L’Uccello Blu, 1918, Frank Cadogan Cowper
Vento di sapori perduti nell’aria.
Ricordi di giornate
volate in cima
a un pioppo silvano.
Segnali di disturbo.
Poi un’ondetta di fumo.
Ancora sorge il sole
tra i rami,
le passioni sono eterne,
eterna la tua fronte,
una delusione,
il tempo atroce,
un invito posto già
dai fauni ammoniti,
magari fai la “V”
con le dita
e poi digrigni i denti,
così scuoti la testa
e getti insonne
stralci di pensieri,
fulmine alla mente il tuo sorriso,
quel tuo asso occultato,
lo giochi quando vuoi
o magari ancora lo celi
alle spalle la gente,
lo lanci e torna indietro,
la frutta assaporata
con dispetto,
ti scappa un accenno
doremico
e dissolvi la noia sartriana
in questione bardata
con maestria
dalle tue soffici mani
e indirizzata a chicchessia
(e già lo sai).
E resto alle pendici
del silenzio,
dell’eterno turbamento
e mi svesto,
mi pento dell’inclinazione
e della delusione
(e già lo sai).
E scandisce la termica potenza,
trasuda la tua essenza
trasmutata
e trasfigura il corpo
(oppure dormi?).
Le voglie ora più forti
gemono nel mio petto,
è tutta una rivolta
tutto un fracassante fermento,
le soglie del domani
sono già arricciate e dorate,
le mie umili intenzioni,
le tue etiliche serate,
roteante la saetta,
non hai età serene
né godimenti pei tuoi occhi,
dolenti gli zigomi
perversi
e caruccia l’ispirazione,
i cirri fenici
restii all’assedio.
La tua parola
mista all’ardore
è il portento reso manifesto,
la tua disinvoltura
ribelle
è tepore sulla mia pelle.
Forse non è cominciato
tutto ora,
nasci ai primordi,
la pace primordiale,
la musica ancestrale
delle sfere,
la rivolta senz’armi
di passate ere
attonite.
Forse da questi tumulti
figli del piacere mistico
e sovrano della passione
sovrumana
senti il calore delle mie braccia
e protendi i tuoi progetti
a candide promesse
perverse.
La frescura mattutina
mi ha liberato i polsi,
refrigerio della mente,
percepisco l’assoluto
estasiato,
rigenerato, rinasco
per sempre
dalle spoglie del passato,
dalla cenere del potere
maciullato.
Questa tua agitazione
delle mani rampicanti
su pareti
mi ha ridato la forza
di distruggere con garbo
l’ipocrisia ferita
dal nostro entusiasmo.
E ti aspetto,
lì,
sul nostro ramo,
quello più fiorito,
ricordi?
Aspettandoti prima di partire,
per sempre lontano
come il tuo incanto svilito
dalle mie parole,
un canto intenso di cicale.
Sei l’illusione dei miei domani
e al tempo stesso dunque
la speranza
qui tra le mani,
le mie,
converge passato e futuro
come da quel tuo sorriso immaginato
in controluce,
dagli anelli fluorescenti
dagli altri
decorati di alabastro
sono approdo ai miei pensieri,
i braccialetti stesi
come guanciali sui tuoi polsi
oramai consumati.
Ah come è lieve
l’aria questa sera,
come vorrei potessi goderla
qui al mio fianco,
è tutto scritto
mi dicesti un giorno
e confermasti il libero arbitrio
in paradosso
guardando me
come giullare decorato
per l’ultima battaglia
contro la massa.
Forse nel vento a noi amico
ci rincontreremo,
i tuoi percorsi saranno
segni tracciati
sulla sabbia delle mie voglie,
le tue, le nostre,
il nostro cambiamento
rinverdito,
le cose cambieranno
ma forse con moderazione,
con la dolcezza
che nei tuoi silenzi scorgo
in fondo al tuo bel cuore
di diamanti.
E come da tarocchi
sortirà la sorte,
puoi pure dare un nome
alle mandrie
o alle scale musicali,
così da confondere l’inizio
con la fine,
il tuo corpo
al mio fianco disteso
e le mani intrecciate
e intreccianti sogni destati
dall’albeggiare del tramonto,
ed ora comincia la storia
per davvero,
quando non hai raggiunto
altro confine
che non sia quello tracciato
sui tuoi bordi
dall’eccitazione frastornati,
sul ramo penso a te.
Fiorisce,
è un attimo,
poi disappare
quella tua immagine
da incorniciare,
le spiagge mute
ai nostri passi nudi,
il lambire delle nostre discussioni
è l’acqua cheta
della tempesta
senza romore
che corrode la scogliera.
Ah potessi sentire
qui al mio fianco
questo intenso profumo estivo!
Potessi lasciarti andare
e l’intenzione ricamata
indirizzare all’istinto razionale,
in una sincretia d’affetti
mai provata,
da troppo tempo tralasciata,
dimenticata da millenni, oramai!
Forse nel tempo a noi nemico
ci scorderemo,
inviteremo a cena le lancette inverse
discuteremo della fasullità
delle nostre sensazioni lineari,
comprenderà la descrizione
ellissoidale dell’avulso irrazionale
raziocinio ultratemporale,
poche parole ardite,
il circolo non è perfetto
perché non esiste sulla terra
un vero triangolo ed un vero cerchio,
sono approssimazioni ed illusioni
i baci tuoi
ed i rapporti umani,
ergiamoci in alto,
ti attendo ancora qui,
sono sul nostro ramo.
Una viola del pensiero
si posa sul mio palmo
improvvisa,
ti ho intravista,
non mi hai dimenticato.