Alpi italiche, un Sauro si nasconde nelle grotte

Premessa

La MitozoologIa, o  anche Mytozoologia,  è quella branca, o meglio settore, della Criptozoologia che si occupa dello studio, della ricerca e della catalogazione dei reperti menzionati in fonti più o meno attendibile. Non solo animali quali il Minotauro, ad esempio, ma anche flora, spezie, sapori, tessuti, minerali.

Differisce dalla Teozoologia che si occupa della derivazione scimmiesca o da altri animale dell’essere umano.

Condivide, invece, i principi cardine della Criptozoologia, la ricerca di animali …nascosti sul nostro, non immaginiamo quanto, immenso pianeta.

Fatta questa debita premessa entriamo subito nel vivo, parleremo di quelli che lungo tempo furono chiamati Basilischi e di cui, nell’ Historia serpentum et draconum il medico bolognese Ulisse Aldrovandi pone in essere una vera e propria autopsia. Era il 1640, e non ne cavò molto sinceramente. Di quanto già si sapeva.

Ad ogni modo i Basilischi sembravano una sorta di galli sauropodi che non perdevano occasione per azzuffarsi

Come a dire, senza comicità di sorta, il basilisco domina su tutte le fiere reale, ed anche sul sonnecchioso uomo.

Bellissimo sarà Giordano Bruno quando, nel sigillo dei sigilli, affermerà che il gallo-leggi basilisco-è il più dotto delle belve, ma si azzuffa per delle donne. La lucciola, invece, brilla di luce propria.

Una frase che potrebbe essere incisa sull’emblema di ogni donna.

Dobbiamo tenere ferma a mente l’idea che il basilisco non ha le dimensioni di un drago, è molto più piccolo, massimo quattro metri di lunghezza, non è quasi mai coperto di piumaggio-a differenza dei draghi- e la pelle si presenta squamosa o maculata, a seconda della esposizione al sole. D’uopo una brevissima ma utile regressione

Tralasciando la qualità della immagine la medesima è stata postata solo per mostrare quale è stato il punto di svolta nella evoluzione, non la caduta del meteorite in Messico a Chicxulub intorno ai 65 milioni di anni fa, ma l’arrivo…della primavera.

Nela cretacico infatti i terrestri fanno i conti con i primi fiori e con gli insetti. È nuova linfa e nuova vita. questo particolare non risulta di poco momento né un mero vezzo estetico, in quanto tutti o quasi tutti i sauropodi, anche giurassici, erano anfibi ed avevano contatto stretto con l’acqua, acquitrini. Anche chi viveva nelle foreste pluviali o tra conifere. Le giungle del cretaceo ricordavano un po’ la nostra Amazzonia.

Ovvio poi che l’estinzione non può e non potette essere di massa, che specie convivono ed hanno convissuto con noi, sebbene al riparo, in climi più umidi, lontano dal sole.

Tante sono le fonti antiche e medioevali che ci raccontano di questo animaletto buffo e regale a un tempo, per leggenda figlio di un rospo che insemina un uovo di gallina, invincibile ed invulnerabile come il Pelide ma se gli si mostra il suo volto allo specchio ha le stesse sorti della Gorgona. Quest’ultimo aspetto non deve stupirci più di tanto e, probabilmente, non è figlio di una leggenda. Il famoso fuoco che emettevano dalla bocca basilischi e draghi consisteva in un apparecchio anatomico di auto riscaldamento nel gelo invernale, nelle grotte ove avevano dimora. Innocuo, ma che poteva divenire anche un possente veleno per gli inopportuni.

Noi ora ci soffermeremo del basilisco delle Alpi, il Tatzelwurm, un basilisco di consistenti dimensioni che si nasconde in quelle terre.

Ma prima ancora di entrare nel vivo ,vorrei azzardare, approfittando del Cinquecento anni dalla morte di Dante, di sostenere che la famosa Lonza, primo animale che egli incontra nella selva oscura, seguito poi dal Leone e dalla Lupa, non sia in realtà un leopardo o una lince, piuttosto proprio un basilisco, che nasce lucente con la aurora, quando i desideri carnali e di possesso divengono più intensi.

Veniamo a noi, per la prima disamina che qui porrò in essere ringrazio il lavoro del professor Jean Jacques Barloy, zoologo.

 Cominciamo col dire che in lingua germanica Tatzelwurm significa “verme senza zampe”, un nome tutt’altro che carino e che ci riporta alla genesi ed al serpente antico.

Ma questo è solo uno dei tanti appellativi, sino al ‘700 era considerato una leggenda, non particolarmente pericoloso, persino un deterrente per i bambini meno diligenti che non volevano dormire o cenare.

In base alle ricerche e comparazioni di Barloy “La forma generale descritta è di un animale simile ad una lucertola o ad una salamandra di grosse dimensioni, ha una grande bocca con denti appuntiti, gli occhi sono ben visibili, il collo è corto ed appena abbozzato, il corpo, piuttosto robusto, misura tra sessanta centimetri ed un metro e pare che certe volte possa superare queste dimensioni. L’animale è in genere biancastro, più raramente brunastro. Gli animali avvistati nei boschi sembrano più scuri di quelli avvistati su suolo roccioso. Un solo osservatore parla di un tatzelwurm nero a macchie gialle.”

Ulrich Magin condusse uno studio approfondito sull’animale. Il tatzelwurm vivrebbe tra i cinquecento e duemila metri di altitudine, passando però gran parte della sua vita nelle grotte.

Nel 1929 un maestro austriaco stava esplorando una grotta nei pressi di Landsberg, qunado scorge un animale simile a serpente intento a divorare humus che lo scorge. Quando il prof tenta di afferrarlo questi sfugge.

Secondo una tesi che poco ci convince il tatzelwurm sarebbe spesa ibernante, spesso, trovato sotto granai per passare l’inverno nel fienile. Ciò non coinciderebbe con l’indole, comune di tali esseri, aggressiva, che mira al volto con mossa “ardentemente venefica”.

Secondo l’inchiesta scientifica ed i rilievi e l’escussione delle testimonianze poste in essere da Magin, l’animale sarebbe non un rettile ma, come noi immaginavamo, un anfibio, un tritono o una salamandra come quelle di Cina e Giappone.

Ma c’è qualche cosa di ancor più sorprendente, il culto dei camuni.

Negli anni ‘ 50, in Val Camonica, nel bergamasco, un falegname iniziò ogni giorno a svegliarsi prestissimo ed addentrarsi nei boschi. Tanto che i compaesani credevano fosse .ammattito ma iniziò a portare alcuni utensili, a rinvenire incisioni rupestri. Quel falegname di Capo di Ponte aveva fatto una scoperta sensazionale, l’esistenza, già teorizzata, dei Camuni, una misteriosa civiltà preistorica italiana.

Le incisioni giravano quasi ossessivamente su due soggetti, il Cervo e la Paletta. E le Grotte non erano semplici Grotte, ma una serie di cuniculi “non scavati da mano umana”. Il “Cervo” ha un significato ben preciso, in tutte le culture, è simbolo della Grazia divina, nello Zoroastrismo è simbolo del Bene che trionfa sul Male, per i Greci esso è anteposto al Cipresso-albero che adorna ancora i nostri cimiteri- ed allo stesso tempo al mito di Atteone, che per aver voluto sapere troppo-vedere Artemide nuda, ossia addentrarsi nella penombra lunare- era stato trasformato in candido Cervo e divorato dai suoi stessi cani. Il Cervo nella mitologia Norrea è altresì legato al frassino ed ad una vecchia dona che controlla l’operato di quattro cervi, la Norna, con lo scopo che la troppa bontà non divori il frassino, ossia l’albero che rappresenta l’Origine del Mondo, la Creazione. Una sorta di Strega benefica che aiuta e preserva l’ innocenza umana dalla autodistruzione.  Persino in Cina Lu Hsing è simbolo degli emolumenti, della riconoscenza.

Ma un altro popolo noi  ci permettiamo di identificare con i Camuni. I Cimmeri.

“ Là dei Cimmeri è il popolo e la città / di nebbia e nube avvolti” Omero.

I Cimmeri sono molto probabilmente una popolazione originaria del Mar Morto, ove furono scacciati dagli Sciiti, sconfitti dagli Assiri, in contatto anche con i Persiani, anzi sicuramente abitanti originari della Persia –oggi Iran-  e si recarono nella Terra di Saturno, in Italia. Popolazione che viveva nella nebbia, ci dice Omero, che la immagina oramai all’estremo settentrione, popolazione sotterranea, che vive nella nebbia, che è nékya, capace di evocare morti. Come presso Circe o come raccontato da Virgilio nella Eneide. I portali, le porte, il lago d’Averno? Pomigliano d’Arco? Il Sebeto?

 Senza dubbio vivido è il legame tra uomini della nebbia e basilischi, figure nobili, altezzose, goffe, ma pronte ad aiutare i viandanti, anche se a modo loro e che compaiono, quando le aggrada.

Camuni; incisioni rupestri in Val Camonica

In buona sostanza questa Norna che guidava i quattro cervi era un po’ come le sicule  donni di notti che evitavano, all’ombra dell’Etna e dei cuniculi di Efesto, la distruzione del Creato da parte delle donni di venti, il cui scopo era ottenere potere con l’inganno.

Non a caso, oltre al Cervo ed alla frequentissima Paletta, una sorta di legno magico spesso maneggiato da un uomo accanto ai cervi, che rappresentava la ricerca interiore –da rilevare che allho, paletta ha un assonanza con l’anglofono to hallow, scavare- , sono state trovate anche incisioni un po’ anomale, tipo un grosso uomo cornuto che minacciava un omino armato di paletta o l’occhio dai mille occhi, un Argo camunico che tutto vede e che è spesso a protezione dal demone dalle dimensioni abnormi.

La scoperta della civiltà dei Camuni è a Nostro avviso più che interessante, si è già accennato alle sicule donne di Efesto, il fabbro, il costruttore. Ora parliamo di un popolo che ci permettiamo di identificare con i Camuni. I Cimmeri.

Uomini che non solo veneravano questi sauri ma ne utilizzavano gli strumenti di aereazione, riscaldamento e cottura. Visita rectificando interiora lapide.

I discorso termina con un dubbio, proseguirà con fatti simili narrati in zone differenti.

Giovanni Di Rubba

BIBLIOGRAFIA

Alchimia Mistica; Roob A.; Tascchen Bibliotheca Universalis

Dinosauri anfibi; Collins-Vallardi;Garzanti 1991

Divina Commedia; Dante

Dizionario dei Miri, dei Simboli e delle Credenze; Giunti 2006

Le civiltà preistoriche in Italia; Corona M,; Fermi ed; 1977

Les survivants de l’ombre. Enquete sur les animaux misterieux; Barloy J.J.; Paris, 1985

Selenio Denso la luna illumina l’Infinito; volume III; Appendice I; Di Rubba G.; Youcanprint editori

Storia delle Terre e dei Luoghi Leggendari; Eco U.; Bompiani;2013

SITOGRAFIA

https://www.pomiglianolive.it/lepifania-storia-pomiglianese-della-festivita-tra-mito-cunti-e-storia/ https://www.ilgazzettinovesuviano.com/2016/02/18/il-mito-di-circe-plasmatrice-dellanimo/

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