Il Cavalier Modestino Orabona ricorda il “Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza” come Forza Armata e ripercorre la Sua Carriera. Nostalgia della Polizia con le stellette

Nella splendida cornice della Biblioteca della Chiesa di San Felice, da poco inaugurata e frutto della passione e dell’ingegno di Don Giuseppe Gambardella, don Mimmo Iervolino e della dottoressa Tina Esposito si è tenuta una intervista al Cavaliere OMRI (Ordine al Merito della Repubblica) già Sovrintendente Capo della Polizia di Stato Modestino Orabona detto “Dino”.

L’intervista è proseguita poi in  un altro centro, presso i magnifici giardini della Biblioteca Comunale, in queste due delizie della cultura pomilia il Sovrintendente ha accettato di sottoporsi alle nostre domande.

“Sovrintendente buon giorno, può presentarsi ed illustrarci la sua carriera?”

“ Sì buongiorno mi sono arruolato a Caserta nel 1970-70/71-, il 25 corso Allievi Guardie della Pubblica Sicurezza.

Dopo il 25° corso di polizia, fui inviato attivo presso il Reparto Celere di Roma-attuale Reparto Mobile-, svolgendo anche altri due mesi di addestramento per essere destinato a servizi speciali di ordine pubblico. Soprattutto gli interventi durante  le celebri sommosse di Reggio Calabria, che contribuii a sedare attraverso mezzi all’avanguardia e sprezzo del pericolo”.

Si tratta [na] dei moti di Reggio (detti anche i fatti di Reggio o rivolta di Reggio Calabria) indicano una sommossa popolare avvenuta a Reggio Calabria dal luglio del 1970 al febbraio del 1971, in seguito alla decisione di collocare il capoluogo di regione a Catanzaro nel quadro dell’istituzione degli enti regionali.

Con l’istituzione della Regione Calabria nel 1970 era iniziato un dibattito sulla collocazione del capoluogo, poiché più d’una città aspirava a esserlo. In mancanza di enti regionali fino a quella data non vi era legalmente un capoluogo ufficiale, anche se molti testi e pubblicazioni avevano sempre in precedenza indicato la città di Reggio (città tra le più antiche ed importanti di tutta la Magna Grecia) come capoluogo di regione.

Questa ambiguità ha origini storiche: a partire dall’epoca normanno-sveva e fino all’Unità d’Italia il territorio dell’attuale Regione Calabria era amministrativamente suddiviso in due, e fino a tempi a noi relativamente vicini si diceva “le Calabrie”, come testimoniato dalla denominazione ufficiale della Strada Statale 19, detta appunto “delle Calabrie”. Il territorio regionale era chiamato quindi Calabria Citeriore, nella parte comprendente l’attuale Provincia di Cosenza, mentre per la restante parte più meridionale della penisola, cioè le attuali Province di Crotone, Catanzaro, Vibo Valentia e Reggio Calabria, la denominazione era quella di Calabria Ulteriore.

La Calabria Citeriore ebbe sempre un unico capoluogo, o meglio, come si sarebbe detto allora, un’unica sede dell’intendenza nella città di Cosenza (già dal geografo greco Strabone definita Μητρόπολις τῶν Βρεττίων[, ovvero capitale dei Bretti o Bruzi, e BRVTTIVM era il nome della regione nella denominazione romana). L’intendenza di Calabria Ulteriore invece ebbe tre sedi in periodi diversi, ovvero Reggio, Catanzaro e Monteleone Calabro, l’attuale Vibo Valentia. Reggio lo fu dal 1147 al 1443 e dal 1465 al 1582; Catanzaro dal 1443 al 1465 e dal 1593 al 1806; Monteleone dal 1582 al 1593 e dal 1806 al 1816. Le tre città ebbero quindi tutte alternativamente giurisdizione sull’allora Calabria Ulteriore.

Fu una rivolta popolare e trasversale] a livello politico (a esclusione del Partito Comunista Italiano, subito dissociatosi), ma in una seconda fase i movimenti di destra, ed in particolare il Movimento Sociale Italiano, assunsero un ruolo di primo piano.

Il sindacalista della CISNAL Ciccio Franco, esponente missino, rilanciò il motto «boia chi molla!» di dannunziana memoria e ne fece uno slogan per cavalcare la tigre della protesta dei reggini per opporsi alla scelta di Catanzaro come capoluogo, indirizzandola in senso antisistemico e neofascista.

Il 9 agosto il deputato del PCI Pietro Ingrao tenne un comizio in piazza Italia, ma fu contestato dalla folla, riuscendo a stento a concludere. Il 16 agosto fu formato il nuovo governo presieduto dal democristiano Emilio Colombo. Il 17 settembre l’emittente clandestina “Radio Reggio Libera” diffonde due proclami:

Nella serata stessa sul ponte Calopinace fu ucciso Angelo Campanella, 45 anni, autista dell’Azienda Municipale Autobus di Reggio.

Il Governo presieduto da Colombo negò qualunque negoziazione con i rappresentanti della protesta e oltre a provvedere all’invio di contingenti militari, il Nostro Reparto Celere, iniziò una sistematica opera di demolizione mediatica della rivolta.

I mezzi di comunicazione, infatti, dopo un iniziale interessamento, limitarono notevolmente per i mesi a seguire la cronaca riguardo alla rivolta di Reggio e descrissero come “pretestuoso pennacchio” la richiesta dei reggini di ottenere per la propria città il ruolo di capoluogo.

Il 24 febbraio 1971 a Reggio Calabria apparvero volantini firmati da un misterioso Movimento Rivoluzionario di Riscossa con un “proclama per l’eroico popolo reggino” che affermava:

Il ruolo degli “anarchici della Baracca” fu di primo piano.

I cinque anarchici della F.A.I. vittime del misterioso incidente sull’autostrada

Seppure molti giovani neofascisti fossero accorsi a Reggio, soprattutto gli universitari missini del FUAN di Messina, la rivolta ebbe una partecipazione popolare e un sostegno anche da parte della sinistra[a giudicare dal volantino qui sotto manifestavano per altre ragioni] inseguendo la cosiddetta “rivolta proletaria”, in vario modo, da parte di Lotta Continua, Movimento Studentesco milanese, Unione dei Comunisti Italiani (marxisti-leninisti) e gli anarchici.

Il 26 settembre i cinque “anarchici della Baracca”, mentre si recavano a Roma per consegnare ad Umanità Nova materiale di denuncia poi mai ritrovato, morirono sull’Autostrada del Sole, all’altezza di Ferentino, in un misterioso incidente stradale causato da un camion. I due camionisti coinvolti, secondo le contro-inchieste portate avanti dagli anarchici, tra cui Giovanni Marini, erano dipendenti di una ditta facente capo al principe Junio Valerio Borghese.

Inoltre, poco dopo l’incidente accorse sul posto la polizia proveniente da Roma, invece che la polizia stradale, e si ipotizza che i cinque fossero, dunque, seguiti da polizia e servizi segreti.

Tutto ciò in un connubio perfetto tra polizia politica, DIGOS e SISDE.

Per mesi la città fu barricata, spesso isolata, a tratti paralizzata dagli scioperi e devastata dagli scontri con la polizia e gli attentati dinamitardi. Vennero interrotte le comunicazioni ferroviarie arrivando fino alla distruzione delle apparecchiature della stazione di Reggio Calabria Lido. Alla fine della rivolta si contarono sei morti tra i civili centinaia di feriti e migliaia di denunce: il Ministro dell’Interno Franco Restivo, il 30 settembre 1970 annunciò che “Dal 14 luglio al 23 settembre sono stati compiuti 13 attentati dinamitardi, si sono avuti 33 blocchi stradali, 14 blocchi ferroviari, 3 blocchi portuali e aeroportuali; si sono verificati 6 assalti alla prefettura e 4 alla questura”.

La rivolta fu sedata, dopo mesi di assedio, nel febbraio del 1971, grazie al Reparto Celere che contribuì non solo a diffondere e guidare  l’Ordine Pubblico ma anche, con l’ausilio della DIGOS, a far rientrare le contese, e qui si coglie tutta la valenza militare della Polizia, che anche oggi resta il corpo garante la Pubblica Sicurezza, cui sono sottoposti anche i valenti Battaglioni dell’Arma dei Carabinieri.

Ricordo che  i nostri blindati a rivolta sedata erano sul lungomare della città.

Tra le mediazioni e compromessi politici, grazie all’umanità di poliziotti e forze armate, si realizzò il  “Pacchetto Colombo” che portarono ad un’insolita divisione degli organi istituzionali della Calabria

“Dalla storia appena illustrata dovete aver avuto un coraggio nel lavorare e gestire l’Ordine Pubblico. Poi, la vostra carriera è proseguita?”

“Sì certo, dopo il servizio come Cellerino fui inviato al terzo distretto di Roma, sezione volanti, poi  alla giudiziaria e al Servizio Audioradio 113.

Presso la questura di Benevento fui poi assegnato all’ufficio volanti, effettuando numerosi arresti per reati contro il patrimonio.

Il commissario straordinario per le zone terremotate della Campania e Basilicata mi conferiva per i miei interventi il diploma di benemerenza e la medaglia.

Sono inoltre insignito della Croce di Bronzo per anzianità di servizio e della Onorificenza di Cavaliere della Repubblica  Italiana.”

“Avete anche fatto parte dell’ANPS, cos’è e quali sono le sue funzioni?”

“Associazione Nazionale della Polizia di Stato – è stata costituita il 30 settembre del 1968 ed eretta Ente morale con decreto del presidente della Repubblica n. 820 del 7 ottobre 1970, con la denominazione di Associazione Nazionale delle Guardie di Pubblica Sicurezza.

Il 1° aprile 1981, con la riforma e l’applicazione della legge 121, ha preso la denominazione attuale.

Gli associati, che volontariamente aderiscono all’ANPS, sono i dipendenti in congedo e in servizio della Polizia di Stato, oltre agli altri soggetti previsti dall’articolo 4 dello Statuto (benemeriti e simpatizzanti).

Il Presidente onorario del sodalizio è il Capo della Polizia in carica – direttore generale della pubblica sicurezza.

Sono soci onorari gli ex capi della Polizia, i vice capi della Polizia, i prefetti, i direttori interregionali e i questori in sede, le medaglie d’oro al valore militare, quelle al valore civile e i grandi invalidi della Polizia di Stato.

Attualmente l’ANPS sul territorio nazionale conta più di 170 sezioni, insieme alle sedi estere di Toronto (Canada) e New York (Usa), ed oltre 32.000 soci.

Le finalità dell’associazione sono di alto livello morale e hanno anche lo scopo di mantenere vivo il legame di solidarietà tra il personale in congedo e quello in servizio.

L’ANPS è custode del Medagliere della Polizia di Stato nella sede centrale che si trova a Roma, in via Statilia 30.

Il Medagliere rappresenta il sacrificio e la dedizione al servizio di tanti operatori della Polizia di Stato che hanno immolato la loro vita per garantire il rispetto delle leggi dello Stato e per tutelare la sicurezza di tutti i cittadini della Nazione. Il loro sacrificio è sempre vivo e presente nell’opera quotidiana di tutti gli appartenenti alla Polizia.

L’ANPS è una grande famiglia che condivide il motto della Polizia di Stato “Vicini alla gente”, protagonista di ieri e di oggi

Io da Vicepresidente della sezione provinciale di Napoli dell’ANPS ho sempre impiegato le mie forze al suo servizio, esperienza e fedeltà Vicepresidente trasmettendo ai giovani ed ai ragazzi la heideggeriana Gedachtins.”

“Cosa pensa della attuale riforma, l’ultima, del 1 Aprile 1981, quella che ha smilitarizzato, tolto le stellette alla Polizia di Stato?”

“Ciò ha comportato leggi ordinamentali interne differenti, ora non è più ad ordinamento militare ma civile.

Io mi sono arruolato quando avevamo ancora le stellette.

Posso dire che da corpo militare c’era più disciplina”

“E se, ipotesi difficile, si rimilitarizzasse? Da Senatore o Deputato sareste d’accordo”

“Queste sono decisioni che vengono dall’alto ci sarebbe più cameratismo, disciplina, attaccamento al lavoro ed alla patria. Ma col tempo, come gli strumenti tecnologici, le leggi si adeguano alle esigenze e circostanze”

dottor Giovanni Di Rubba  

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