupa e che veltro oltre che il bastone in lingua latina indica anche, etimologia francese, per estensione, il levriero, il cane da caccia che fa fuggire i lupi, con doglia, agguerrito più di un cane pastore ma al tempo stesso fedele al cacciatore, il Padre, Signore Dio.

Non certo un imperatore, un politico, un uomo. Non l’imperatore Enrico o un novello Cola di Renzo. Verrà da ‘ cielo a cielo’, non dalla terra.

Nella visione di Dante ovviamente, la Chiesa cupida si nutre di beni terreni, mentre il Cristo di virtù, sapienza ed umiltà. Non di solo pane vivrà l’uomo. Il vero pane di vita eterna è lui. Da cielo a cielo. Perché l’Italia, perché è la sede del papato. È pur sempre di una delle fazioni guelfe il ghibellin fuggiasco.

Ora questa è una visione escatologica perciò non c’è divario con la separazione di poteri tra Impero e Papato. Una congiunzione arriverà alla fine dei tempi. Da feltro a feltro, ogni lembo di terra, etimologicamente, sarà ammantata di purpureo tessuto. Candido ma acceso come la potenza dello Spirito Santo!

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Bèda, il Venerabile. Nome che già dal latino Baeda, o anche Bedanus, derivante dall’autoctona lingua angla Bed significa pregare e insignito dell’appellativo Venerabile già in vita, dal latino Venus, Venere e in senso ampio venerari, connesso col Sacramento della Eucarestia -esposizione del Venerabile-.

#Bedailverabile Inglese, Filosofo, Matematico, Teologo, Esegeta, Confessore instancabile, Santo e Dottore della Chiesa “il più grande erudito dell’Alto Medioevo” per Manitius, educato e vissuto nei monasteri di S. Pietro a Wearmouth e di S. Paolo Wearmouth-Yarrow.

Sacerdote a trent’anni, non ebbe dignità, né uffici fuori dell’insegnamento, cui si ricollega la maggior parte dei suoi scritti e la tradizione della celebre scuola di York. Con i commenti biblici (a noi giunti parzialmente), desunti dai grandi Padri occidentali (Ambrogio, Girolamo, Agostino e Gregorio Magno), fissò la dottrina dei quattro sensi (storico, morale, allegorico e mistico) della Scrittura, con i trattati didascalici (De metrica ratione, De orthographia, specie di dizionarietto, De natura rerum, De temporibus) trasmise nozioni fondamentali; con il De temporum ratione fece prevalere, con il ciclo pasquale di Dionisio il Piccolo (da lui continuato sino al 1063), anche il computo degli anni da Gesù Cristo (era dionisiana ab incarnatione) e fornì un modello non solo alla cronologia, ma alle cronache universali del Medioevo (con la cronaca da lui compilata, sino al 725, che costituisce i capitoli 66-71 dell’opera); e con il Martyrologium (derivato dal geronimiano e a noi pervenuto con aggiunte posteriori) iniziò la serie dei cosiddetti “martirologî storici”. Più importanti ancora, per i moderni, le opere storiche: Historia sanctorum abbatum monasterii in Wiremutha et Girvum, da Benedetto Biscop, il fondatore, a Guerberto (Hwaerberthus); la Vita Cutbercti (Cutberto di Lindisfarne) e soprattutto la Historia ecclesiastica gentis Anglorum, fino al 731, composta per invito di Albino e dedicata al re di Northumbria s. Ceolwulf, ricca di notizie concernenti anche la storia civile, e redatta con notevole spirito critico. Restano inoltre 16 lettere del Liber epistolarum, un carme De die iudicii, altro in onore di s. Eteldreda inserito nella Historia ove fornisce l’elenco delle sue opere fino al 731 (tra quelle che non ci sono pervenute, un Liber hymnorum e un Liber epigrammatum) e dati sulla sua vita. Il suo Liber de loquela per gestum digitorum fece testo durante tutto il Medioevo per l’insegnamento dell’aritmetica, o – per meglio dire – del “calcolo digitale”

Il suo culto e la qualifica di dottore della Chiesa, di antichissima tradizione, hanno avuto riconoscimento ufficiale da parte di Leone XIII nel 1899.

La preghiera di intercessione a #Beda il Venerabile per il dono della #Sapienza dello Spirito Santo

“O SIGNORE , CHE ILLUMINI LA TUA CHIESA CON L’ERUZIONE DEL TUO BEATO CONFESSORE E DOTTORE BEDA, CONCEDI PROPIZIO AI TUOI SERVI DI ESSERE SEMPRE ILLUMINATI DALLA SUA SAPIENZA E AIUTATI DAI SUOI MERITI . AMEN.”

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Di una sol cosa vanto facesti, l’amor per il Santo Spirito. Ma vanto di chi riceve doni e non si lustra ma dà lustro a chi abbisogna.

 Di tutti instancabile confessore, desti penitenze spesso incomprensibili e buffe, non semplici orazioni. La pettegola per espiazione dovea spennare gallina in piazza e raccoglier le penne al vento, come le calunnie che spargea.

 Il tuo nome Neri è paradosso e senso di missione, purissimo, castissimo e contemplativo, mistico, la tua azione illuminò le anime di poveri, ricchi, e meretrici, di vivaci colori dell’iride e non certo neri, ma pulisti col cromatismo il nero e l’immondezza dei poveri di spirito. Pippo, Filippo, amasti il destriero come dice il tuo nome, ma quel destriero fu lo Spirito Santo e auriga non tu, ma il Cristo con le Sue Piaghe, la Sua Croce, il Sangue Suo Preziosissimo, Egli ti fu custode e tu custode delle anime le indirizzasti ed affidasti al Sommo Fattore et alla Trinità Santissima.

 E più di ogni cosa amasti gli adolescenti, il nostro futuro. Giocoso giullare, amante della musica e del canto, con la musica celestiale ma un po’stonata strappati i giovani dalla strada, dai briganti, da un destino di mariuoli e di feroci criminali. Con la forza che lo Spirito Santo ti infonde sfoggiasti il libero arbitrio e liberasti i ragazzi, sfidando e ribaltando il destino, sconfiggendo il male, il maligno, gli spiriti immondi. Bevendo all’osteria con briganti e prostitute. Redenti il giorno dopo, senza capire come.

Preferisti il Paradiso agli onori ed al porporato ed ora tra le schiere angeliche canti coi tuoi ragazzi innanzi alla Mistica Rosa, al Trono dell’Altissimo. Facendo un po’più confusione degli altri, ma alla fine dici ‘so ragazzi!

 E qui i ragazzi, al giorno d’ oggi, spersi tra pestilenze, dolori, tra i vicoli scugnizi, aiutali a cantare e a far ammuina. Profeti siano, nostro futuro giubilante, non solo strappali dalle grinfie delle mafie e della corruzione e della gloria terrena, ma fa che cantino a queste lordure in faccia come fossero colpi di mitra le loro voci! Fa che cambino il mondo! Liberamente guidali ma lasciali liberi di scegliere perché loro la scelta l’hanno in sé pur se non sempre la vedono, tu, detto il Buono, a lor dicevi e dici, infatti, ‘fate i buoni se potete’ un semplice motto, come tanti che pronunciavi,  un motto che è un trattato di Teologia.

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La libertà dell’uomo è l’amore, la ricerca di bellezza, di grazia per aggraziarsi sino a divenire l’oggetto amato capendo che è esso stesso soggetto e portando a compimento, l’uno verso l’altra una sostanza solo che è terza ed altrove. La ricerca in quest ‘ottica è la contemplazione di amore verso la bellezza e la tensione verso essa. La grazia il risultato della ricerca e il metodo stesso.

L’ agire umano deve eliminare la parola competizione per relegare la violenza.

Non esiste competizione buona e competizione cattiva.

 La competizione è sempre negativa. Da essa sorge ogni vizio, superbia, cupidigia e lussuria su tutti.

La competizione impedisce la nostra crescita interiore e quindi il rapportarsi con gli altri. Umanità e creato uniti in un abbraccio abbraccio universale secondo la volontà di Dio, Trino in una sola Sostanza, Padre Misericordioso ed Anima degli Universi, Verbo Incarnato, Spirito Santissimo!

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La pulzella di Lorena

Demoni in tumulto

sussurrano in te,

c’è un’aria gelida,

l’inflessibile decisione

è stata presa,

arderà la paladina stolta,

la santa introversa e ammaliatrice,

la meretrice battagliera,

sole invincibile punirà

chi d’ardore è spenta ormai.

Prega pur se vuoi,

brucerà il demonio che è in te,

inchinati alla croce,

morirai nel dolore.

Hai osato fanfare diaboliche parole,

la tua follia è finita,

non hai speranze

orribile ingannatrice,

fiamme per l’anima e pel corpo,

non ascolteremo più la tua voce,

astuta donzella, la vendetta

assedierà le tue membra,

brucia pulzella,

non darai più retta

alla possessione che t’invade.

Urla,

gemiti,

urla

e sputi.

E tu

in quell’istante

chiudi gli occhi,

ripensi alla luce

che invase i tuoi occhi

genuflessi in cattedrale,

rimembri d’un tratto

il sogno di femminea

pace universale,

matrona e ragazza

della congiunzion paonazza.

La provincia geriatrica

ostenta leggi infami,

i tuoi sostenitori

e i vostri sogni svaniti e vani,

la ciocca rossa cade ai tuoi piedi,

il boia gode da belva infetta,

gli occhi cobalto

tra l’invidia della folla

che inventa un misfatto,

il superbo potere,

un altro ricatto

celato da ecclesiastico volere.

E i soldati d’ Orleans

non saccheggiavano

né facevano bottino,

i dardi si piegavano,

diana,

daino e

dannata.

Un altro urlo c’è,

il braccio armato freme,

il temporale preme,

non purificherà le loro colpe,

le streghe torneranno,

vendicative Erinni,

non esorcizzate

e non intimorite.

Arriva l’effige,

putrida contadinella,

volevi far la santa,

generalessa unta e diabolica,

il re l’ha spuntata,

non ci sarà pietà,

sognavi libertà,

eccoti la realtà.

Passano gli anni,

il tuo volto giovane,

non dimentica l’uomo

che ti era affianco,

un uomo che era con te in guerra

e con te issato al palo,

la divina fiammella

lume di misericordia

chi non ti ha tradito,

senza farsene accorgere

si avvicina a Thanatos

corrucciato e in sé assorto,

 e lo vince

l’asta e la falce si spezzan,

come cristalli in frammenti

la lama del pugnale di Ares.

Anello del potere sul fondale!

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L’Italia è una donna maravigliosa, dolce, sincera, fertile, intelligente. È ricerca, follia, verità, matematica, scienza, sofia, libertà, responsabilità, timidezza, poesia, giustizia, intelligenza, apparenza, felicità. L’Italia è bellezza, noi italiani dobbiamo, mossi dal desiderio, amarla. Già unita nella cultura e nella lingua da secoli, la più bella descrizione del tricolore è fatta da Dante alla vista di Beatrice, ammaliato dal suo apparire. Una apparenza manifestazione della candida purezza, della pace, della speranza, dell’amore e della passione ardente per la patria. Ossia il suo velo bianco, la cinta verde come il manto e la sua veste rossa. Canto XXX Purgatorio ‘sovra candido vel cinta d’ ulivo/donna m’apparve sotto verde manto/vestita di color di fiamma viva’.

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Strawberrymoon

Dolci le Fragole dei Nativi, Odorose le Rose Nostre, traspare rubinea la selenica voce ed a Oriente ebenacee memorie eburnee risonano, è fribillante la Natura, limpida risplende lieta luce tra poe e valli e vestigia di millenni taciti. Quattro colonne reggono gli Universi e nove varchi d’esistenza e sette arditi candidi declamano canti, bilico transito è l’assoluto.

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7 giugno 1984. Ultimo comizio di Enrico Berlinguer a Padova. La voce del comunismo continua oltre le sue stesse forze. Lo coglie un ictus, lui continua a parlare, non si fa indietro. L’ultimo pensiero ai giovani, alle donne, al dialogo, ai compagni, andate azienda per azienda, strada per strada, casa per casa. Il dialogo. Pochi anni prima sarebbe morto, assassinato, Aldo Moro. Cattolici e Comunisti assieme erano pericolosi. Erano il meglio della politica italiana. Facevano paura, erano scomodi a molti, come scomoda l’Italia è sempre stata. Con Moro e con Berlinguer muore la politica italiana. Le sue ultime parole sono rivolte ai giovani, alle future generazioni. La Vera politica italiana non può non essere cattolica e comunista assieme. E ciò che manca, oggi, sono proprio queste due forze. Ridategli vita. La politica di oggi è una barzelletta. Ridate vita a un Vero Partito Cattolico e Comunista. Il dialogo. Vero.

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Che San Gennaro ci protegga ed interceda per noi, come un tempo fermò Lapilli, Gabbri e Basalti, fermi questa capsulina di acido Ribonucleico.

Sperando che Noi tutti impariamo a rispettare la Natura, Dio e la Sacralità!

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Mi piacerebbe se un giorno leggessimo “Il  Cantico dei Cantici” come una stupenda Storia d’Amore tra Israele e Palestina.

Siamo tutti Fratelli e Sorelle. I muri non si alzano e la vera globalizzazione non ha nulla a che vedere con l’economia, è Amore e Pluralismo! 

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Anche se un giorno le nostre menti potranno illustrare e spiegare ogni cosa saranno sempre i nostri cuori a guidare le intuizioni ed a farci comprendere ciò che la mente spiega.

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Antonio Santo. Di lingua iberica non giungesti ai saraceni pei marosi. Dalla sicula terra approdo, omo dottissimo, abbracciasti in Umbria il Poverello, e parole di giglio eran di Sapienza investite. Che ogni cristiano a te giungeva e comprendeva, per quant’umile. Che se i dotti Catari a Rimini si fingean sordi tu parlasti al loro nutrimento simbolo del Cristo, che traboccó dal pegalo in su la riva in gran numero. E loro sbalorditi seguirono la Fede viva e vera. E se potestà, potenti e notabili paduani insidiavano i più poveri che tu di opere e pane di ciel e di terra ricolmasti, attentavano alla vita tua e de’ tu frati, nulla poterono disarmati bevendo i lor stessi veleni d’invidia e mutando spirito.

Umile fosti sino alla fine, Fiore come il nome tuo, tutti colpiti con dardi d’argenteo amor a che l’oro delle saette dello Santo Spirito completasse col suo divin amor ciò che l’omo accenna, per quanto grandemente.

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Per Aspera ad Astra!

16 giugno 1963.

Prima donna nello spazio, oltre la troposfera, la stratosfera la mesosfera, la ionosfera, la esosfera. Estrella, Ester, Star, Stella tra le stelle. Radiante come porpora nel firmamento!

Operaia, tessitrice, come Atena, ma popolana e del popolo come Aracne. Dall’umile lavoro al fervente studio, la passione per gli astri e i telescopi.

Tutta abbellita e agghindata per una missione da cui avresti potuto non fare ritorno. Eroina, pronta al sacrificio per la tua Passione , per il tuo Sogno , per la tua Patria.

Guardasti dall’alto piumata fenice, Чайка, gabbiano candido come giglio. Guardasti dall’alto questa nostra Madre Terra, dalle forme di Tabernacolo, Tempio di noi nomotetei e custodi.

Tornasti da noi ma più ascendesti nell’arte più difficile, la politica, l’istruzione e la cultura.

Donna Vali come il tuo nome, che è vitale ed è saluto universale.

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Tutti coloro che abbiamo incontrato quivi li abbiamo già incontrati nei diversi altrove paralleli, intrecciando rapporti differenti, ed assumendo essi ruoli altri nella nostra esistenza. Capiremo tutto quando giungeremo all’infinito!

Per ora qualche varco esistenziale lo scorgiamo, in qualche istante, brevissimo, in cui si manifestano pensieri che non riusciamo a elaborare ma che sappiamo esistono, nel lieve sussurro della musica accompagnata dal palpito delle parole dei cantori di Erato.

Nove sono i Varchi delle Muse e sette i Cantori Naviganti. Quattro Colonne reggono gli Universi.

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I Nostri Avi sono le Radici, che ci aiutano a essere solidi, saldi, contro le temperie, loro sono Radici e noi assaporiamo i Frutti della loro memoria e siamo protesi al Cielo perché loro sono anche i Rami, spalancati verso l’Alto, che abbracciano Dio!

Gli Antenati, forse, ci ricordano questa nostro legame con il Giardino Terreno, che non dobbiamo distruggere, ed il Giardino Celeste, cui dobbiamo sempre tendere le braccia, anche quando mancano le foglie, la clorofilla, la vita, come in questo periodo dell’anno, i Rami tesi verso l’Alto ci ricordano che, ora che comincia l’inverno, quei rami spogli di vita sono pulsanti di speranza, rifugio sicuro e cammino.

Siamo in questo mondo ma dobbiamo vivere con lo sguardo verso il cielo, solidamente ancorati qui durante la Vita ma agendo in unico abbraccio col Prossimo e Dio, un Abbraccio Universale!

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Ai giovani, ai ragazzi adolescenti di cui San Luigi Gonzaga è protettore. Il mondo è nelle loro mani. Fateli divenire ciò che sono a che restino sempre impetrati nei loro sogni. Solo se saranno saldi in essi vivificheranno. Dite loro che diffidino di tutti, dite loro che non esistono crediti e debiti, dite loro che il mondo ha risorse a sufficienza per tutti. Dite loro che continuino a fare ammuina! Dite loro che brucino il danaro e lo cancellino da questo mondo. Denaro di qualunque tipo, carte di credito, buoni, danaro digitale. Ognuno ha per sé tanto e più. Ognuno di loro ha non solo i mezzi e le risorse materiali che garantiscono la sopravvivenza e il sostegno, ma il surplus dell’ozio. Il Creato offre loro tutto e più di tutto. Eliminino ogni forma di politica, di economia, mandino via i ricattatori, coloro che si comportano come il dimonio e gli altri spiriti immondi e quelli impuri. I corruttori ed usurai del corpo e dell’anima. Coloro che usano il metodo demoniaco di vendergli ciò che già è loro. Ditegli che tutto gli è dovuto! Che rispettino la Legge e la Giustizia e la Misericordia che è nel loro cuore, custodita in loro, data loro dal Santo Spirito. Non lasciateli in balia delle ipocrisie dei corretti o nelle maglie della malavita. Loro sono liberi perché amano. Non cadano mai nel ricatto. Nel puritanesimo e nello scientismo dei fedeli di Ario, filoprotestante, empirista, illuminista, giacobino, positivista. Sappiano aprire la strada al tomismo neoaristotelico ed al neoplatonismo neohegelismo esistenzialista. Fondano e plasmino queste colonne in un unicum. Vivo come fiamma. Siano Cattolici ed in questi tempi dite loro che non si lascino sfuggire l’occasione persa dalla Santa Chiesa Cattolica nel 1600 e nel 1900, non vinca la materia, non avrebbe vinto se Ella avesse accolto rispettivamente Giordano Bruno e Fritz Nietzsche. Ora non vinca di nuovo la materia di un suono di carne travestito da spirito che è la cibernetica. Vincete voi. Siate estrelle danzanti, folli selenici fasci, sonate il piffero sidereo, illuminate come il sole dell’aurora e del tramonto, ma non abbagliante mai come il sole di mezzodì. Dite questo agli adolescenti. Ascoltino il sussurro del vento, il tremolio del silenzio. Il frastuono cromatico del senso. Unifichino le nove realtà ellittiche e varchino i nove punti visibili per raggiungere il centro d’assoluto, l’infinita armonia dei loro passi! Vi Adoro! Uniti in un abbraccio universale d’amore!

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Il ricordo più intenso e profondo di Santa Monica sono le parole che gli disse il suo confessore quando era preoccupata per il figlio adolescente che ne combinava di tutti i colori.’ il figlio di tante preghiere non può andare perduto’.

Suo figlio era  Agostino. Sarebbe divenuto Santo e Dottore della Chiesa, sole nascente di un nuovo mondo, speranza per quel mondo in rovina, per L’Impero Romano in frantumi e sotto assedio.

La forza della preghiera ci cambia pur se non ce ne rendiamo conto.

Ma il suo cambiamento è stato non cancellare il suo passato e ciò che combinava, o i suoi studi gnostici.

La forza di Cristo è cogliere ciò che siamo, i nostri talenti e trasformarli per il bene del prossimo. Dio non vuole che noi rinneghiamo ciò che siamo, perché siamo a sua immagine e simiglianza ma desidera che diventiamo ciò che siamo, ciò che eravamo. In maniera autentica. Non cadendo nella vacuità dell’Avversario che sfrutta il nostro essere per condurci al nulla dell’invidia e della Superbia e della distruzione.

Gli adolescenti sono i prediletti da Dio, sono il futuro. E Dio vuole che loro non scordino mai ciò che erano. Ma che conservino il cuore limpido e rivoluzionario. E tutto ciò lo spendano per il suo servizio.

Ogni ragazzo ed ogni ragazza che dite disadattato è un novello, potenziale Sant’Agostino di questa epoca in travaglio.

Un abbraccio universale a tutti!

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Trovo estremamente stupidi i commenti sulla nuova modella della Gucci.

Oggi ricorre la memoria di Sant’Agostino e sono stupito da come la gente abbia perso di vista la concezione della Bellezza.

Mi infastidiscono non tanto le riflessioni denigranti ma ancor di più quelli che dicono che comunque ha una bellezza interiore che si nota, che è una novità, che è una bella provocazione.

A me sembra solo una bella ragazza.

La moda spettacolarizza, lo scopo della Gucci era spettacolarizzare la bruttezza, era una provocazione come tante altre.

Ci è riuscita male.

È una bella ragazza e la Bellezza non è né interiore né esteriore, è un attributo della persona. La forma plasma la sostanza mentre questa plasma quella.

Inorridisco dalla etalagia e dalla superficialità.

Odio la moda già etimologicamente perché è vacuità e soggetta alla nullità. Al tempo.

I post spietati di molte donne ed uomini sono ridicoli.

Non vedono gli occhi né le labbra.

Non colgono l’intensità di uno sguardo.

La gente ha disimparato a guardare. Preda del consumismo vuole la donna usa e getta ed il peggio è che moltissime donne avallano con i loro commenti questa cecità della sensibilità.

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L’esistenza del danaro e uno degli aspetti della atavica desacralizzazione.

La rivolta contro gli sciamani ed i loro scettri, la ribellione a Dio da parte dell’uomo che prese dell’erba da terra e la fece scettro.

Non preziosa né incensata. E nemmeno gesto umile fu. Ma Superbo, di lì si cadde nella Lussuria e nella bramosia, ovvio passaggio la avidità e la cupidigia.

Desimbolizzazione è desacralizzazione.

Il danaro è forma desacralizzata in quanto non ha attinenza al vero, è colto dal reale e svuotato di senso, etalagia, idolo al nulla. Contro la Natura ed il Divino, contro l’uomo che non è più libero sotto L’Egida di Dio ma schiavo del suo idoletto verde, del suo tesoro privo di bellezza e valore ma che tutto arroga di acquistare.

L’aramaico Mamon dal tibetano Mamo.

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‘Misericordia voglio non Sacrifici’.

L’Amore che supera ogni barriera, perché puro non teme di sporcarsi, mma tutto rende candido e lezioso.

Ci fa capire che il male esiste se guardiamo il Creato con gli occhi della invidia, della cupidigia della lussuria della Superbia. Se guardiamo senza Amore scorgiamo il Nulla, se guardiamo con l’Amore la Bellezza.

Perché agli occhi di Dio non esiste ricchezza né danaro né potere, né tasse, nessun sacrificio carnale ma esiste il prezioso Tesoro che è in noi donato da Dio stesso.

Quel tesoro vero che è già nel nome di Matteo e che si contrapporrà, poi, alla visione avara e superba e soprattutto alla perdita di speranza e di fede nel perdono di Dio del suo cassiere Giuda, con Mattia, successore di Giuda.

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Santa Teresa d’Avila, Dottore della Chiesa.

‘la donna abbraccia l’anima’

come prosieguo di ciò che scriverà Frédéric Nietzsche, ‘nel Vero Amore è l’Anima che abbraccia il Corpo’

Quel che di spirituale, puro, ma concreto. Protettivo.

Un abbraccio all’umanità intera, oltre i confini, che travalica ogni confine. Come la Santa di cui oggi ricorre la memoria, che abbraccia materna ma alla pari, da sorella, gli indios, un abbraccio di comprensione, di Vero Amore, Carità. Dono.

Lo stesso abbraccio della omonima Edith Stein tra orrori e sterminio dello scorso secolo, lo stesso abbraccio di Santa Teresa di Calcutta tra malati, sofferenti, in una terra di spiritualità ma anche di altissimi squilibri tra classi e di dolore, l’India. Quell’abbraccio che tutti cura, di ogni credo ed estrazione e che sana non solo il corpo ma dà concretezza, incarna una spiritualità altrimenti vuota. Supera il destino e lo cambia.

Lo stesso abbraccio della Madre del Cristo, perforata da una lancia di dolore ai piedi della Croce ma che con umiltà ed obbedienza si è lasciata andare alla Volontà Divina, con umiltà ed obbedienza ma mai con rassegnazione, con speranza e sempre capendo in silenzio. Intercessrice della umanità.

L’abbraccio che dà luce di Verità a questa insicura Realtà. E nella Verità, che è una ed è il Verbo Incarnato per Noi, la Realtà si colma di Misericordia. Oggi come sempre, allontana la sofferenza, le pandemie, le guerre, le ingiustizie.

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Esistesse ancora un barlume di Verità, seppur flebile, nella Realtà, qualcosa che appare senza essere in vetrina, senza Etalagia. Esistesse la Sincerità di un abbraccio che tutto dimentica nella lotta quotidiana dell’intelletto, ove il sospiro è chiaro ed il silenzio profuma di Assoluto e non d’oblio.

Come un uscire di scena silenzioso ritrovandosi.

Come un fuggire al richiamo del vento questo refrigerio esausto. Questo saltellare barcollando e dipanare, finalmente, in un inizio.

Planando improvviso.

Il senso delle cose, il non sentirsi utensili o bracieri assuefatti dalle grida dei giorni stanchi, entropici volteggi su sé stessi.

Giungesse danzante il mare coi suoi flutti tra le stelle ed il pallore intenso della luna.

Quando smeraldino è il fruscio che scioglie i lacci del cielo, dolciastra la nostalgia si colmasse di attimi d’incanto, lentamente, come quando ti volti e magari pensi ad altro e magari ci sono e ti volti e pensi ad altro e magari pensi a me quando ci sono.

Attimi d’allegria ebbri di inchiostro.

Ah fosse il pensare sbatacchio assorto del cuore!

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Aghata vibrante. Mi insinuo, come tra flutti, nel vigore caucasico della tua iride, come rimembranza la fugacia del tuo arcadico apparire.

Tra pensieri miei sei rampicante.

Fruscio avverto nel palpito svolazzante delle ali. Le memorie da bruco che solca, nostalgia d’amore è questo nulla che ero e mi ravvolge e che sono. Nostalgia d’Assoluto i due terzi dell’ali. Memoria.

Il bianco viscido e informe resta e l’insidia manchevolezze si smorza arrampicandosi. Statico non Plano, io farfalla. Statico serbo memorie in attesa del volo tra candori di risvegli primaverili in questo stanchevole e stanco e assurdo autunno.

Le mie ali serbano il ricordo dell’embrionica larva, a destra sorge smeraldino, nei fasci cobalto saltella al rubino, quasi porpora, ma flebile divide ciò che è somma, l’accennato viola prima del metilene puntiforme. E quel verde è speranza e rinascita, preziosa, non manchevole fenice, non ardore ma luce che irradia all’alba appresso, che discreta fa il suo ruolo, genealogica e consapevole del suo esser riflesso dell’origo ma riflesso che ne è parte e non similitudo.

È da lì la sinistra è sfumatura altrove tra intensità del rubeo focoso struggente. Tra tratti ocra.

Siamo in un limbo noi farfalle, o in cielo angelico primo lunare? Ci manca qualcosa ma la colpa non è nostra, coleotteri in clessidra scopriamo immobili la nostra tensione contemplante. Ciò che bramiamo non è ciò che vogliamo davvero nè tesauro che c’attende.

Senza invidia. Senza invidia tra sonate e canti in anfiteatro fulgido lo sguardo e i sensi si fanno musica.

Superiori ambedue son coda capo d’oscuro, nero inchiostro di ciò che fu e non fu scritto, vortice di gelida selva, vortice fiammante muto.

Mi arrampico fermo ed è frastuono opaco di colori oltre l’occhio divino, noi non capiamo con la vista corta di una spanna.

Sotto i nostri occhi leziosie rosate a destra, cieli e flutti calmi alla sinistra. Un sole finto nel mezzo.

L’occhio divino è altro, candida purezza come aura raggiante blanca, Fede, Fattore Massimo, bluetta Carità che è lieto mare e non tempesta o abisso, lo Spirito pacato e lucente e vivo. Verde Speranza e Verbo fatto uomo, Verità nel Mondo, come Mistero Sommo, Luccichio sulla destra, purifica dal peccato ma serba in sé ciò che è umano, da Egli fatto e da Egli scoperto per arbitrio e da Egli amato.

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San Giovanni da Capestrano, protettore dei cappellani militari.

Una preghiera per questi sacerdoti di frontiera sparsi ovunque, in Italia e nel mondo che, rischiando la propria vita, danno sostegno alle forze armate e dell’ordine nei luoghi caldi, ove c’è la guerra ed anche in questo periodo di pandemia!

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Chi agisce mosso da invidia, rancore, odio, desio di vendetta, guidato dalla maldicenza, dalla vanagloria e dalla superbia, dalla lussuria e dalla cupidigia non riesce più ad assaporare i dolci frutti della Vita, peggio, chi insidia le anime innocenti, sibilando negli orecchi la pulce della divisione contro l’unità ed in tale sibilo cariddico corrompe e porta ad azioni di tal guisa, usa le armi più orribili, quelle dell’ingegno, stravolgendole nei fini, ed è destinato ad essere disarmato e strisciare sanz’armi sul suo ventre ingoiando la stessa polvere che getta negli occhi degli altri.

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L’ottimo esclude ciò che è Buono. Ovverosia a cercare il pelo nell’uovo se ne perde la sostanza, l’essenza ed il sapore.

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Un giorno, dopo i primi fatti e quando già eravamo finiti qui, ci fu dato il sistema 1 assenza di 1. Poi noi, per capire l’1, abbiamo iniziato a contare con le dita, poi ci siamo accorti che potevamo proseguire con un dito dell’altra mano.

Poi anche con le altre dita.

Quindi pian piano i rapporti di caccia non erano narrati cronologicamente preso non preso, ma ingarbugliati. E da tale garbuglio capimmo che potevamo sfregare le pietre sulla paglia. Perché intuimmo le tre parti dell’uno, senza capirle. E allora dalla fiamma fu fuoco. E iniziammo ad aggrovigliare il tutto con suoni, e iniziammo a raccontare ciò che credevamo di sapere sull’uno e sulla sua assenza.

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La vita è un accento sbagliato, l’alternarsi apodittico del ditirambico etereo errore

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Veritas omnia vincet sed veritas pulchritudo est

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La VENDETTA alimenta, in spirale assurda, l’odio, il dissidio, il rancore; il DIRITTO e la LEGGE ci tutelano come individui ma la GIUSTIZIA che è Misericordia ed Amore spezza le catene del risentimento che ci tiene imbavagliati, imbragati e avviluppati in noi stessi, trasformandoci in ciò che siamo, splendenti frammenti siderei, meravigliosi se fluttuanti in costellazione

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Continuiamo a restare macchine, freddi menti produttive, e seguiamo e poniamo in essere beni e bisogni. La Realtà è un gioco a somma zero. Ascoltando il cuore, seguendone il palpito, potremmo planare.

La Verità è nel nostro agire stupiti, è l’Amore, irrazionale desio, è la Bellezza, che si fa contemplare e contemplando si contempla e ci innalza, plasmando l’abbraccio universale. Ciò che pulsa da millenni, cultura ancestrale ed attualissima al di là della moda.

Saremo un giorno sorpresi del nostro inutile vagare seguitando gli schemi, nel nostro confuso ragionare, della nostra smania di darci e dare al mondo ed agli universi coordinate.

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Aghata I al periplo dell’aurora, tra nubilosi cristalli brillantini, la pruinosa overture spalancata discende non visibile. Ed il turchese è cobalto, il celeste metilene, l’indaco blu di Prussia, blu oltremare lo sguardo di sbieco spalanca il confine. Socchiusa la porta del brivido, gelido assenzio celato.

Il primo mattino è l’occhio di donna, abbellita allo specchio.

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E lì mi fermai, dopo la tempesta notturna di sideree clorofille.

Tutto fu calmo, lucente ma immobile.

Scoprii che quelle palme pulsanti di vita, greensleaves del domani, belligerio notturno, frastuono e fracasso, erano orme che reggevano il valico ed in ammaliante bellezza sostenevano il guado.

Il precario rifugio lungo il sentiero dell’esistenza, la mia, andava preservato nel cuore ma lasciato alle spalle pel transito eterno verso le braccia nubilose spoglie del tempo.

Io fiaccola muta, tu futura viva fiamma.

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Uno, visibile.

Nel grande.

Uno due terzi di esso in tre, sè medesimo fattore-anima, fattura mezzo-corpo, estrinsecazione del fattore per mezzo della fattura – spirito.

Nel piccolo

Essere fattore, fattura corpo mezzo, spirito messaggio. Estrinsecazione attraverso tale processo, ossia manifestazione di esso: Apparenza

Altro terzo dell’uno. Ribelle. Nostalgia dell’ Uno stesso. Sempre in tre parti. Scimmiottamento del Fattore, Nulla ossia Non Essere. Fattura/Corpo, contro Amore e Bellezza. Spirito, Divisione.

Estrinsecazione del processo ossia manifestazione di esso, Etalagia

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Jago. Scultura a Piazza del Plebiscito-già Largo di Palazzo-

Ocra d’ansia rannicchiata.

A Largo di Palazzo si fanno novi Plebisciti pe’noi tutti. Paura e orrore, desio di ritorno, embrione e protezione, rannicchiati e incatenati, imbragati noi tutti inermi.

Ed il futuro incerto ricolmo di germi e rifiuti.

Largo di Palazzo illuminato. Ma l’innocenza irrompe marmorea pura nel tintinnio opaco di colori, iride festosa, arcobaleno, ponte, speranza, ma nubilosa e oscura nell’essenza che le manca.

Mai tanti Andrà Bene e mai il vivace cromatismo fu così muto, solcando il pestifero Stige.

Ed è quella purezza incontaminata che disarma inautenticità e chiacchiericcio che deturpano la Nostra nobile Terra.

Siamo tutti embrioni senza liquido e immobili non nuotiamo. Statici.

Tornerà il mare, nostalgici ora, planeremo un giorno tra le acque infinite del cielo, maestose del cielo dei cieli, tra la linfa vitale della Terra. E sarà creatività e libertà, e amore, bellezza, e sarà varcare la nuovissima frontiera.

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Joe Biden XLVI Presidente degli Stati Uniti d’America.

Il secondo Presidente della storia USA cattolico dopo Kennedy.

Kamala Harris primo Vicepresidente donna e nera.

Vi auguro buon lavoro per il bene degli USA e del mondo.

Tralasciando le multinazionali del Petrolio, i Signori della Guerra, per fonti energetiche alternative e gratuite per tutti. Potete farlo se tralasciate gli interessi egoistici e la sete di danaro e potere.

Stesso per le multinazionali delle armi, a che non vi siano guerre.

E soprattutto ricordatevi di tutti coloro che sono venuti in USA dal mondo, di qualsiasi razza o etnia. Eliminate ogni forma di discriminazione perché vi considerate la nazione più potente, ma senza loro, senza di noi, nulla sareste stati se non cercatori di pietre preziose ed oro nel fango, cowboy.

Eliminate la legge del più forte che ancora è nel vostro sangue.

E soprattutto ricordatevi ed onorate i legittimi abitanti delle vostre terre, che non sono i puritani e galeotti Padri Fondatori, ma quegli indigeni che avete sterminato e ridotto in riserve, come fossero esotiche belve.

Voi siete loro ospiti, ridategli ciò che è loro.

Un Cattolico ed una donna nera potrebbero essere una buona occasione.

Per il bene di tutti!

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San Giovanni Duns Scoto, OFM, Dottore della Chiesa (Doctor Subtilis)

Di ineccepibile condotta, noto soprattutto per la sottilezza e precisione non solo nelle argomentazioni ma nei temi teologici trattati che studiava con rigore scientifico e sviscerava con spirito investigativo.

Tra le più note dispute quella sulla Immacolata Concezione di Maria Madre del Cristo. Quaestio disputata soprattutto con i fratelli dell’OP, molti dei quali contrari.

Solo secoli dopo papa Pio IX, l’8 dicembre 1874, ne dichiarò ufficialmente il dogma con la ‘Ineffabilis Deus’.

Il dogma della Immacolata Concezione non attiene solo alla verginità della Stessa ed alla concezione virginale del Cristo, ma è più ampio e riguarda la incorruzione della stessa, unica creatura che è nata senza peccato originale. La figura di donna che si contrappone tanto a Lilith, che si lascia travolgere dal peccato quanto ad Eva che si lascia sedurre da esso.

La Madre di Dio pone il peccato sotto ai suoi piedi, questi non può insidiargli il calcagno.

Il dogma in esame è il penultimo, il successivo ed ultimo sarà proclamato il 2 novembre da papa Pio XII. L’Assunzione in Cielo di Maria, Assumptio. Anzi a nostro avviso sarebbe più opportuno dire Caelo Recepta, termine che esclude la dormizione, ovverosia la morte cui segue l’Assunzione. Tutto ciò tenendo conto del dogma della Concezione Immacolata che, crediamo, escluda, la dormizione e quindi la morte, data la incorruttibilità, unica creatura senza peccato non può passare per la morte. Per il Cristo è diverso perché si è fatto uomo ed è Dio e, prima della Resurrezione e della Ascensione, la sua morte e discesa agli inferi era necessaria per la nostra salvezza e per quella dei Giusti e non prima della Sua venuta.

I due dogmi sono dunque collegati tra loro.

Attendiamo il dogma della Castità di Giuseppe, padre del Cristo. Castità molto avversata e contrastata, su cui non vi è unanimità.

Ma a Nostro avviso è un aspetto di non poco momento. Sappiamo che Giacomo, ad esempio, era fratello di Gesù, ma come d’uso ebraico i fratelli erano anche i cugini di primo grado, anche a Napoli si dice ‘Frati Cucini’.

La Castità di Giuseppe è fondamentale perché, se la Madre di Cristo rappresenta la Chiesa tutta, fedeli e clero, la Castità di Giuseppe rappresenta il solo Clero, secolare e regolare, con i voti, rispettivamente di Celibato e di Castità.

Giuseppe, infatti, si fece carico di diversi parenti, di orfani, etc. già prima che gli fosse data in sposa Maria. Era anziano e non aveva conosciuto donna-castità. Era giusto e non ripudió Maria, anzi rimase accanto, educò con Lei Gesù, come il Clero col popolo, nella preghiera e nel lavoro. Rimase Celibe. Non ripudiando la Vergine trovandosi un’altra donna.

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Il 9 novembre 1989 cadeva il Muro di Berlino.

Un giorno epocale, un evento epocale, frutto di un lavoro lento e fecondo, cui tanta ala spese la Chiesa e Giovanni Paolo II, con Solidarność in Polonia, con il celebre primo discorso ufficiale del Pontefice, rivolto ai giovani ‘Non abbiate paura, aprite le Porte a Cristo, i confini degli Stati etc.’

Un giorno che avrebbe poi portato alla caduta del blocco sovietico dell’Est. Sino all’incontro ufficiale di Gorbachev col Papa stesso, il 30 novembre dello stesso anno, ed alle dimissioni del Presidente dell’ URSS, nel 1991.

Si aprivano le porte ad una nuova era, e con la medisma speranza i miei pensieri vanno ai Muri che vogliono alzarsi oggi e che in alcune nazioni si alzano a danno dei migranti, alla situazione in Polonia, rischio per i diritti umani e l’ Unità della Santa Chiesa, ai Cristiani perseguitati in Cina ed in ogni parte del mondo, a questa barriera, a questo muro, invisibile ma orrido che ha creato un frammento di acido ribonucleico ricoperto da una capsulina, un muro che divide.

E tutto ciò che divide è opera di colui che crea discordia, non divina.

Posto questo breve ed interessante documentario sul periodo di novembre /dicembre 1989, a che ci immergiamo in quel periodo.

Ed anche per, ripeto, comprendere la importanza della Chiesa e del Papa san Giovanni Paolo II nella caduta del blocco. Una importanza che non può non dargli l’attributo di Magno per l’incredibile e pacifico ruolo svolto nel modificare la situazione politica e geopolitica internazionale.

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San Leone Magno, Pontefice; pacificamente Egli accorse ai confini italici e fermò Attila, “Flagello di Dio”.

Un episodio cardine della Nostra storia, come fu con Annibale e come poi sarà con la battaglia di Lepanto, forse le tre vittorie che hanno reso possibile il consolidarsi della Nostra Europa, dei Diritti Umani.

Quest’anno ricordiamo i 500 anni dalla salita alla Casa del Padre del genio Raffaello, e ci ha accompagnato e ci accompagna tutt’oggi la copia del suo affresco: “Leone Magno incontra Attila”, situato nella Sala delle Galere, sala conferenza stampa di Palazzo Chigi, sempre alle spalle del Presidente del Consiglio dei Ministri professor Giuseppe Conte, nelle dirette, in questi difficili tempi di pandemia.

L’originale è nelle Stanze Vaticane, specificatamente nella Stanza Eliodoro.

Speriamo che, a guisa di come fermò il “Flagello di Dio”, il grande pontefice possa intercedere a che si fermi questo Nuovo Flagello, un frammento di acido ribonucleico protetto da una capsulina che sta mettendo in ginocchio l’intera umanità.

E che a questo collaborino proficuamente ambedue i poteri, Temporale e Spirituale, senza speculazioni o interessi, di lontano e splendente, in sella al proprio bianco destriero, raggiante, il pontefice, lo spavento delle truppe di Attila e di Attila stesso a tal visione, ed il piede del soldato, che ancorato a terra ferma l’avanzata degli avversari che inaridivano al passaggio il corpo e l’anima, la bellezza.

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Etereo oscuro splendore.

Le luccicanti dimesse al volo della libellula, gelido inossidabile armamentario ciondolante. Empireo fisso il tuo décolleté!

E accennati i tuoi cirri arcadici, arcaico velo, acquatica cascata lieve, varco sui tenebrosi occhi fascinosi. Il tuo sguardo bacchetta gli universi, ipnotica seduzione disarmante.

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Quando sui muri, contro l’oppressore, si scriveva Viva V E R D I!

Musicista sublime e colto, negli ultimi anni della sua vita compose sulle partiture senza musica.

Aida, come sei bella! Canterà anni dopo Rino Gaetano.

Verdi musicista del popolo dalla cultura musicale sterminata.

Il Va Pensiero, del Nabucodonosor, anticipa i Nibelunghi di Wagner, la Cavalcata delle Valchirie.

Verdi, del popolo, per il popolo, con il popolo, per la musica. Gli italiani cantavano le sue arie colte, richiami soavi a metriche antiche, come nella Aida, come nel Nabucco

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San Alberto Magno, Dottore della Chiesa. Doctor Universalis dalle conoscenze proteiformi, molteplici, Teologo eccelso e sublime oratore, maestro del grande Tommaso d’Aquino.

Il suo sapere spaziava dalla Grammatica, Retorica e Dialettica alla Geometria, Astrologia, Alchimia, Ingegneria, Matematica, Chimica, Fisica, Botanica, Zoologia.

Tutto sapientemente collocato nel contesto delle Sacre Scritture.

Dal Sapere Universale mostrò come la Ragione e la Fede non siano inconciliabili ma L’Una conferma e specchio nel reale dell’ Altra.

Grande inventore ed architetto, costruì macchine ingegnose, tra cui le prime serre per la coltivazione, un marchingegno che conservava il ghiaccio, antesignano dei nostri frigoriferi e tanto altro.

Purtuttavia il Suo stesso pensiero fu confermato dagli ultimi giorni della sua vita.

Durante una lectio perse completamente la favella e la sua mente fu annebbiata. Il cervello mano mano si spense nel tempo e il Doctor Universalis divenne muto.

Ciò gli era stato preannunciato da un arcangelo quando prese i voti.

La sua fine è il suo ultimo insegnamento, ovverosia che, per quanto magna, la Sapienza non è dell’uomo su questa Terra, è prerogativa divina. E la Conoscenza Universale qui possiamo percepirla, ma solo quando contempleremo Dio ne faremo parte!

Protettore degli Scienziati e soprattutto delle Scienze Naturali, preghiamo a che interceda per tutti i ricercatori a che si trovi una soluzione per questa crisi pandemica!

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L’agire umano dovrebbe seguitare la Bellezza non l’Utilità.

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Il sole scardina opacità, pioggia onirica

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FUTURO. La giornata dei nostri Giudici.

I bambini e gli adolescenti.

Coloro che scriveranno di questi decenni bui. Di inerzia politico/ socio/economica nonché giuridica.

Siamo le peggiori tre generazioni della storia dell’umanità.

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Il desio armonico spinge il ritmo. L’ultimo frammento.

La tua essenza è il foco che inarrestabile strugge tempestoso il gelido respiro, l’oscura dimora, cobalto le tue labbra, pneuma l’effige, sospiro. Vessillo,

naufragio del senso.

Luminosa aurea, volo magnifico. Guizzo di delfini la mano

repentina su flutti eterei.

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La scelta di Paride rappresenta le tentazioni cui è soggetto l’essere umano.

Eris, dea della discordia, lancia un pomo con scritto ‘alla più bella’. Discordia ed invidia, come colui che divide, il Serpente Antico. Con la scritta alla più bella snatura il concetto di bellezza rendendolo merce vendibile, pomo d’oro, trofeo, Etalagia.

Le Tre Dee sono prefigurazione delle tre donne, dei talenti, corrotti dal mercato.

Scelgono un pastore, ossia un uomo semplice ma dalla capacità di discernimento eccelsa.

Scendono quivi sulla Terra e accecate accecano il discernimento, barattandolo, vedendolo, promettendo. Al centro Atena, Albero della Conoscenza, ai lati Afrodite, fico, frutto dell’Albero, ed Era, il Potere, ma anche il Focolare Domestico. La Famiglia.

Paride non sceglie con discernimento, preferisce possedere la donna più bella del mondo, cade nello stesso errore, accecamento delle dee. Possedere ossia snaturarne la Bellezza.

La Guerra di Troia simboleggia la discordia tra gli uomini, il primo epico scontro.

Adamo seppe rifiutare Lilith che voleva dominare, stare sopra. E facendolo avrebbe corrotto Adamo e spinto a fare altrettanto, alla sete di dominio.

La donna Eva invece fu sua pari. Ma cadde nella tentazione e assaporó il fico, il frutto dell’ Albero della Conoscenza. Il Serpente Antico mostra ciò che non è. Divverrete come Dio. Invidioso dell’essere umano superiore agli angeli stessi e simile a Dio in quanto ha un corpo. Invidioso della bellezza persa vuole far perderla agli esseri umani. Vuole corromperli secondo la Sua logica. Essere come Dio. Peggio. Essere Dio.

Corruppe già Lilith, corrompe ora Eva, che a Sua volta corrompe Adamo.

Ma prima ancora che Dio intervenga capiscono e si coprono con la foglia del frutto mangiato. Si vergognano della loro Bellezza sporcata. Dell’atto impuro commesso.

Le tentazioni le subirà Dio stesso Figlio, nel Deserto. Dal Serpente Antico. Che getterà il suo Pomo d’Oro per invidia.

Approfittando della debolezza. Quando Dio Ebbe Fame. Afrodite e la lussuria, il trasformare le pietre in pane. Atena, la superbia, buttati dall’altura ed ordina ai tuoi angeli di soccorrerti, la Serpe vuole convincerlo con la Conoscenza delle Sacre Scritture. E infine Era, il potere su tutto il mondo, la Cupidigia, il cedere alle tentazioni del mondo. L’essere del mondo. Scendere dalla Croce.

La fragilità di Dio, fatto uomo, viene vinta dalla Vera Conoscenza. Quella fatta dal legno dell’ Albero della Conoscenza. La Croce.

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La Presentazione di Maria al Tempio prefigura la venuta del Cristo e la Presentazione di Questi al Tempio.

L’abbandono all’età di Tre anni, simboleggia la Trinità di Dio, i primi tre anni Maria li visse con la famiglia, come bambina qualunque, nel Primo si plasmó e perfezionó il Corpo, nel Secondo fu limata l’Alma, nel Terzo fu illuminata dallo Spirito Santo.

Come le nostre suore fu poi affidata al Tempio. Le donne che l’accompagnano con le lanterne accese rappresentano l’omaggio alla Luce Vera che veniva nel mondo.

I Quindici Gradini prefigurano sia la Resurrezione che la Ascensione di Cristo sia l’Assunzione di Maria stessa.

Il numero 15, poi nella cabala è detto ‘Bella Fanciulla’, simboleggia proprio ciò che smaschera il Male. La Purezza, l’Innocenza, in contrapposizione al Peccato Originale, da  cui Maria è immune. Il 15 poi è per gli ebrei il Numero Beneficio per Eccellenza poiché ad ognuna delle cifre che lo compongono viene assegnato il senso di rappresentazione della prima e seconda lettera di Jehovà. Parte femminile di Dio, di cui Maria è rappresentazione umana, non ovviamente coincidenza con Essa.

A 15 anni inoltre Maria concepirà il Cristo, posseduta dallo Spirito Santo. A 15 anni di età non 12 come sostengono alcuni, a 15 anni di età e 12 di permanenza al Tempio.

Ancora, Ella sarà custodita nel Sancta Sanctorum, accessibile solo al Sommo Sacerdote e luogo in cui è Presente l’Arca della Alleanza, contenente le Tavole della Legge. Ella è cioè custodita dal peccato nel Tabernacolo, ove Sarà Custodita l’Eucarestia Stessa. Protetta, ancora prima della Sua Venuta al Mondo, dal Corpo e Sangue di Cristo versato per la Redenzione dei Nostri Peccati.

Per di più, oggi, contestualmente alla Presentazione si ricorda la Fedeltà di Maria, e la Sua Verginità. Virgo Fidelis. Gli attributi che ne designano l’ Umiltà e l’Obbedienza a Dio, aspetti primari della figura stessa di Maria.

Concludendo ricordo che la Virgo Fidelis per decisione di Pio XII dell’11 Novembre 1950 è Protettrice dei Carabinieri, il medesimo giorno il Pontefice mise la Polizia di Stato sotto la Protezione di San Michele Arcangelo, la cui ricorrenza è il 29 settembre. Segno tangibile della intenzione del Papa di sottolineare la alta funzione di servizio che le Forze dell’Ordine italiane svolgono.

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Ognuno ha la sua ‘Credenza’ ovverosia ‘Forma di Conoscenza’.

Incorniciato dal nero del Corpo movente l’Alma ribelle e rossa viva, che spande luce dello Spirito pura intorno. Ribelle , il rosso a destra supera e sbava fuori la cornice assetato di spirito ed illumina il restante.

Aura del Reale il Vero!

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Assieme al Re Davide, dalla cui discendenza è sorto il Germoglio Divino,  Santa Cecilia è protettrice di musicisti e cantanti.

Davide fu un grande cantore e musico, i Salmi sono i suoi inni, il più piccolo, un semplice pastore, abilissimo nell’arte della musica, tanto da trovar le frequenze giuste per mettere di buon umore e placare l’ira del Re suo predecessore, persino quando era ormai debole di mente e accecato da invidia e bramosia.

Non solo suonando ma anche soavemente agendo, con grazia, come quando, perseguitato, gli rubò la spada senza ucciderlo. O quando, prima, sconfisse la brutalità di Golia con una semplice frondola, colpendolo al terzo tiro, di lontano, l centro della fronte. Perché l’uomo che fa tacer quell’occhio, il terzo, è solo forza muta, cieca.

Il corpo di Santa Cecilia è rimasto, ancor oggi intatto. Come sempre sarà la musica, Dio stesso è primo musico col suo Verbo, il suono della divina voce crea la luce dalle tenebre, ‘sia la luce’ e crea tutti gli essenti e dà vita al fango col pneuma, dà vita all’uomo. Anche Giovanni iniziò il Vangelo con una musica, in principio era il Verbo. E le Sacre Scritture non sono forse cantate?

E cosa è il Paradiso se non un immenso concerto in cui tutti noi cantiamo e poghiamo senza invidia per la fila in cui siamo, cantiamo rapiti dal canto dell’Empireo nostro Divo.

Auguri a tutti i musicisti e cantanti che, con la musica e la voce, ci anticipano quello che sarà il maraviglioso concerto eterno!

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In memoria di tutti coloro che, quaranta anni or sono, furono colpiti dal terremoto dell’Irpinia. Onore ai deceduti, onore agli sfollati. Giustizia contro coloro che hanno speculato, a livello edilizio, su questa come su altre catastrofi.

Vorrei ricordare, in questo periodo di pandemia, la Protezione Civile.

Prima del tragico evento di Alfredino Rampi, compiti di Protezione Civile erano affidati ai Vigili del Fuoco, alla Polizia di Stato ed all’esercito. Il grande Presidente della Repubblica Pertini ideò un vero e proprio corpo di Protezione Civile, con un apposito ministero, assieme alla madre di Alfredino.

C’è da dire che la prima azione concreta del nuovo corpo, istituito con decreto 87/1982, convertito in legge 127/1982 fu proprio in Campania, nelle zone terremotate.

Occorrerà, però, attendere il 1992 per porre in essere il Dipartimento di Protezione Civile così come lo conosciamo, a livello nazionale, e facente capo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Onore agli uomini della Protezione Civile, per la loro opra durante il terremoto, tutte le emergenze naturali e non, ed oggi per la loro presenza in prima linea, al servizio e supporto dei cittadini, contro il Covid 19

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Stasera pensieri per te;

tra leziosi ruscelli

ed incanti silvani,

oasi salmastre

di perduti desii

d’assoluto,

sbocciano rovi

di memorie urbane,

muto il fracasso assordante

petalo sparso,

nostalgico alternativo

il silenzio del vento.

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L’Apparenza è l’Essere che si manifesta ed è.

L’Etalagia il non essere che manifesta il suo non essere e non essendo trae forza abbeverandosi all’Essere ma scimmiottandolo e sovvertendolo, provocando distruzione e divisione, ovverosia trae la forza per distruggere ciò che Appare dell’Essere nel Reale.

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La donna è etimologicamente Domina, colei che dirige, organizza, gestisce-senza donne l’uomo non andrebbe da niuna parte, propenderebbe alla estinzione. Ma la donna è anche Femmina, ossia colei che fecunda, feconda, come la terra, che dà i suoi frutti saporosi. E allo stesso tempo Femmina deriva da Terra Umida, di qui il legame forte con la terra e con l’acqua, che hanno dato inizio alla vita, sin dai primordi, sin da prima della comparsa degli esseri umani.

Ma la Donna è anche Eva, colei che è stata tolta da una costola di Adamo. Come a dire, ah Adamo, da solo nun può fa’ niente. La costola, quella che protegge il cuore e che Adamo deve proteggere, come libera lei protegge egli, dando al nomoteta/scienziato la passione, non il mero raziocino. La costola, etimologicamente Costa, di qui il legame ancora con la Terra ammuduta, umida, feconda di esseri viventi e che feconda gli stessi. La costa, che è ciò che tiene assieme le pagine di un libro, altrimenti sperse, alla rinfusa. Colei che ci ricorda che nous serons tous egaux sous le pavé la plage!

E come diceva Edith Stein:  “La Donna Abbraccia l’Anima”

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La Polizia di Stato italiana è stata tra i primi Corpi al mondo ad aprire alle donne. Già nel 1959, se si pensa che le altre forze armate italiane apriranno l’accesso al gentil sesso solo nel 2001Costoro hanno svolto e continuano a svolgere un eccelso lavoro anche nel sostegno e nella prevenzione delle donne vittima di violenza domestica e di stalking/atti persecutori.

Nel dicembre 1959, infatti, per esigenze avvertite a tutti i livelli istituzionali, venne impiantato il Corpo della Polizia Femminile, con compiti di prevenire e contrastare fenomeni che oggi chiameremo di “bullismo” nonché, soprattutto, di contrastare e reprimere reati commessi da donne o da minori ed a tutela di questi ultimi.

A Napoli si distinsero per spirito umanitario e filantropico, non solo contrastando i reati ma soprattutto in una lodevole attività di prevenzione, controllo ed aiuto soprattutto di due fenomeni: prostituzione ed evasione scolastica dei minori.

Nel 1981, con la riforma, la polizia femminile fu inglobata nella Polizia di Stato

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Ipazia è Caterina da Alessandria?

Oramai è sera e la giornata contro la violenza sulle donne tende al termine.

Ma come tutte le giornate di memoria è un giorno di inizio, un giorno che ci ricorda l’importanza delle stesse. Sempre.

Ho postato diversi commenti e riflessioni. Un ultimo e, lasciatemelo dire, ardito è d’obbligo.

Oggi ricorre anche, ironia della sorte, la ricorrenza di Santa Caterina di Alessandria. Protettrice delle giovinette, delle studentesse e delle adolescenti, anche da atti di bullismo oppure violenza di genere.

Ma chi era Caterina d’Alessandria. L’hp ardita, su cui tornerò più lungamente altrove, è che la medesima sia Ipazia.

Ma vediamo, vissero nella stessa epoca 300/400 aC, all’epoca di Cirillo di Alessandria ma prima che questi divenisse diciamo vescovo della terza capitale del Cristianesimo di allora. Un Copto più che Cattolico.

Che significa Ipazia? Etimologicamente Suprema, lancia di Apollo, Regale. Donna dalla profonda sapienza, ebbe modo di consultare e studiare al Museo di Alessandria prima del secondo incendio.

Caterina di Alessandria. Stessa epoca, stessa città, donna di profonda sapienza ed insegnante di studentesse.

Il suo nome significa kataros, puro, vd la setta dei Catari, discendente, in parte, dai Manichei. In riferimento non solo alla verginità e purezza, come Ipazia, ma anche per la vita dedicata agli studi. Non è un caso che nel 1200/1300 era oggetto di tesi, alla Sorbona, di diversi aspiranti Teologi. Il nome infatti significa anche Aikaterine, ossia variante del più antico Ekaterine, collegato sia con Hekatos, attributo di Apollo, dall’aggettivo Hekatebolos, attribuito di Apollo – traducibile con lanciatore di sapienti saette, la sua parte femminea, sia appunto con Hekate.

Caterina era figlia dell’ agitato sapiente anche delle arti mediche e frequentatore assiduo, con la figlia, che già aveva fama di magistra.

Quando ebbe soli 18 anni l’imperatore Massimino, in visita ad Alessandria, obbligò tutti ad andare al tempio a sacrificare torelli e volatili.

Caterina si presentò al Suo cospetto bella, aggraziata, fiera, con sguardo profondo e trasudante sapienza con tutti i suoi domestici. Rifiutò il sacrificio ed anzi con dialettica fuori dal comune convinse tutti i presenti a non sacrificare ed a convertirsi al cristianesimo. Questi furono da lei persuasi che il Cristianesimo era la Verità.

L’imperatore, su tutte le furie, fece uccidere gli astanti ma perse la testa per Caterina, questa respinse le sue avance.

Fu condotta in prigione e visitata dalla imperatrice e dal Tribuno Porfirio.

Ambedue si convertirono e Massimino, accecato dall’ira uccise ed amputò il seno alla consorte e massacrò Porfirio e tutti i suoi soldati sottoposti.

Poi scarcerò Caterina per sottoporla al supplizio della Ruota, di modo da squoiarla per benino.

La Ruota tuttavia si frantumò e allora fu decapitata.

Dalla sua testa grondò non sangue ma olio e latte. La sua sapienza curativa e dotta e la semplicità del cuore.

Caterina /Ipazia. Le icone del Femminismo e della Sapienza Femminile. Nonché difensrici delle giovani donne, delle adolescenti, loro  Magistra.

Umile dallo sguardo Fiero. Dinanzi a ciò la Ruota della Violenza e la Bramosia/Sopruso incarnati dall’Imperatore non trovano e non troveranno mai vittoria!

Viva le Donne!

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Sant’Andrea, fratello di Pietro. Primo seguace di Gesù assieme al Fratello ed a Giovanni, esercitò, dopo la Pentecoste, il servizio sino alle radure dell’est centro europeo, dalla Scizia a Ponto Eusino, dalla Cappadocia alla Galizia, dalla Bitinia alla Acacia.

Nominato Vescovo di Patrasso ivi subì, in età avanzata, il martirio, – ultimo dei dodici apostolo martire- issato sulla famosa ed omonima croce decussata, ad X.

Il suo corpo fu traslato prima a Costantinopoli e poi ad Amalfi.

Protettore dei fabbricanti di corde per imbarcazioni, la croce di Sant’Andrea, a X, ne rappresenta la concretezza e la stabilità, la semplicità ed il forte legame con la terraferma. Per questo, non a caso, ad Amalfi sarà inventata la bussola, legame sicuro con la terra dei naviganti, il cui nome deriva proprio da bosso, πύξος, una pianta sempreverde che cresce anche nei luoghi aridi, quelli ai confini con l’Asia in cui il Santo predicò.

Il 30 novembre 1786, nel Granducato di Toscana fu emanato il Codice Leopoldino, esteso poi con l’Unità di Italia a tutta la Nostra Nazione ed applicato ove più favorevole al reo rispetto al primo codice unitario, il Codice Zanardelli.

L’Italia per prima ha abolito la pena di morte e la tortura. Il sangue non è giustizia, lo Stato non deve essere un assassino.

Un pensiero a tutte le vittime dei Paesi in cui ancora questa brutale pratica è adoperata.

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San Charles de Foucauld. L’uomo della universalità, del dialogo, della ascesi.

Condusse una giovinezza da scapestrato, credendosi libero, da tutto e da tutti. Prestò il servizio militare e fu congedato con disonore per ‘Manifesta Insubordinazione’.

Credeva di essere libero ma era inquieto.

Solo quando incontrò Gesù la sua vita cambiò e trovò in lui la vera libertà, il vero essere uomo libero, libero dalle gabbie mondane, dalle catene diaboliche e dagli inganni del facile godimento.

Mutò nome in Carlo di Gesù, Carlo, etimologicamente Kart, uomo libero, e libero col Cristo nel cuore.

Divenne Trappista e poi Monaco errante, nel Nord Africa, terra ancor oggi ‘calda’, in Marocco, in Algeria dialogò coi Musulmani ed aiutò i bisognosi.

Si ritirò poi in una grotta e, da anacoreta, visse i Suoi ultimi anni servendo Dio in totale contemplazione, lottando in ascesi contro gli spiriti mondani.

Morì vittima di predoni, con la Santa Eucarestia in mano.

Santo degli ultimi, fine ed umile teologo, alla ricerca della Universalità tra popoli.

La vera globalizzazione che nulla ha a che vedere con il danaro ed il potere!

Un abbraccio universale a tutti!

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I Paesi più colpiti restano quelli africani. E certo il ceppo non è nato lì. E lì non ci si ammala per distrazione, dimenticanza o noncuranza.

Prevenzione ma anche una inscindibile Responsabilità ed una Axiotica condivisa che regge il tutto! Qui da noi lì da loro è per quelli che ora sono qui. Altrimenti si cade in un orrido razzismo ed una odiosa ipocrisia!

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La Gedachins, la memoria, l’insegnamento degli anziani!

Per non dimenticare e perché gli orrori non ritornino.

Forza Sottotenente Bruna, Partigiana, Cattolica, Comunista, Ambientalista.

Non sei il passato ma il futuro!

Lidia Menapace Vive!

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Immobile e dinamica ed attualissima.

Come scriveva l’allievo di Sant’Ambrogio, Sant’Agostino, parafrasando, non è il Cristianesimo che ha causato la caduta dell’Impero Romano, ma è lo stesso che ne ha consentito il preservarsi. Non ha tradito i mos majores Romani ma li ha illuminati, aborrendo i costumi pederastri, rendendo il concetto di Pietas non un privilegio di Guerra o dei Giochi ma una universale Compassione! Ha reso la Pax Romana che è morte, dominio, soggezione, uniformità in Pace Cristiana che si apre agli altri!

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L’empatia è un’arma, lo può diventare, pericolosissima, micidiale! Potrebbe essere usata da barattieri, truffatori, ricattatori, estorsori.

È un’ arte, è un’arte che non ha nulla a che vedere con tutto ciò. Insegnarla, per insegnarla, non si potrà mai farlo. Non ci rendiamo conto che può essere utilizzata per dividere e distruggere.

Non è una lotta, non è una battaglia, non è una guerra contro l’altro.

Non è una tecnica per interrogare o guarire o mettere alla prova l’altro.

È un’arte che si apprende reciprocamente, tutti assieme, l’uno con l’altro. È l’Amore attivo e fattivo, la Bellezza Creatrice e Contemplata.

Leggere nella mente è facile, basta generare Paura, abbassare le frequenze, le vibrazioni dell’altro. Ma leggere nei cuori è scoprirsi, elude il distacco, è coinvolgimento, lettura sorgiva che fluttuando s’innalza, è innamoramento universale. È complicità, intesa.

Non può esistere empatia senza simpatia. Non si può etichettare e capire l’altro, né la Natura, né gli Universi, ma udirne la melodia, estasiati.

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La tolleranza e l’ascolto dei Cattolici, che non condannano ma cercano di capire, dialogano.

In Messico, come quasi in tutto il Sud America la presenza Cattolica, della Inquisizione con l’influenza della Seconda Scolastica ha fatto sì che non si ponesse in essere uno sterminio di indigeni.

Negli Usa protestanti e puritani non ascoltavano i Nativi, non ne studiavano usi e costumi per imparare, li soggiogavano, commettendo un tremendo genocidio, sino a ridurli in riserve.

La Grandezza del Cattolicesimo è il porsi in ascolto e, proprio il Nostro Pontefice, argentino, sta dandoci tale esempio.

Oggi ricorre la memoria della Vergine Maria Santissima di Guadalupe.

Lì non vi fu condanna, ma ascolto, dialogo con i nativi messicani.

Nel tempio ove ora è conservata la icona della Vergine, di cui non dico per brevità i prodigi, le guarigioni e i segni sulla effige inspiegabili scientificamente. Dirò solo che ivi sorgeva il tempio della dea Tonantzin, dea della Fertilità, ma che aveva, oltre ad aspetti positivi, anche risvolti oscuri. Con l’ascolto il tempio fu consacrato alla Madre di Dio, in Guadalupe. E gli stessi nativi notarono che le tenebre, altra faccia della medaglia di Tonantzin, scomparvero. E nacque sorgente benefica, senza timori. Venerata sin da subito!

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San Giovanni della Croce.

Fedele a Dio sin dalla più tenera età fu ordinato Sacerdote e fece parte dei Carmelitani.

Teologo sottile, studiò alla Università di Salamanca. Incontrò Santa Teresa, mistica anche ella.

Gli ultimi mesi della sua vita li trascorse in carcere, per un errore di giudizio dei confratelli.

Quivi ebbe le sue rivelazioni mistiche maggiori, scrisse diversi e acuti testi di teologia e sublimi liriche.

Siamo nel ‘500 ed è grazie a Santi come Giovanni della Croce che molti indios dell’ America Latina si salvarono. Lo studio, la seconda scolastica, la meditazione, la poesia che tutti unisce.

Anche lontano le sue preghiere cantate in estasi hanno salvato migliaia di Indios.

un Santo a me molto caro. Se non altro perché lo lessi molto per la redazione della mia tesi di laurea in Giurisprudenza sugli Indios e l’Inquisizione.

È patrono dei teologi, dei mistici e dei poeti

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La Costituzione d’avanguardia. La sintesi dei valori cattolici e comunisti. La Costituzione attualissima. La migliore.

Grazie Calamandrei, grazie Padri Costituenti!

Ogni parola è l’essenza di Assoluto, dello Stato, del Cittadino, della Solidarietà, la Costituzione che non si ferma, come altre Carte Nazionali o Sovranazionali al Neminem Laedere , ma va al di là, con l’Alius Juvare.

L’Italia è la fucina e la graziosa sintesi del mondo. Una Donna Umile ma con lo Sguardo Fiero.

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Martirio di Santo Stefano. Primo -Martire Cristiano. Preso a Sassate sotto gli occhi di  Saulo/Paolo-che dopo la conversione divenne l’Apostolo delle genti-, una Fariseo o forse Sadduceo.

Vorrei soffermarmi, e per questa ragione ho scelto questa opera di Giulio Romano, conservata nella Basilica di Santo Stefano a Genova, del 1521, in primis in onore a Raffaello, di cui il Romano era allievo. in secundis perché meglio racconta le parti essenziali del martirio.

Ed occorre semplicemente soffermarsi su alcuni termini e sulla loro etimologia, ricordiamo che le Parole sono importanti -In principio era il Verbo Gv1;1-.

Stefano fu lapidato, preso a sassate perché umile ma fiero, non temeva di diffondere il Verbo, di dichiarare pubblicamente, in piazza, l’Evangelo, la Buona Novella.

Preso a sassate, le pietre, che sono il corpo delle parole, Petrus, Petros, Khefa, la struttura di esse, l’edificazione della Chiesa, il Tempio ove i fedeli possono riunirsi. Roccia forte, casa costruita sulla roccia, roccia possente.

ma le pietre, i sassi, se preservano in sé invidia e rancore, superbia, sono armi da guerra, terribili, da sempre. Non feconde.

Pensiamo infatti all’origine antichissima di “Petra”, “Rokka”, preindoeuropeo, era un’arma terribile, la prima arma dell’homo sapiens, ma era anche strumento proficuo, base, sostegno, della conocchia, strumento per filare. La Rukka, che è la Chiesa Cattolica apostolica di Roma, è il tempio, la Struttura, la Rukka, la Roccia, il Rock, che consente di diffondere in frastuono canti armoniosi a Cristo. Di fermentare la Parola con a musica. Pietro è anche Rock. La Chiesa di Roma è Rock.

E Stefano è Martire, martire, una parola maravigliosa, nel XVIII del Paradiso il Nostro Dante scriveva “Marte sempre con l’arte sua la farà trista” riferendosi ala Statua di Marte in Firenze, decapitata, ed allo stesso tempo alle guerre, che dividono, creano scissione. E qui il Sommo Poeta pone una magnifica analogia con l’altra Statua, quella del Battista, del precursore, di Giovanni Battista, martire e profeta, decapitato per invidia, superbia e lussuria.

Martirio, termine che rimanda sia a Marte, divinità della Guerra, ma che anche alla testimonianza di fede, martyr, alla solidità della fede. Sanz’armi.

E questa Testimonianza, questa costanza, porta alla gloria, come nel dipinto ove svetta in alto, avvolti da una nube, la figura del Cristo, Del Padre, dello Spirito Santo-rappresentato da una fiammela tra Padre e Figlio-, degli agnoli che la contornano, e subito sotto il Cristo la figura Sua di neonato, al primo giorno di vita, con in lontananza, quivi sulla Terra, a sinistra il Tempio di Gerusalemme, che sembra obnubilato dalla bellicosità dei carnefici, sulla destra un Muro, che ricorda il Muro del Pianto.

Stephanos, ossia, etimologicamente, “Coronato”, è in ginocchio ed è, con sguardo rivolto al cielo, già altrove, perdonando il clero giurista e scaltro che sta per lanciare la prima pietra.

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Il mio Umile presepio non ha angeli né comete.

Perché gli angeli e le comete sono il Nostro Futuro.

Sono Loro.

Non dimentichiamo mai i Migranti.

I piccolini dell’ Africa. I piccolini che sono e saranno anche, soprattutto, l’Europa del Futuro!

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La Bandiera è la perla preziosa, ciò che ci riconosce ovunque e che ci rende Fratelli, come nella celebre poesia di Ungaretti, anche nei periodi più bui.

Fratelli e Sorelle, la Bandiera non rappresenta il Nostro Stato ma la Nostra Nazione, è la Nostra Identità, l’identità di un popolo millenario come quello italico, da sempre accogliente. La Nostra Forza ed il Nostro purpureo Potere, la Fiamma Viva ed Ardente di Vesta che Mai si Spenge, il calore l’essere ‘e Core delle Comunità del Sud, il candore come di colomba della Nostra Religione, la semplicità di un foglio bianco che i Nostri posteri, che le Nuove Generazioni, gli adolescenti, i bambini, i rifugiati, scriveranno. Il bianco delle oche che salvarono il Campidoglio. Il Verde della Speranza e delle Comunità del Nord, forza secolare sempreverde Abete, Pino, Pianura Padana, ma anche Terra Felix campana. Il colore di chi lavora la terra. Il colore di chi lavora in ogni settore nutrendo l’anima della nazione, dai contadini ai pastori, ai medici e sanitari, dalle guardie agli amministratori del bene comune, dai ristoratori ai mercanti. Il colore che instancabile guarda al futuro.

Siamo italiani ovunque nel mondo, siete italiani tutti voi che siete qui sul Nostro suolo.

Viva i Nostri Colori! In questi tempi difficili e di transizione, di incertezza,  restino indelebili nei Nostri Cuori!

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Matilde MariaJane Witharanage  la PROFONDITÀ che colma ogni singola parola di Assoluto.

Una grande artista, la delphica essenza del senso, l’arte in sé che vive sé stessa. Math Mathilde Delph.

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A ciascuno dei sette cantori le nove muse donarono un fiore, all’ottavo una viola, per ricordare

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Care Multinazionali, Signori della guerra, uomini che detenete la cd ricchezza.

Domani è la giornata della Memoria.

Serve a ricordare.

Memoria.

Fornite a tutta l’umanità i vaccini gratuitamente.

I ragazzi ed i Vostri /Nostri discendenti non dimenticano.

Fra qualche anno potrete finire innanzi ad un Tribunale Internazionale per Crimini Contro L’UMANITÀ.

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Ti posi come libellula paonazza e inondi l’assoluto.

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Che lo Spirito Santo sussurri un anelito radioso che rinvigorisca ed illumini il core di tutti gli studenti a che risplenda sempre l’amore e a che la mano sia guidata per scrivere indelebile il domani.

In questo periodo Pandemico risuonano in noi le parole del Doctor Angelicus

‘Occorre sottrarsi dalla influenza perniciosa degli agenti esterni presenti nell’ aria, procurarne la immobilità e comprimerli’.

In buona sostanza anche San Tommaso d’Aquino avrebbe indossato la mascherina e si sarebbe vaccinato.

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Il canto XXV dell’Inferno è il punto più alto del male.

Il canto VIII del Paradiso il più alto del Bene.

Il canto I del Purgatorio quello autobiografico.

Nell’uno si manifesta il tempo, nell’altro l’eterno, nell’altro ancora l’angoscia del presente.

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Arde il fuoco di Vesta riacceso mai sopito.

Riluce Misericordioso Lume, brilla l’Intelletto, alto raggio che dal cuore incendia l’umido del flemma. E scorre sorgivo mai esausto flusso aere, prometeo catena aquila divora in sé la collera.

Risplende sublimato riflesso e caldo e verde brina, musicato. Dal secondo al terzo al quinto. Settimo.

Viola nascosta, occhio celato, eterna memoria di ciò che sarà stato ed è vivendo verità di giorni prossimi venturi.

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Per capire l’inferno occorre conoscere il paradiso.

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Poi vidi la mia stessa lapide ed era un monumento, di molti sepolti oramai senza corpo. Incisa una frase che scrissi ora e visse cento e mille mani. ‘scrivete il mio epitaffio, io sto già pensando a questo Universo senza me’

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Ed a partire dal primo di cento in cinquanta, VIII inferno e XXV paradiso, alla guisa si seguisce, per ogni Canto il suo gemello.

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Se ci sono chiarissimi e familiari i quadretti di vita vissuta come canti dell’inferno appartenenti a questa vita stessa, che è terrena, i pezzi con Mogol, purgatorio è ascesa- e già- illuminata da antico nuovissimo Lume, e con lino è il paradiso e c’è comunque alla fine un inedito altissimo accompagnato e poi ancora Lucio da solo che incanta tacito.

Trabocchi dalla maggior parte del Tutto benefica, trapunta di stelle e lasci foglio bianco il resto che è nulla a che sia riempito di bene dai sogni degli altri.

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Quando un ricco si avvicina ad un essere umano vuole corromperlo o truffarlo.

Più spesso corromperlo per poi lasciarlo truffato senza difesa.

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Discorso Picciuolo al Porto.

Darwin : ho scoperto che l’uomo discende da un essere simile alla scimmia

Rabbino :ma questo lo sappiamo da tempo.

Vedi, hai scorto mai quanto di più ci sia nella, come dici, diciamo, evoluzione. Hai  copiato un po’LaMarck. Come si chiama. Sì perfezionare, migliorare. L’errore. Lo sbaglio umano. Come diranno. Montale. Disse Montserrat. Serrato.

L’errore è, diciamo evolutivo.

L’anello mancante è l’anello che non tiene.

Prima luce, Carmen.

Possiamo considerare.

Ma tu notasti quanto altro della evoluzione serba l’uomo? Il desio è la danza dei volatili, lo stillicidio sorgivo pulsante, la lava anguilla sanguigna coraggio delle vene. E clorofilla linfa vitale, protezione, piante Marte.

È della serpe il parlar meschino e del rinoceronte il mistero corazzato.

La corazzata.

Il mare sussurro sulla sua, come dite, epidermide.

L’hai provato anche tu, sensazione, al primo viaggio, al primo imbarco.

È del vento il respiro vitale. Fumo del battello il tabacco.

È del sole il pomeriggio del suo primo incontro steso lunare ed è amore.

Dei rettili le piume, ancora.

Come dici, ordini, famiglie, specie, Linneo.

O giù di lì.

Va bene è troppo presto, Ovidio.

Del gallo il canto mattutino, caffè.

Della roccia la rosa a due vele, quattro, vetriolo, ventricolo, capitello, pompa, potassio, sodio, cherubino, plasma, membrana cellulare.

Vento ancora, in poppa. Ti ricordi. Tu non ricordi. Come doganiere, casa, sciame di pensieri, sciamani Universi contatto.

Anima.

Spirito.

Corpo.

Caporale.

Uomo

Donna.

È sì c’è molto di più, non hai scoperto hai visto. Si vedrà bene, poi.

Ciao. Buon viaggio.

Arde il fuoco.

Alta la marea la luna tellurica terra.

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