Rachele e Lia; Dante Gabriele Rossetti
Leggimelo ancora nell’orecchio
quel verso che hai già detto
distratta tra una bevanda e un’altra,
le tue mani mi carezzan
e sfiorano le corde dell’ardore,
pure eppur così perverse
come mandorle dischiuse,
in fiore i tuoi giardini dell’oblio,
ove ponessi i tuoi riccioli biondi
come limite del senso
credo avremmo dei problemi,
le questioni dell’umanità insolute
da noi risolte
e rivolte alla noncuranza,
stretti nella stessa barca
e comunque così distanti,
il mio verbo sprigiona clamori
ormai celati
ma la tua mente va già altrove
e si perde nei miei occhi,
io fattorino del destino.
Arcadia mia della luna a mezza falce,
riflessa all’acquitrino
io a sbuffo vorticoso,
cigno solo nei tuoi sogni,
viaggio e parto più lontano
nella nostalgia del tuo ritorno,
di allori adorno,
mi innalzo e tu mi scansi
e sorridi, forse ti perdi,
affinché gli occhietti verdi alla Baricco
blu d’oltremare a danzare
possan indagare il limite del professore
o del pittore dalle frasi sospese,
tu raccontami di te,
io ti esalto ma mi eclisso,
resto in un angolo,
piattino in mano,
due o tre grammi d’amore riflesso
me lo danno i tuoi nuovi sorrisi,
sugli scogli a Mergellina
il sole inzuppa il mare
e gode nell’eco perso.
E coll’asticella del violino
a fare esercizi di solfeggio,
ho composto la nostra tensione,
non hai voglia di esternarla
ma leggendo una lacrima
dal cuore scende fissa
ed è un minuto e un rigo
che il saluto è già svanito,
sul fiume a naufragare
le parole come dai tuoi occhi il sale,
scrivo solo,
sembra inutile, ma continuo,
guarda, e fremo,
un po’ stanco mi rivolto,
tu mi ignori ancora,
ma va bene,
resta il vento tra le foglie
e le tue canzoni spoglie.
Allora invadiamo
le regioni mai imparate,
tu fai conti ed i bilanci,
tu dai segni di resa
colle dita e ti adagi sugli specchi,
impressa e non arrampicata,
tu sei la gioia di questa sala
che ti attende e l’ultimo fremito spende,
un applauso folgorante
nei tuoi occhi scintillanti,
gioie mattutine
e tepori di primavera
tra i fiori di pesco
e le gocce di pioggia
imposte dai nostri silenzi.
Coll’elmo tra le mani
mettiamoci a naufragare ballate,
le tue dite intrecciano le mie,
è un momento di fermento totale,
è un momento di sgomento
mai così sincero ed infinito.