“La Scapigliata”; Leonardo da Vinci
Lettere mie leggere si espandono nell’aria
e vibrano
sotto il dominio del tuo respiro,
il bianco e le righe e gli spazi,
dualità nei tuoi occhi
mentre sorridi,
furbetta e dolce,
carezzi l’aria
come specchio del tempo,
sembri dimenticare
il sogno
nel tuo viaggio sognante,
mia docile, ardita, stordita essenza,
su questa carta ancora ti penso.
Verrà di nuovo l’inverno gelato
se non rivedrò il tuo sguardo.
Soffia il vento,
il tuo verbo in me.
Quando penso al flusso cosmico
sembra quasi inutile ogni mio sforzo,
avvinghiata alla tua apparenza
irraggiungibile,
concreata e reale invece
guardi comunque altrove
e, in fondo, dai,
a cosa servono i miei brividi
e i miei sussurri,
puerili, stupidi, orribili,
suoni stonati,
fascino spento.
È così?
Ripeti e rendi tuo
barlume nell’es
tuo stesso
imprimatur
il mio pensiero esposto,
e diviene universale
-da anima mundi
a inconscio collettivo-
brillantemente
fai finta di niente
e non ci sei quando sei qui presente,
compari e ti imponi se assente,
non serve la mia maschera
né il tuo velo,
getta la monetina
nella mia limpida acqua
e vai via,
già lo so.
Adesso imbracci la tua chitarra,
ogni mia nota si è spenta,
sgorga nel mare immenso
il mio sentimento nascosto,
e prenditi gioco,
ancora guarda in alto,
mai vedrai sotto al tuo naso
la congiunzione col tuo spirito,
vai continua,
il mare è calmo e pacato,
mi accoglie,
non c’è male
ma non dico addio sole,
non dico addio a te,
mia luna,
in te vibrerò
quando non sentirai che un rumore
lontano,
un fiato stranito,
vai prosegui,
vai, vai,
vedi che non mi vedi,
distorto eppure così sincero
il tuo sguardo
e poi ancora,
ancora io,
fruscio del silenzio
e palpito del tuo polso
dai mille odori,
tremori
quando non ti appare
più nulla chiaro,
stupore,
ritorni in te e non ne hai più bisogno.
Trapunta tuttavia e tutta bella
carina questa sera,
i miei passi raddolciscono
l’atmosfera
della tua tenebrosa
ancestrale ascendenza interstellare,
guarda quanti intellettuali
e che belle donne
coperte da un narcisistico velo
o più spesso stereotipato,
preferisco di gran lunga ancora te,
anche se alienata,
lontana e sbiadita.
Informazioni riportate
e risse con citazioni ed asterischi,
una canzone non puoi mai filosofare,
l’argomento deve essere amoroso,
politico o tuttalpiù sociale,
e la cartomante viandante,
gonna zingaresca,
che incrocio sorridendo
in strada spianata
dalla pianura alla radura
nella tundra leonessa
di montagna estinta
e della mia folle scommessa
mi strizza l’occhio
punzecchiato l’orecchio
steso il sentimento.
Scocca, scocca come un’ombra l’ora,
è inutile, guarda aspettare,
agiamo finché possiamo,
l’astuzia e l’altitudine
ed anche il volo degli uccelli
ci è propizio,
non possiamo proprio ora indugiare,
spaurirci,
anche se forse
non mi sento bene
bevo qualcosa di forte,
ho il gin che mi provoca
rigurgito umano temprato
come l’anima di un invitato
inviolato,
scomposto e deposto,
non ti preoccupare
ho un corpo speciale
e resistente all’urto
e allo sciupio
e proteso spirito direzionale
al continuo viaggio spirituale,
se nascondo ciò che scrivo
è per pudore,
cara leggi prima che sorga il sole.
Urlo come un pazzo
in piazza
che amo quella ragazza,
la amo troppo
il mio pensiero
per una completa analisi
trascendente e sentimentale
è troppo corto
fiato smorto.
Io la amo troppo,
è questo il punto,
soffrire per realizzare
un impossibile sogno,
un ricordo speciale.
Bella tutta bella,
esercito schierato
ti ho sfiorato
guancia e labbra
in descrizione sommaria,
mentre rileggo il mio taccuino
mi esalto dall’estasi estemporanea
e taumaturgica
che ravvicina il significato teleologico
al prossimo discorso, bevo,
bevo ancora vodka pura,
si rischiara la memoria
dell’autunno in mezz’ora.
Io ti amo più dell’universo,
inciderò sul nostro muretto
tutto questo,
indelebile lo scorgeremo
come sogno esausto
e dimesso all’inciucio dialettico.
Urlo da svenire,
credetemi è questo il mio sentire,
il futuro lo ritroverò nel passato
con vigore accresciuto.
Io la amo troppo,
follia nel destino capovolto,
la amo troppo,
tradirei me stesso
senza lei.
Butto la cicca
ormai spenta per ripicca.
Forma intensa nostra intima sostanza!