Araldo Di Rubba, la storia

Araldo dei Di Rubba realizzato da Mastro Giuseppe Ferraro-Acrilico su legno-

Di Rubba è assolutamente rarissimo, dovrebbero derivare dal cognomen latino Ruber. un illustre esempio di questa cognomizzazione l’abbiamo nel 1400 con il famosissimo scultore fiorentino Luca Della Robbia: “Lucas Rubius Florentinus ex aurifice plastes, cuius inventum, fictile opus encausto pingi”.

Ne sarebbe conferma anche una derivazione

Il cognome italiano vanta una storia antica, dunque. Il significato e le origini, infatti, ci riportano all’antica Roma e poi al Medioevo quando varianti degli appellativi “Ruber”  venivano utilizzate per indicare un determinato ceppo familiare.

La storia del nome rimanda quindi al colore rosso, utilizzato prevalentemente per indiare i capelli del capostipite della famiglia.

Attraverso il meccanismo della cognomizzazione, poi, l’appellativo si è trasformato con il passare del tempo in un vero e proprio cognome e si è diviso in due ceppi fondamentali, i di Rubà o di Rubba (à accenta equivale a pronuncia doppia della “b”) messinesi ed i di  Rubbino o di Rubbini palermitani da un lato, dall’altro i fiorentini della Robbia che, successivamente uniti ai Viviani, assunsero il titolo di Marchesi.

Di più alcuni ritengono una derivazione/fusione prossima con la tribù di Ruben  primo figlio di Giacobbe, eroe eponimo di Israele.

Giacobbe voleva sposare Rachele, di cui era innamorato, ma il padre di questa, Labano, gli diede in moglie la figlia Lia, che aveva gli occhi smorti  con un inganno. Giacobbe comunque chiese e ottenne anche Rachele.

“ Ora, YHWH, vedendo che Lia veniva trascurata da Giacobbe, la rese feconda, così concepì e partorì un figlio, e lo chiamò Ruben, perché disse: “YHWH ha visto la mia umiliazione, certo ora mio marito mi amerà. “                       

Il nome Ruben è quindi in relazione etimologica con due vocaboli dell’esclamazione della madre Lia, ossia “umiliazione” (o meglio afflizione, dall’ebraico ra’ah beanì) e “mi amerà” (yehaḅanì).

Tuttavia Mosè li benedisse “Viva Ruben e non perisca e pochi siano i suoi uomini” mostrando la punizione come segno di scarsità ma continuità sino alla Parusia della Tribù.

Alcuni commentatori ritengono che i Rubens si siano stanziati in Italia, tribù di piccole dimensioni come il numero dei Di Rubba.

I Di Rubba  godettero  nobiltà in Messina.

 Un Salvo fu giudice delle appellazioni in detta città negli anni 1535-36, 1538-39, 1545-46, giudice straticoziale negli anni 1536-37, 1547-48, 1557-58 e del tribunale della Gran Corte nel 1549-50; un messer Giovan Filippo fu annotato nella mastra nobile del Mollica; un Annibale fu giudice delle appellazioni nell’anno 1650-51 e giudice straticoziale nel 1651-52.

Molti sono gli autori che di questa famiglia ne parlano.

Il Minutoli , Inveges, Mugnos e altri raccolti dal Palizzolo Gravina nel suo “Il Blasone in Sicilia, ossia Raccolta Araldica, stampato in Palermo nel 1871-75”.

Pare essere originaria della Sicilia, donde ebbe dimora nella città di Palermo. Antica e nobile famiglia di Messina, fregiata del titolo baronale, ha goduto nobiltà in Messina nei secoli XV, XVI e XVII.

Che i membri della famiglia siano noncuranti delle cose volgari, ripromettendosi dalle sole loro energie la dovuta ricompensa, lo provano i documenti fino ad oggi conosciuti come il Dizionario Storico-Blasonico del commendatore G.B. di Crollalanza che ne ha raccolte le tracce lasciate dalla famiglia in quelle città ove ebbe dimora ricoprendo cariche legislative, militari o altro, contribuendo non poco alla riuscita di quei documenti utili alla scoperta di questa famiglia.

Dovrebbe derivare da un Aliprando cavaliere di Leone 1114.

Vanta non pochi cavalieri, come a dire: un Nicolo capitano di quattro galere venete 1364; un Giulio capitano de’ Veneziani 1375; ed un Amodeo segretario di papa Martino. Fu portata in Sicilia da un Piermaria Rubbini sotto rè Martino e la regina Bianca col carico di maestro razionale della Camera Reginale. Quattro figli si ebbe, de’ quali Corrado fu fatto cameriere dell’infante D. Giovanni. Ne vennero molti chiari gentiluomini, che si sparsero in Noto ed altre città dell’Isola. Un Nicolo fu maestro portolano del regno 1429; un Giacomo barone di S. Bartolomeo; ed i cavalieri gerosolimitani fra’ Giannantonio 1401, e fra’ Antonio 1506.

Altro ramo  fin dal 1219 era nel numero delle famiglie cittadine di Bergamo, e nel 1552 fu aggregata a quel nobile Consiglio.

Un altro ramo si trapiantò in Venezia, da cui deriverebbero gli avi del pittore Fiammingo Sir Pieter Paul Rubens e la cui nobiltà fu rico0nfermata con sovrana risoluzione 26 Dicembre 1818.

Altro ramo ancora è di una antica e nobile famiglia di Milano.

Dopo l’Unità d’Italia diversi  Di Rubba furono inviati a gestire le Terre del Lavoro, spicca un Domenico Di Ruba, autore di Formicola, il suo testo Mazzini Contro la Massoneria, in cui trapela lealtà all’Unità ma il conservarsi di una mentalità libera e cittadina

L’ Arma: è d’azzurro, alla croce potenziata d’oro e con leone rampante giallo in fondo rosso che mostra la potenza della spada che viene sempre dai valori cortesi di amore per la dama, stella nel cammino periglioso.

Il motto: Sed Pulchritudo Veritas, ma nella Bellezza è la Verità, designa l’amore per la grazia e per la dolcezza, in una concezione di giustizia che i Di Rubba hanno sempre amministrato come se fosse una donna leggiadra.

dottor Giovanni Di Rubba

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