Bocciolo nel Tepore Mattutino

Musica, Ernest Herbert, 1880

 

Gira intorno ad un pensiero

l’anima silente nella sua imprudenza,

 

tu sul letto

a scardinare ogni idea

che dirompente si arresta,

 

l’assurda intromissione

in compromesso

ha tolto il velo,

 

godo dell’immagine

e ti afferro,

sei già pronta

alla delibazione sentimentale,

 

passi altrove

in fluida concatenazione

corporale

rifletti e gemiti

 

adorante ed adorabile.

 

Uno sguardo è già passato,

lo sbieco dell’occhiata

è estasi spiritica

e possente

come la tua mano

contenente

il germoglio del ricordo,

 

in un colpo scarichi l’etereo,

 

secerni l’assoluto dalle edere,

tanti passi,

invisibili gli stampi,

pure le atroci dimenticanze

sono schiarite

dall’ombra del tuo volto

intatto nell’altrove della parete.

 

Brucia la vivida

amalgama stupita,

il certo vive assente

nel privato scranno,

 

in cima tu

e l’erbetta è già tradita

dal dito

che invia un segnale

nel vuoto dell’essente

plasmando l’autentico

dall’inautenticità vitale.

 

Diffidente sbuffi

e strizzi l’occhio,

 

tre volte grande,

magnifica,

somma,

cenno creativo,

maestranza inerme

 

e virtuosa, fremente.

 

La dualità distrutta

dal femmineo senso trinitario

ed unica somma,

gradiente totale dell’invisibile,

 

risma impressa per sempre.

 

Il desiderio non si spegne

e riparti audace,

 

instancabile respiri

profondamente,

bellezza al massimo fattore

nel tuo visino carino.

 

Il segreto non sarà svelato ancora?

 

Decidi pure se farlo o no,

la sintesi si attiva

quando il meccanismo

è ingranato dalla chiave

e dalla svolta attesa.

 

Il bello deve venire

nel momento in cui

trasvola il vento

sui tuoi capelli

dando fiato alla materia,

 

c’è tanto da dire,

più da fare,

invadente scoprirai

il piede con la metrica ribaltato,

 

i tre quarti dell’attacco,

 

ti aspetto.

 

Puoi dire sette parole,

la formula e trottare,

intimo verso

specchio dell’eterno,

due occhietti

schegge di ciliege,

labbra fragolina

nascosta

 

nella variopinta collina.

 

La sabbia segna un solco

nella clessidra,

 

si blocca il tempo

e tutto scorre staticamente,

 

in un attimo incontriamo il divino,

 

dentro noi sorge un inviolabile

destino, indecifrabile

ma sensibile e percepibile.

 

In inscindibili sentieri fulgidi

passeggiamo e poi

 

improvviso il ritorno.

 

Sei ora stanca e chiudi gli occhi,

 

d’accordo, sogna,

sogna che si inizia,

dirime il discorso e si fa senso

reale soccombe al vero!

 

Sorridi disincantata,

quell’espressione svanita,

esplosione di colori

nell’alterigia seducente,

 

una parola vorrei dirti

ma non so andare oltre,

graffia il fermento

il tuo sguardo sicuro

 

e sei nei miei sogni,

nei pensieri,

nei gomitoli teneri

di speranze perdute,

infrante e disperate,

 

hai già deciso ormai,

io ultimo frammento

del tuo disprezzo,

il punto che non tiene

del tuo discorso,

 

solo il vapore del tuo treno

in partenza,

ce la farò a dimenticare

le tue mani docili,

magari l’occhio tuo cadrà sull’ultimo

rigo

e dal vile silenzio

un rapido ricordo

volerà fino al mio volto.

 

Splendida luce delle mie notti,

colore dei miei giorni,

furore delle mie rivolte,

 

splendida non puoi dimenticare.

 

Inchiostro di pagine oscure,

rossetto impresso

sulle labbra,

brina mattutina,

 

non puoi dimenticare.

 

Guardi dal finestrino,

il vento ribelle

scuote i tuoi capelli,

l’orologio tiranno,

l’ansia del domani,

io più ti guardo

più stringo il dolore,

più mi rinchiudo

 

bocciolo nel tepore mattutino.

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