Sotto il Manto Terribile di Kronos

John William Godward-alla porta del tempio

John William Godward; Alla Porta del Tempio

 

Tra sudiciume ed acqua santa

 

[… ] passa un giorno

mezzanotte,

ora è più normale,

 

come prima sono stupida

e stupita.

Ed ecco il mio discorso,

 

sono piccola, più

dei sogni tuoi,

 

comunque se vuoi

avrei bisogno

di contenere

il tuo potere

tra spettri

di rame.

 

Poi se vuoi il mio corpo,

eccolo tutto,

tutto piccolo e perfetto.

Canticchiando

 

sembri piangere

ma ironico e bastardo

mi ripudi il tributo

di cui sai.

Ok,

 

c’è la voglia

di consonanti perse

nei tuoi vaneggiamenti,

e dicevi

benedetto

il corpo

nostro,

 

no sei il mio

sacerdote

ierasia d’amore.

Ok,

 

passiamo un altro giorno,

i miei non lo sanno

né sospettano,

sono

tutta tua,

 

possiedimi

anche in sull’altare.

Tabernacolo

reale

è il nostro sentimento,

 

il colletto,

talare

è lo sguardo.

 

Benedici

il corpo mio perverso,

benedici il sangue

impuro

e godi dalla fessura

dell’anta scomposta

del mio incerto domani.

E’ ovvio,

 

sono pazza come te,

recuperiamo tempo

amore mio,

 

i miei quindici

i tuoi trenta.

Nel motel

 

tra sudiciume ed acqua santa,

 

respira ancora sul mio collo,

lo sai che mi piace!

 

Pensa a me,

 

ondeggia un poco

come sai fare

mentre cammini,

 

sei stupendo visto

di profilo,

francese,

 

la mia canzone

era sussurrata

al passato,

 

un po’ distratto mio caro,

padre la bellezza

è tutto ciò che ho con me

è la confessione

di un angelo

scuro e tetro

tra i pianti nostri

alabastrini,

poi tu,

 

dolce come sai,

 

salmo 10, 3-7.

Non lo pensi?

 

Una mattina,

ero a casa,

 

mancavi tu.

Il mio faro,

 

la notte,

il guardiano

 

l’anima e il tempo,

 

lontani noi due,

tutto è già detto,

 

sussurri una preghiera,

fosse poesia

 

quella mia.

 

Poi tu,

sine tei,

ascoltavi me,

 

poi tu,

mistero scalfito,

 

fornicazione

cattedratica,

 

sagrestia,

 

acqua e incenso

mentre penso,

le ripetizioni

sono solo

mantra stonati,

 

però

noi due siamo l’universo.

Creatori e creature,

 

un giorno tu mi dicesti,

sono sul retro,

 

poi serio

sciogliesti

il velo che

la vaghezza spegneva

 

triste.

 

Ora sei

dove sai.

 

E sono di nuovo

persa,

 

sono il gregge

gli altri

le mandrie,

 

pensa a me

solo a me

tra le grate.

 

Celibato amplettico

 

Nell’anno mille circa

vescovi in combutta,

 

imperatori sani.

 

E nel tempo dei tempi

lo sposo

era succube alla moglie

e la patriarcarità

metà del tempo

era flusso di eventi

demoniaci

 

e infausti,

 

in Europa Gea e la Grande Madre

erano ricordo del pellegrinaggio di Lilith

 

metà del tempo.

 

Non riesco a focalizzare

questa tua lezione di storia

dal protestante

a Tubinga

a Roma

a Benedetto

 

ai giovani

 

gioventù hitleriana.

Corpo del suo corpo

sangue del suo sangue.

 

Cibati di Dio

morto

per noi

ma poi risorto

 

per svuotare l’inferno.

Nel 2004

 

il giovanotto

svuoterà di nuovo

la tentazione tartica

e tantrica assoluta

Flegetonte

 

sudicio

 

gli dei demoni scimmieschi

inginocchiati.

E non è per parlare

 

da Padre Pio

a Pio IX

 

Paolo VI.

 

De meditate luna

Giovanni Paolo

il primo settantanove

dell’ultimo settantotto,

 

la piccola fatima

la Orlandi

scomparsa,

 

suona hippy il flauto

bella a bestia!

 

Dominum flauti

Dominum flauti!

Cara scolaretta,

 

trafitta inversa.

Ascoltami, seducimi

e prega a corde tese,

 

è sera,

Dominum meo!

Forse dirigi

l’organetto,

sordo di latino

 

poche note,

accordo plastico

Madonna implicita,

canzone indefinibile,

 

magari applicheresti

un manicheismo

stanco

alla recita folle

indemoniata mia

 

carina,

sonata,

frastornata,

dimenticata.

 

Le fiamme

bianca cenere,

 

Sodoma

e il gesso,

non voltarti,

 

è un’altra città,

non quella,

 

correggo,

correggi,

 

Egitto

preda del caos.

 

Cinque xanax.

Se vuoi sono qui

 

se vuoi,

tranquilla.

Tu, io,

 

stola

stolta

storia.

 

Cosa ti aspetti,

un ragazzetto,

un mezzo sonato,

uno che benedice,

 

transustanziazione

dei sensi

il tuo pube,

 

il mio strofinio.

Panche

strane

e dediche,

 

satiri

Pan

e demos,

 

kleos,

kleos,

kleos,

 

non capisci ciò che dici.

Magari fenicio,

accadico

e Ba’al,

 

questo lo analizzeremo,

poi ne parliamo.

 

Magari Crono,

magari dodicimila anni fa,

 

occhi azzurri,

azzurrini,

turchesi,

cobalto,

metilene,

costato,

acqua,

pietra lavica,

occipitale,

 

Aquisgrana,

osso di seppia,

 

assioma,

acquavite,

 

opale,

blumarina,

poi ne parliamo,

 

cronografo,

cronovisore,

Ernetti,

Vaticano.

Padre Gemelli sapeva qualcosa,

 

io no,

l’altro,

 

c’entra qualcosa

Majorana

nel convento napoletano,

gesuita,

 

lasciate stare,

la sua Germania nazista,

 

la lode e la paura.

Plams.

Descrover mentosi ascurdevedi,

rettinfly,

etion trago tras.

 

Ti aspetto alla solita ora,

dopo la messa,

 

ite missa est,

vieni e fatti mia!

 

E sono solo

in canonica

canonico sguardo,

 

piangi di gioia,

godi,

 

doceo parva scientia,

amo tibi cum magno corde,

maccheroni e suoni

settecenteschi

ed è uno stile

strano

e tutto italiano.

 

Airam Eva

 

Ripetizioni

ripetizioni

ripetizioni,

ossessione

diagonale,

parlare,

predicare,

giocare all’amore

 

adolescente.

A Roma Termini,

 

sono arrivato,

dista poco il centro

ma solo se sei sconnesso.

 

Vestito

come un morto

tripudio d’assoluto

 

ripudiato.

Scendo in cattedrale,

giusto un paio di scale,

 

se avessi te al mio fianco

non dovrei teorizzare

il nichilismo cattolico

il nichilismo ortodosso

apostolico

e romano.

 

E tanti stranieri,

lingue resuscitate.

Poi cinque schizofrenici

in abito monastico,

sigaretta in bocca,

 

fumo e zolfo,

 

qualche giochetto,

le tre carte spirituali,

morte e tredici,

vissi, diciassette.

 

Roma caput mundi.

La bestia con sette colli

sotto la meretrice vestita di scarlatto,

 

gemme prezioso ed oro puro,

 

calice divino.

 

Il punk si impone

dal pulpito diocesano,

 

urbi et orbi,

punk,

 

evochiamo

spiriti sepolti,

 

da domenicale

a bruno

il volto

stanco mattutino,

spassionato,

 

spossatezza seminariale

e autolesionismo

sessuale,

 

eterogodimento,

autostudio,

selfie puberale

movimentato

 

serf

surf.

 

L’origine dell’uomo

Trecento milioni di anni fa

 

dalla luna ci fu un fragore,

un gruppo di nazisti,

 

fine anni trenta

con beretta e fucili,

 

il calpestato ophilicus,

cento milioni di anni dopo

un colpo assestato

a quella bestia immonda rettiliana.

 

Poi noi che c’entriamo?

se si apre un varco

e si chiude

nell’immenso dei tuoi occhi,

 

e sono già dodicimila anni,

tra la tundra imperfetta

è la cadenza

e la camminata,

 

quella strana,

 

l’orma opaca.

 

Noi

che facciamo sesso

e che sogniamo l’amore.

Ah se potessimo

non farlo più,

 

il gioco si fa troppo grande.

Il caos e l’ordine innaturale

da Sorat all’opposto,

e tu non sai

se scherzo,

 

ma finiamo comunque

in punti imprecisati,

 

spazio tempo velato.

L’origine dell’uomo.

 

Non avremo mai pensato

di dover morire

in corpo

anima

e spirito

per la dannazione

che ci lega

ed è tra noi

dimenticata,

 

nulla ha più senso,

guarda il tramonto.

 

Vittime in trappola tra i passi noncuranti degli altri

 

Potrò

cambiare

ma non ci credi più.

Il sogno

 

regnerà

tra i leoni

e le belve esauste,

a cavallo di un coccodrillo,

 

serpe antica,

 

l’ippopotamo

dei tuoi sogni bestiali.

Poi piangi,

 

non è così che

l’alba celerà

i frutti dei nostri tormenti

 

e poi tra Milton

e il fiorentino esule

il passo è troppo distante.

 

Apri

il testo Sacro,

 

sabbia informe,

scriverà

la legge di Mosè

 

ma il vento via la porterà.

A volte

 

ci dicono

che siamo

i maledetti prediletti.

E non senti

che in fondo

non siamo

stanchi

né terribili

ma solo anime fragili e ribelli

 

l’arroganza e la superbia

non so fino a che punto sia nostra

 

o forse sia solo frutto

della nostra stessa disperazione.

Siamo esausti

 

pandemonio

di lamenti,

 

soffro,

nessuno

può

distogliere lo sguardo

eppure siamo vittime

in trappola

tra passi noncuranti

 

degli altri.

 

Tra lacrime i sorrisi

 

Al mercatino

del declino

a passi tardi e lenti

il respiro,

 

la ragazza è pazza

e stupenda,

sei proprio tu,

mia diletta,

 

tra pioggia ed obliquo

desiderio.

 

Alle volte

ti penso,

 

un po’ più spesso,

 

non puoi avermi

né mai ti avrò.

 

Dimmi il tuo nome,

te ne prego,

ascolterò silente le tue follie,

 

vai al centro

e io me ne pento.

 

Ti amo come si ama

il divino cenno

nell’istante creativo

plasmante bellezza eterna,

 

forse un giorno

dimenticherò,

la vita, la mia,

 

a tutto rinuncerò.

 

Legamento

ipnotico,

 

l’anima pia

diviene perversa

e il vero sacrificio

è tra le braccia tue.

 

Picciola

cambia il mondo,

non ci sarà più

né fatica né dolore,

amore mio

genera con un cenno

l’eterno,

 

vivi quanto il numero

implicito

in ogni essenza

di stella.

 

Sei al di là

dei limiti umani,

 

sei il senso unico

della creazione.

 

Sei l’istante

interminabile

ed eccelso,

 

sei la dissoluzione

del tempo.

 

E se un giorno

non ci sarò

resterà la mia vita

sul tuo volto,

 

tra lacrime i sorrisi.

 

Lilith che ancora attraversi campi e città

 

Aradia

ci difende

sotto il suo manto

mentre guardo

gli occhi tuoi,

 

non credo di morire,

davvero

 

la carne è spirito.

Non può essere

solo tenebra

 

la bellezza,

non può essere maligna

 

la cura

per imparare

a non morire.

L’amore eterno

 

non è degli eletti,

ma di noi poveri oppressi

dal giogo celestiale,

anime scaltre e ribelli,

 

non può essere oscurità

la tua essenza.

 

Lilith cammina ancora

per campi e città,

 

inizia il tuo respiro,

sei carina

tutta profumata,

 

sembri appena sbocciata,

perfezione le tue forme,

linguetta seducente,

 

sembri già rinata.

 

Sei il fulmine

e sei il suono scortese

sputato ai vomitevoli

bigotti

ossessionati

dalle loro stesse bestemmia.

 

Non può essere tenebra

l’imperfezione stupenda,

né il tuo sorriso sidereo,

 

denti come meraviglie

umane

e per ciò stesso divine.

 

Il dio che è in noi

non può essere vendetta,

 

sei mia terribile

sovrana

e amata difensrice,

invasrice

delle turpi beatitudine

 

immonde.

 

Ci vediamo di nuovo stasera

se la morale non ci condannerà

alla fornace ardente dell’ignoranza.

 

Io e te,  sbuffo mordace

 

Ecco il solfeggio

perfetto.

Hai memoria, amore,

di quando

 

nell’oratorio,

nella realtà

velata

era tardi.

 

Tesoro,

mio amore,

è sera ormai,

 

spogliati,

spogliati sull’altare,

 

l’amnesia ce l’ho.

E passa il tempo,

passa

ma il mio tormento no,

 

2013,

fine del mondo.

 

Hai ancora memoria

di quando io

strano

e imbronciato,

disturbato

ti insegnavo il latino

e il greco

e tu

mordevi il labbro,

 

peccato mortale

amore mio

fartela.

 

Ma è successo,

ma siamo qui,

torna da me,

 

noi siamo qui,

torna ti prego.

Sei la ragazza

più carina.

 

Torna da me.

 

Sei così.

 

Torna da me.

L’epilogo terribile,

 

la legge umana

non comprende la divina

né la terrena,

è solo

spauracchio assurdo,

 

prigionia

per noi proletari spirituali,

 

orribile.

 

Le vecchie farisee ingiallite

 

Io,

carina

 

e persa.

Non so a che credere.

 

Vorrei qualcuno mi amasse

per ciò

che sono.

 

Così.

 

Sei carina

dicesti davvero,

che sguardo stupendo

ha il mio amore

senza la toga,

tonaca,

talare

calato

noi calati

 

è come

un dio senza veste.

Al di là

della morale,

 

capisco

filosofia,

letteratura,

 

me ne fotto

della moda,

 

sei un dio,

l’ho capito.

 

Dio mio

sia benedetto

l’amore,

 

non voglio perdere

chi mi dona

tutto

sé stesso,

 

non è reato

l’amore.

A volte è vero

gli altri dicono

che

la missione è un’altra

 

ma Dio l’amore

insegnò

alla Maddalena,

 

quello vero.

Forza ipocriti,

 

farisei

sono le vecchie

che ogni giorno

ascoltano

il verbo divino

e picchiano

i peggiori mariuoli

disperati

con lingue

terribili

e non infuocate

ma frutto d’invidia

 

pensano

che la domenica Santa

il pantalone attillato

non sia necessario

anzi

meretricio

di donnine,

 

ma superficiali

restano loro,

 

vecchiette ingiallite.

 

Me ne accorgerò

 

Me ne accorgerò

dalla colonia

che sarai già mio,

 

che sarai

tutto per me,

 

leccherò

la croce e il

tuo sesso turgido.

Picciola,

 

sono per te,

l’amore

dei tuoi rimorsi

ma spensierati.

 

Ecco il senso bellissimo,

stai venendo dentro me

così che un giorno

la mia adolescenza

sarà marchiata

da sentimenti che

non saranno mai

eclissati,

 

amore.

Non voglio crescere,

 

tra le tue labbra

e tra le tue braccia

metterò

l’hypnose

e poi

gli idoli

che nasceranno

dal sesso perverso

saranno

nostre giornate,

 

amore fuggiamo via,

ma in un altro mondo.

 

Il ’98 ci attende,

altri due anni,

whormole,

l’altrove,

 

sto venendo anch’io.

 

E nell’epoca lontana,

non dimenticherò

né te né la mia

innocente fanciullezza

 

la mia innocente precocità

furente

e perversa,

in bocca al godimento

 

verga nel sentire

delle mie labbra,

delle labbra

le altre.

 

Adagio va il respiro

 

Adagio

va il respiro

opaco

sul mio collo,

 

piccina

ed innocente.

Ed è appena sera,

 

sei stanca nel riposo

diurno

del senso,

 

l’ultimo d’universo.

Io sono distratto

e tu protuberanza

vera

dell’atmosfera notturna.

 

Poi

senza più pensarti

ti avvicini

con parole tenebrose,

 

mi seduci sincera,

opuscolo della luna

è l’ombra del tuo

corpo.

 

Mistero,

piccolo corno.

 

Tu,

ascoltami

che la verità

non può farsi muta

nell’oscillazione

dei tuoi capelli.

 

E intanto

vorace

ascolti

e parli

e mangi,

 

succhi come un’essenza divina.

Un bacio

sfiora sogni e labbra,

 

capelli

scossi

e sinceri.

 

Poi ancora

ti domandi se in un istante

può cambiare il mondo.

 

Sei pura

tutta

satura al tramonto

ed è finita,

 

mai più vicini.

 

Ma per qualche minuto

ascoltami ancora,

imbandisci l’infinito

nei tuoi occhi azzurri,

stringimi

e guardami perversa.

 

Ancora,

ancora voglio

il tuo corpo

su di me

nello spasmo

e nel godimento.

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