Beatrice Bronzina

a scapigliata

“La Scapigliata”; Leonardo da Vinci

Lettere mie leggere si espandono nell’aria

e vibrano

sotto il dominio del tuo respiro,

 

il bianco e le righe e gli spazi,

dualità nei tuoi occhi

mentre sorridi,

furbetta e dolce,

carezzi l’aria

come specchio del tempo,

 

sembri dimenticare

il sogno

nel tuo viaggio sognante,

mia docile, ardita, stordita essenza,

su questa carta ancora ti penso.

 

Verrà di nuovo l’inverno gelato

se non rivedrò il tuo sguardo.

 

Soffia il vento,

il tuo verbo in me.

 

Quando penso al flusso cosmico

sembra quasi inutile ogni mio sforzo,

avvinghiata alla tua apparenza

irraggiungibile,

 

concreata e reale invece

guardi comunque altrove

e, in fondo, dai,

a cosa servono i miei brividi

e i miei sussurri,

 

puerili, stupidi, orribili,

suoni stonati,

 

fascino spento.

 

È così?

Ripeti e rendi tuo

barlume nell’es

tuo stesso

imprimatur

il mio pensiero esposto,

 

e diviene universale

-da anima mundi

a inconscio collettivo-

 

brillantemente

fai finta di niente

e non ci sei quando sei qui presente,

compari e ti imponi se assente,

non serve la mia maschera

né il tuo velo,

 

getta la monetina

nella mia limpida acqua

e vai via,

già lo so.

 

Adesso imbracci la tua chitarra,

ogni mia nota si è spenta,

sgorga nel mare immenso

il mio sentimento nascosto,

 

e prenditi gioco,

ancora guarda in alto,

mai vedrai sotto al tuo naso

la congiunzione col tuo spirito,

 

vai continua,

il mare è calmo e pacato,

mi accoglie,

non c’è male

ma non dico addio sole,

non dico addio a te,

 

mia luna,

 

in te vibrerò

quando non sentirai che un rumore

lontano,

un fiato stranito,

vai prosegui,

vai, vai,

vedi che non mi vedi,

distorto eppure così sincero

il tuo sguardo

e poi ancora,

ancora io,

 

fruscio del silenzio

e palpito del tuo polso

dai mille odori,

 

tremori

 

quando non ti appare

più nulla chiaro,

 

stupore,

 

ritorni in te e non ne hai più bisogno.

 

Trapunta tuttavia e tutta bella

carina questa sera,

i miei passi raddolciscono

l’atmosfera

della tua tenebrosa

ancestrale ascendenza interstellare,

 

guarda quanti intellettuali

e che belle donne

coperte da un narcisistico velo

o più spesso stereotipato,

 

preferisco di gran lunga ancora te,

anche se alienata,

 

lontana e sbiadita.

 

Informazioni riportate

e risse con citazioni ed asterischi,

una canzone non puoi mai filosofare,

l’argomento deve essere amoroso,

politico o tuttalpiù sociale,

 

e la cartomante viandante,

gonna zingaresca,

che incrocio sorridendo

in strada spianata

dalla pianura alla radura

nella tundra leonessa

di montagna estinta

e della mia folle scommessa

mi strizza l’occhio

punzecchiato l’orecchio

 

steso il sentimento.

 

Scocca, scocca come un’ombra l’ora,

è inutile, guarda aspettare,

agiamo finché possiamo,

l’astuzia e l’altitudine

ed anche il volo degli uccelli

ci è propizio,

 

non possiamo proprio ora indugiare,

spaurirci,

anche se forse

non mi sento bene

bevo qualcosa di forte,

ho il gin che mi provoca

rigurgito umano temprato

come l’anima di un invitato

inviolato,

scomposto e deposto,

 

non ti preoccupare

ho un corpo speciale

e resistente all’urto

e allo sciupio

e proteso spirito direzionale

al continuo viaggio spirituale,

 

se nascondo ciò che scrivo

è per pudore,

 

cara leggi prima che sorga il sole.

 

Urlo come un pazzo

in piazza

che amo quella ragazza,

 

la amo troppo

 

il mio pensiero

per una completa analisi

trascendente e sentimentale

è troppo corto

fiato smorto.

 

Io la amo troppo,

 

è questo il punto,

soffrire per realizzare

un impossibile sogno,

 

un ricordo speciale.

 

Bella tutta bella,

esercito schierato

ti ho sfiorato

 

guancia e labbra

in descrizione sommaria,

mentre rileggo il mio taccuino

mi esalto dall’estasi estemporanea

e taumaturgica

che ravvicina il significato teleologico

al prossimo discorso, bevo,

bevo ancora vodka pura,

 

si rischiara la memoria

dell’autunno in mezz’ora.

 

Io ti amo più dell’universo,

inciderò sul nostro muretto

tutto questo,

 

indelebile lo scorgeremo

come sogno esausto

e dimesso all’inciucio dialettico.

 

Urlo da svenire,

credetemi è questo il mio sentire,

il futuro lo ritroverò nel passato

 

con vigore accresciuto.

 

Io la amo troppo,

follia nel destino capovolto,

 

la amo troppo,

tradirei me stesso

 

senza lei.

 

Butto la cicca

ormai spenta per ripicca.

 

Forma intensa nostra intima sostanza!

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