La Parte Femminile di Dio

Un uomo e una donna davanti alla luna, Caspar David Friedrich, 1820, Alte Nationalgalerie, Berlin
Interpretazione selenica di Math Mathilde Delph, varco esistenziale notturno, guizzo sugli abissi della femminea luce lunare del sole. For Ever Loving Jah; Italian Version

Come da Noi ampliamente detto altrove, Dio, Unico e Trino ha in sé Corpo-il Cristo, Spirito-lo Spirito Santo ed Anima-Dio stesso Padre, che si rapportano e proiettano ad un tempo nell’essere umano e nell’uomo, plasmato dal fango-corpo, e con il pneuma, il soffio vitale, dotato di Spirito ed Anima. L’Alma sua è essere ma può scegliere di non essere e ribellarsi a sé ed a Dio, a guisa di come Dio stesso ha un terzo di sé ribelle, gli angeli caduti, che sono non essere, non essere come parte-un terzo appunto- dell’essere che è Dio in Tre persone, e non essere ovverosia nulla che scimmiotta la Trinità divina, ribellandosi ad Essa.

L’uomo se, per il tramite del proprio Spirito segue lo Spirito Santo e si lascia da esso possedere, risplenderà in egli la Luce di Dio e l’alma sua sarà essere, ed agirà a tal guisa, come apparenza, manifestazione dell’essere per tramite dello spirito. Se non “ascolterà” la luce, scegliendo liberamente di seguitare ciò che non è, spirito scimmiottante, la sua alma non sarà ed in manifestazione, per mezzo dello spirito vacuo, sarà non apparenza ma etalagia.

Ci inoltreremo ora, rimandando ad una prossima trattazione ciò che inerisce la figura Mariana, alla parte femminile di Dio, compresa nei suoi due terzi e scimmiottata nel suo terzo ribelle.

Per farlo risaliamo ad origini e riti atavici dell’Africa al di sotto del Grande Deserto, quando questi era pianura splendente e non covo di dèmoni. In quell’area che oggi chiamiamo Etiopia, ma che un tempo era molto più estesa, la terra della Regina di Saba.

Procediamo con ordine. Partendo di lontano. I primi studi seri e rigorosi fatti sulla cultura africana, in particolar guisa sulla filosofia e sulla teologia indigena, sono a Nostro avviso stati effettuati da Celesine Monga, in particolar modo nella sua opera maggiore, “Nihilisme et Nègritude”, ove teorizzava la esistenza in età contemporanea di un vero e proprio Esistenzialismo Nero, di età risalente, arcaica, che purtuttavia ha subito una propria evoluzione. Ma inoltrarsi in questo Universo richiede un cambio di rotta possente nel nostro modo di intendere e discernere le cose. Un cambio di rotta che pone al centro di tutto la musica, il ritmo, non la parola. “La potenza della musica ha la capacità di trattare il Nulla, intriso nelle pieghe dell’esistenza quotidiana, per trasformarlo”, scrive Monga, che prosegue “il nichilismo è l’adattamento ironico alla disfatta del postcolonialismo, da cui la musica risuscita il futuro, rianimando l’armonia dell’esistenzialità nera, col suono e con la danza, e rigenelandola” attingendo a l passato, aggiungiamo Noi. Prosegue ancora ”ciò non perché l’emozione è nera e la ragione ellenica ma perché la arti musicali si impongono sovente ai nostri occhi come vettori efficaci delle nostre Verità più intime” quindi della Verità Assoluta. Quivi cantanti e musicisti e danzatori vengono ad essere sociologicamente indefinibili in quanto loro medismi Primi Attori di un processo di Rivoluzione delle Realtà Attuali. Sono essi Profeti del Futuro.

Così nelle arti riprendono a vivere le libertà ed i diritti civili, individuali e personali inghiottiti dallo Stato Postcoloniale, nascono, attingendo a ciò che è per loro sempre stato, come critica al razzismo. Le arti vengono ad essere le prime Teorie Critiche della Società, in particolare la musica urbana che, esercitando una sorta di satira del potere e delle ingiustizie sociali, è la Metamorfosi Costruttiva della Comunità Tradizionale. Un meccanismo di ribellione che sembra paradossale, nuovissimo ma con fondamenta ataviche.

Canto, musica, danza, all’unisono, plasmano la Comunità, il Consenso, l’Appartenenza, l’ Identità e la Cultura assurgendo esse a vero centro, quadro di riferimento  axiotico.

Ma la filosofia africana non può essere filosofia del linguaggio ma vera e propria filosofia della musica. Con un cuore pulsante: il RITMO. Komage, sapientemente, ne “La Divina Pastorale” esplicita il significato esoterico del ritmo e del suono, come qualità distintive delle culture orali, anzi, di più, come Lessico Intimo della Loro Oralità.

In buona sostanza il ritmo viene prima di ogni parola e la sostituisce. Come nota sempre Komage, traducendo il Padre Nostro, la parte “venga il tuo Regno” per essere compresa, andrebbe tradotta con “si diffonda ovunque il Suono del tuo Tamburo”. La musica viene ad avere il primato nella relazione dell’uomo con Dio: le Vibrazioni creano un Contatto Intimo allo stesso momento in cui evocano l’invocabilità stessa, l’intangibilità, l’inafferrabilità, la trascendenza assoluta. Tale idea consacra il Tamburo o il Bonghetto a strumento protagonista del loro Consonare. Di tal guisa e solo così la Parola Divina si offre all’essere umano. L’essere umano -corpo, anima e spirito- risale lungo la linea degli Esseri e cerca il Creatore, l’Uno, attraverso l’intercezione, che è tradizione, dei Loro Antenati. Le vibrazioni delle percussioni sono dunque un vero e proprio vettore, Spirito.

Termine ultimo di tale elevazione è la prossimità, ripeto, la sola prossimità, con la Parola, con il Verbo, invocato dal tamburo. Il Tamburo, IL Bonghetto sono l’Organo Mistico che Sussurra all’Anima, ad un tempo le sue Vibrarazioni sono Spirito Evocante e Spirito Comunicante.

La percussione, il tamburo, è l’espressione dell’agire di un essere sull’altro ed anche di un essere con l’altro, sostituisce la Parola, il Verbo, che è un Privilegio Esclusivamente Divino.

In questo humus ben si colloca il Jazz, urlo di protesta della Schiavitù Afroamericana, così come l’hip hop Afrocaraibico, il Panafricanesimo di cui Bob Marley fu assurto, quasi, a ruolo di Profeta.

E di qui due parole sul fenomeno Rasta, come cultura urbana, e sul terreno filosofico/teologico su cui si fonda. Percorso che, a ritroso, ci porterà ad intuire, nel Nostro intimo-si spera-l’essenza femminile, femminea, di Dio.

La cultura Rasta si fonda sul Rastafarianesimo, credo cristiano che vede nella figura di Haliè Sellasiè la reincarnazione del Cristo prima della Fine del Tempo. Egli stesso si autoproclamò “Ras Tafari”, ovverosia Capo Terribile, altrimenti traducibile come Terribile Giudice o Grande Giovialista. Altri titoli che si attribuì furono eletto di dio, negus neghesti (Re dei Re), luce dei popoli, leone della Tribù di Giuda. Oltre alle Sacre Scritture la fonte su cui si basava la suddetta teologia era il Kebra Negast.

Haliè Selasiè presumeva di discendere da Menelik, figlio della Regina di Etiopia Saba e del Re Salomone. Menelik è tuttora considerato il capostipite della Dinastia Cristiana Etiope, che deterrebbe addirittura, nel Sacro Santuario di Axum l’”Arca della Alleanza”, contenente le Dieci Tavole della Legge. La stessa capigliatura ad uso tra molti Rasta, i Dreadlocks, le famose trecce, sarebbero un richiamo al nazireato, voto di alleanza fortissimo ed indissolubile-proprio come le trecce rasta-fatto a Dio da certune persone-ricordiamo, tra gli altri la forza di Sansone-. C’ è da dire che la Cristianità Etiope vedeva e vede nella ricchezza e nel lusso, identificati col metallo, la figura della perversione di Babilonia, che identificava con i colonizzatori, sfruttatori delle loro terre e cercatori d’oro e diamante e di avorio. Resta da dire che, come culto Cristiano, si mostra però pacifico e non attacca né annienta il male-concetto impensabile per un africano ed in buona logica, giustamente, inconcepibile per tutti- ma semplicemente lo respinge, lo allontana.

E ora spalanchiamo le porte al soffio limpido della quaestio. La parte Femminea di Dio. Partiamo dalla divinità da loro adorata, Dio, JHWH appunto, Dio Unico e Trino. Il nome datogli è JAH. E per seguitare facciamo un passo indietro, molto indietro, alla Creazione.

In principio lo Spirito di Dio Aleggiava sulle Acque, o sugli Abissi a seconda della traduzione. Sposiamo in parte la seconda ipotesi. E analizziamo due figure Primordiali: il Leviathan e Jahoel.

Il Leviathan rappresenta il Caos primordiale, governò dopo la Creazione tutti i Mostri Marini e delle Acque, essendo Egli Stesso l’Abisso, Spirito Cobalto d’Egitto, Coccodrillo, (Krokodeilos), Principe degli Abissi e delle Acque Salmastri e Paludose, non delle acque materne, ma essenza di foco distruttivo,  Serpente Antico, Draco, dalle zanne mostruose e gli occhi che saettavano raggi maestosi infuocati. Causa di Tempeste e Maremoti. Orbene al Principio, prima che fosse la Luce, questi voleva unirsi con Behemoth, mostro femminile che spadroneggiava sulla Terra e Governava i Grandi Mostri Terrestri. Mentre il Leviathan si abbeverava, nutriva, ovverosia traeva energia dal Giordano costei si abbeverava al Jubal, fiume dal medismo nome del nipote di Caino, che rappresentava la potenza dell’arte, dall’ebraico “corno” “tromba” o “vibrazione”.

Questi due mostri rappresentavano l’essenza negativa, distruttiva, in opposizione al Dio Creatore, la ribellione ad Egli, il Terzo ribelle era nelle loro mani. Ma pur tuttavia essendo non essere occorreva che traessero comunque forza ed energia dall’essere, dai due terzi attivi, per spargere caos, distruzione e divisione. Leviathan dal Giordano, figura della parte Maschile di Dio, Behemoth da Jubal, figura della parte Femminile di Dio.  

Per comprendere questa parte Femminea, la Jah di Jahwé, dobbiamo fare un’altra, breve, regressione. Analizzando due figure: Giona e Gioele. Due profeti veterotestamentari citati da Matteo e da Luca, nonché ritornare su Salomone e Saba, come citati da Matteo assieme, di nuovo, a Giona.

Partiamo da Giona. Il suo nome significa “colomba”, emblema della Pace. Egli, come raccontato nel Libro omonimo, viene investito del compito di profetizzare la conversione alla città di Ninive. Questi però ha paura e si imbarca clandestino su una nave che fa rotta verso Tarsis, città identificabile con l’Italia Meridionale. Viene scoperto e, come naufrago, gettato in mare e divorato dal Leviathan stesso che però, dopo tre giorni, è costretto a vomitarlo, per la purezza di Giona. Questo episodio non solo è prefigurazione della discesa agli inferi per tre giorni di Gesù Cristo ma anche, anzi assieme, prefigurazione dell’Era della Creazione, in cui Leviathan inghiotte per voracia il Sole, ossia il Giordano tutto, l’Essere masculino ma la potenza stessa e la purezza e la forza creativa lo costringono a rigettarlo. Come il sole che tramonta ogni giorno inghiottito dagli abissi, dalla cascata illusionistica, ma poi, al far dell’aurora, il Leviathan è costretto a rigettarlo non potendo contenerlo. Ricordiamo la Genesi che sottolinea sempre, per ogni giorno di Creazione, questo episodio primordiale (e fu sera, e fu mattina) la Resurrectio, dopo le Tenebre viene la Luce. Giona quindi ritorna a Ninive e profetizza quaranta giorni di astinenza per la purificazione e per fermare la Mano Possente di Dio. 40 giorni che prefigurano sia i 40 giorni di Cristo nel deserto, la Penitenza, ma anche i giorni che, collegandoci all’episodio del Leviathan, i giorni che separano la Resurrezione del Cristo dall’Ascensione in Cielo. Tre giorni negli Inferi, negli Abissi, Quaranta sulla Terra.

Venendo a Salomone, padre di Menelik, da cui deriva la stirpe Africana del Cristianesimo, il suo nome ha un significato simile a quello di Giona, ancora più esplicito, significa “Pace”.  Purtuttavia, anche essendo uomo di Dio da cui ricevette Sapienza e Discernimento, ebbe un limite, quello di amare troppo la bellezza terrena e di tentare la pace sincretica, che, come vedremo, non è la Pace di Cristo. Saba, da cui ebbe Menelik, si recò da Salomone per conoscerne la Sapienza e proporgli Tre Enigmi-simbolo dei tre Misteri (Dionisiaci, Eleusini e Orfici)-che Salomone indovinò prontamente, anzi per beffarne la vacuità, già intuita, all’ingresso della Regina fece istallare uno specchio sul pavimento, specchietto per le Allodole si sice ancora oggi, e la Regina ci cascò, alzando l’orlo della gonna.

Queste tre figure appaiono anche in Luca, 11; 29-36, ed in Matteo, 12; 38-42. La narrazione di Matteo è più completa, assorbe quella di Luca, ed ammonisce la generazione che chiede segni, quando l’unico Segno è il Cristo stesso, e Cristo è come Giona, che discese tre giorni e tre notti negli Inferi e resuscitò, ma superiore ad egli, che non resuscitò da morte e che poi ebbe il limite della disobbedienza, fuggendo per paura, a differenza del Messia nel Getsemani. E perciò dice che, nonostante questa “inferiorità”, Ninive si convertì, ma loro, pur avendo il Segno del Dio incarnato, se non lo faranno, saranno trattati ben peggio, giudicati da Ninive stessa.

Nel passo è citato anche Salomone, dicendo che Egli è più di Salomone, perché questi ha come limite l’amore per la bellezza terrena, per la pace sincretica, essendo invece Cristo la vera Pace-vi lascio la Pace vi do la Mia Pace-. Ricordando anche il Salmo 85 (84), Misericordia e Verità si Incontreranno, Pace e Giustizia si Baceranno. Questo alla fine del Tempo. e un accenno anche a Saba, la Regina del Sud citata nel passo, che, venendo dalla estremità della Terra, giudicherà questa generazione. Notiamo che si parla di questa generazione perché con le Sacre Scritture non esiste storia, la Verità non è storica, le Scritture si riferiscono a chi legge, hic et nunc, a questa generazione. Ma su questo torneremo in un altro articolo.

Importante sottolineare questo aspetto, però di Saba, Regina del Sud, ricordando anche che ella scorse un Legno sul Giordano che proveniva dall’Albero della Conoscenza del Bene e del Male, quello dei cui frutti mangiarono Eva ed Adamo, e su quel legno sarà crocefisso il Cristo stesso. Il matrimonio/unione tra Saba e  Salomone è visto dai Padri della Chiesa come prefigurazione del matrimonio tra La Nuova Ecclesia e Cristo, matrimonio di cui loro saranno i Testimoni. E la Regina stessa per Rabano Mauro è la prefigurazione dei Magi.

Venendo a Gioele, vediamo che si parla di lui anche negli Atti degli Apostoli, oltre che nell’omonimo Libro.

Anche quivi riferimento alla fine del Tempo citando la valle di Giosafat ove saranno giudicati i Fenici di Tiro e Sidone ed i Filistei dal Grande Giudice. Tali segni saranno preceduti da una invasione di cavallette e dalla siccità dei campi, la morte sia dei cereali che delle vigne. Un popolo potente con Denti di Leone avanzerà minaccioso, Sole e Luna (parte maschile e femminile dell’Unico e Trino Dio) si oscureranno e le stelle (angeli ed altre gerarchie angeliche) tratterranno il loro splendore.

Ma Gioele invita a Lacerare i Cuori, non i Vestiti. Un invito alla pace di Cristo, alla Misericordia, al respingere i nemici non annientarli. All’amare tutti i fratelli e sorelle. A non lacerare i vestiti, ossia a non far guerra ma anche a non usurpare dei beni della Terra per ingordigia, né a sfruttare gli altri, né a cadere in facili mode. Lacerare i Cuori, offrirsi a dio, Amare!

Misericordia e Verità si Incontreranno, Pace e Giustizia si Baceranno.

La Creazione è dunque intimamente legata alla Fine del Tempo, Leviathan e Behemoth non si unirono perché Jahwè e precisamente Jah, o Joel, come l’omonimo figlio di -che significa Dio è Padre, ma anche Vibrazione Musica, Corno Tromba- o Gioele, come l’omonimo profeta-che significa Jahwè è Dio- vale a dire la parte artistica e femminile di Dio col suono delle vibrazioni allontanò il mostro degli abisso, impedendo l’unione con Behemoth. Il vecchio fiume non piange più rugiada, l’Amore trionfa grazie all’arte, alla musica, a Jah o all’atavico Ahh ossia la luna, da cui vibra ogni melodia, e la Fine del Tempo non spaventa l’animo limpido, che plana su ali dorate.

Misericordia e Verità si Incontreranno, Pace e Giustizia si Baceranno.

Forever!

Un commento

  1. Mi piace questa disquisizione mistica-religiosa che permette di conoscere meglio la spiritualità ed il concetto esoterico della parola Dio.

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