Rottura d’Equilibrio

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John William Godward; Allo Specchio

 

Potremmo, faceti, seguitare

 

Così colà

 

e la realtà si sgretola

tra mille sorridenti

rullii suadenti

quando nell’istante

schiocchi

le pallide dita

affusolate al pianoforte

 

e tu così

rompi dell’equilibrio

 

Il tramato intreccio.

 

Come quando

dici

 

(forse

stendendo

lo spasmo

verticale

come al sole

viola dal colore)

 

se nell’intentio

svelassi il senso,

 

ma l’entusiasmo che dai

non è infinito

perché

rompe disparico

il pari perfetto.

 

E sei aneddotica

nella solita vanagloria

quando stanca

muggivi armenta armata

di miagolii gaudenti

nell’angolo

immorale

della scollatura

frenetica

che gesso

dà al nuovo anno

il principio

concludente

 

quando sali le scale

del parapendio

strategico

implorante

all’oratore

di oziare

 

e poi lasciarci stare.

 

E trini

non pronunciamo

vocali,

 

ci intendiamo

lo stesso,

 

io nella storia

 

tu nella gloria.

 

Gomitoli rinascimentali

 

Rinvigorisci

alle putride acque

musa immemorabile

dal tuo capriccio

musicale

alle intestazioni

del tuo muto desiderio

 

scopri ciò che poi smarrisci

mentre ti intristisci

e spasimi all’equatore

 

mentre Miller è in esilio,

 

l’isola,

l’eremo

della tua ultima canzone,

 

sei come sei

 

tu sei,

 

e dici sgrammaticando la narrazione

che novità

non c’è

oramai nell’intuizione,

 

forse magari

pulluli ancestrale

 

e trasale

l’entusiasmo

di quando stanca

dici accorata e sonnambula

 

rispondo a me

 

ed alla stessa

tua assuefazione

enoica

e sconnessa,

 

mi racconti ancora

di quando fui, fuimmo,

fummo, facesti,

reggesti

 

letta poco,

 

ma questo

sciogli brighe

dialettico

è il nostro scontro,

 

magico incontro

 

incontaminata

collocazione naturale,

 

collisione

o congiunzione,

 

e il savio

dice ancora

 

è sera.

 

Però è così

che riaggomitoli

assuefatta ancora

ed austera

 

dissi altera,

 

badando

a ripetere

nella numerazione esatta,

 

se la musica svanisce

il silenzio

si fa sentire

 

risorge

il rinascente

sogno di noi due,

 

panchina e Toledo,

 

stretta la via

larga la soglia.

 

Stesa nella nebbia

 

Sogno lucido del tempo,

sei già la stessa

dei tempi dirottati

dall’umido incupito

e nel colore

lo splendore

di crestomante

chirica,

 

sorprendente,

assurta

a silenzio

e sei tu quella

che muore in gola

nel pensiero,

 

tutto corretto.

 

Ma nella sua inclinazione

ci ricongiungiamo

anime solinghe

 

stanche,

 

anime pullulanti

tra neve e parco

si ricongiunge

 

il patto d’assoluto.

 

Quindi

inventando stendardi

del respiro

che trepidano furenti

fumetti

 

all’arme!

 

armi in pugno

nella pugna

del sospiro

del tuo contorto

periodo

invettivo

nella incitazione

del sentiero

 

il veliero

a vele gonfie

imbatte

acqua

tagliata

a cavallo

dell’epica

storia

introversa.

 

Punto inclito.

 

E da ora

percepiamo

esponenti

della nobile

classe

animale,

 

ruggenti terrestri  naturali

tanto pinti e tanto riti

da aborigeni scandinavi

 

a mezzanotte

sogni ancora

la angelica diabolica sostanza.

 

E tutto ricomincia,

circolo finale,

 

stesa nella nebbia.

 

 

L’esibizione stonata

 

Duecento

persi nel tempio,

 

lo stupore fulgido

dell’aurora,

 

la tua stonatura vistosa,

 

il sorriso,

 

pianto antico.

 

Cadono stelle

d’inverno,

 

la fine del mondo

e l’Ellesponto,

 

Cerbero

il cardine traviato

naufrago

del sollecito

svolazzamento coerente.

 

Pindarico circense,

pitturino

panegirico

violato

in santità

sanscrita

 

e sciupio diagonale.

 

Eccomi qua,

 

chi va là.

 

Sostituisci purità

con l’impurità

e viceversa

cerca la gloria

nell’ultima mia perversa memoria.

 

Così,

capisci poco,

io nulla dico

tutto espongo,

 

tutto intimo e nascosto

 

parlo

di scie e di eliche,

di nibelunghi

cornamuse

e celti

cornuti

 

con le loro meretrici,

 

proiezioni d’incanto

su tele di stupore,

tutta tremante.

 

Così,

capisci a tratti,

 

e  sembra casuale

il nesso eziologico

dekantato.

 

Declinazione inviolata

 

Se la parola

si arrestò

il pensiero

stupito

si incantò

 

scucito

dalle tue

pallide

storie

da attrice

carina

mi dicevi,

 

soltanto

per perder tempo,

 

qualcosa,

 

il volto

nostro distratto

 

e noi due

ci perdevamo

soliti

eppur cambiati dal tempo,

 

soliti

eppur così lontani

da anni

 

ma io non dimentico

l’amore

per sempre

sogno mio

ed i tuoi

mondi

che perversa

sillabavi

a bocca tracotante.

 

Quando

allontanati tutti,

e tu per prima,

 

solo

sentivo ad occhi chiusi

e sento ancora

la voce tua.

 

Tu che disperavi

io ora che stringo

il cuscino

folle tra vie solinghe,

 

folle

e perduto per sempre,

 

però non dimentico

te,

 

non dimentico

la mia

solitudine,

 

declinazione inviolata.

 

Il canto delle rose d’inverno

 

Silenzio

tra i rami secchi,

 

sospiri

tra braccia perdute

e nella via oscura

sola,

 

dici tenebrosa

l’ultima tua parola

è nota accompagnata

dal canto delle rose d’inverno

 

e la sciolta

bocca

del peccato

che magica

si posa

sul mio corpo

ormai perduto

da tempo,

 

vorrei

ancora te,

 

e sogno il tuo sguardo

piccola

luce mia

e sincera

nubilosa

dell’amore

 

delle spiagge

sbattute,

 

vento e capelli

che si arricciano

allibiti

 

ed il colore

vìola ogni costrizione

viola dall’altura

 

guardo

solo le voci del tempo

che gridano

innamorate

 

torna

piccola

mia mela assurda,

 

mia speranza vana,

 

torna dolce amore perso,

 

torna tra braccia stanche

 

solo un grido

 

sperso.

 

Incanto d’inverno mattutino

 

Ed è sul passo

felpato ed angelico

che alchemico

respiro

tra sensazioni ornamentali

mentre schiudi

come ninfa

lo sguardo

preciso

 

delle sirene,

 

incanto d’inverno

 

mattutino.

 

Ed ecco che risale

annidata la storia

dell’intero

universo

dietrologo

allo spauracchio

delle generazioni

che sono ora centrali

e gaussiane

come orteghette

statiche

e compresi

i tutti nuovi.

 

Eppure

si smuove

pittoresca

la curva

delle correnti perverse

avverse

 

al caos

da un ordine

quasi divino

e baricentrico

su grattacapi

densi di antenne

come paesaggi

toscani

 

fine ‘900.

 

Ad occhi chiusi e sospinti

 

Ad occhi chiusi

inizia il viaggio

desolato

e pullulante

di novità boschive

che si inerpicano

su sogni violati,

 

l’entrata

di dietro,

e silente

ascoltavo

i nostri sabati sera,

 

tra le mie invettive

e le tue memorie future

 

e presaghe.

 

Così

restavi

spalle al muro

mentre fumavi

e la magliettina,

quella rossa,

 

ripenso

all’oggi di noi

passato,

 

quelle notti d’atmosfera rarefatta

bianca,

 

comunismo ed anarchia

spirituale

 

intruglio,

 

forse è tutto completamente esatto,

 

vada come è andata.

 

Così sentiti svenire

dipingendoti

tutta dolente

la stiva

restia

dei tuoi amori

leziosi e tetri,

 

c’era anche lei.

 

La luce si è spenta tenebrosa,

è già l’alba,

ai pomi

diversi

e declinati

da metà degli anni ’10.

 

Ti ascolto

e ti percepisco

nell’aria

tutta carina

e piccina

com’eri.

 

MA 9120

 

Eri lì

tra catrame e stralci di

bottiglie

 

limpida

nella via tanto lontana

e familiare ormai,

 

i rifiuti

e nuovi sbocchi

austeri,

 

eri stupenda,

 

lo sai

 

le siga

consumano

l’ultima

lontana

speranza d’addio,

 

smetterò.

 

Sei nel mio cuore

lontana

 

ma sempre tu.

 

Ti amo,

tesoro,

ti ricordi,

 

quella sera,

 

tanti anni

di silenzio

 

e follia la mia,

 

tuttavia

non puoi

censurare

l’altura

ed il ripiano

dei sogni nostri,

 

sono anni

ma tu

muta

dicevi

ti amo,

 

bacio

svogliato,

 

a metà,

 

primo bacio.

 

Chi e cosa sei

oggi?

Felice magari di te stessa.

 

Guardami negli occhi,

non puoi rinnegare

la parte di te

fondamentale

in cui

c’è l’alma mia spersa

che ti ha dato

 

amore e libertà.

 

Riuscimmo a riveder le stelle

senza te

ma noi

siamo vissuti nell’inferno

e non puoi

dimenticarlo,

 

lo sai.

 

Amore lontano,

sei l’unica,

 

se passa tempo e storie

resti luna

lunatica

che cercava

di capire

senza saperlo

 

eppur tanto solare.

 

Amai solo te.

 

Luna bugiarda

 

Se l’ombra davvero

è un errore

non c’è memoria

e non deve esserci

negli occhi tuoi,

 

solo un amore di contorno

nello specchio disilluso

della realtà.

 

Se è vero

che sei una così,

una

da passare

avanti,

 

una da semplice estate,

01,

 

loro così,

noi colì.

 

Se sapessi davvero

la verità

l’entusiasmo di oggi

avrebbe

un ricordo

di un estimo

ultimo

passato

per diletto,

 

e magari

avresti il coraggio

finalmente

di dire

 

io sono

stata falsa

 

ma forse t’amavo.

 

Maglietta blu,

 

gli altri

non possono capire,

che noi

siamo

l’ornamento

 

di storie più importanti.

 

E davvero

la scelta è stata per me

difficile,

 

sai di cosa sto parlando,

non te n’è mai importato di me,

 

chi sono,

nulla di differente

di ciò che ero per te

anni fa.

 

Racconto fine a sé

 

Nel silenzio

del ronzio

di un tramonto

ai campetti

d’estate

 

capelli barocchi.

 

Potresti essere chiunque

ma comunque sei tu,

 

e lo sai,

 

non posso tacere di me.

 

Il tempo passato

te presente

e andata

 

non cambierei idea,

 

cosa vuoi

 

l’entusiasmo

semel ama

semper ama,

 

tutte

ed anche tu,

 

entusiasmo smorto

ravvivato

dalla memoria

palladiana

e dalle forme

stupende d’un tempo,

 

maledetti

noi,

 

non può nuocere il ricordo

e le armi

e la forza

non possono farlo tacere,

 

il potere del pensiero

non cambia

con la morte

o col

dolore

della prepotenza

 

anche se il presente

passato non è più

 

e lo ammetto

 

resta in ogni azione

profumo d’infinito

magari fine a se stesso

 

ma autentico.

 

Io non pretendo nulla ora,

 

racconto solo

 

senza paura.

 

Note e numeretti,

note e sentimenti,

 

amo il mondo così com’è.

 

 

Ragazzina splendida

 

Cercando me

scopro

che noi

siamo.

 

Sinceri respiriamo candidi

senza sovrastrutture

inutili,

 

siamo noi

senza

bisogno

di arzigogoli prolissi,

 

lei è lei

e senza parlare

canta di me già

 

e tu silente

e assurda,

 

vorrei dirti la verità

se solo

un attimo capissi

 

che la verità

la respiriamo

senza bisogno

di

gridare

 

con garbo,

 

senza bisogno

di sembrare

veri burattini.

 

Non è tutto esatto,

gli spiriti magni

talora

nel palazzo enorme

e splendido

sito nel limbo

non possono vedere

come quella ragazzina

l’essenza di Dio.

 

Una ragazzina,

dunque,

 

che dici non capisce niente

ma ha l’anima

in onore sublimata,

la salvezza della vita mia,

non sei tu,

 

è l’innocenza

dei suoi occhi

 

come cerbiatto spaurito

lei mentendo

non può che dir la verità.

 

Quattordici febbraio

 

Ovvio è tutto così chiaro

non è tempo per le nuvole,

 

curiose sono le nostre anime

ma altrove

si dipingono

di aforismi destromani

mentre mancina

chiedi a dio l’amore

indecifrabile

ed io lontano

stendo il velo

 

sull’orma delle tue scarpe slacciate.

 

Ma tuttavia

il tuo amore

per me è il lontano,

valore immaginario,

il tempo del nostro però

è passato

ma non c’è circolo definito

se tu le labbra mi baci

 

è solo l’impressione

impressa nella libertà

di uno specchio fragile

 

frammento

dei tuoi occhi

 

che ricordo.

 

Ed ecco

l’attimo che passa,

 

stasera

ascolto

la musica

che ribalta

il ricordo

reso lucido

dalla spiaggia

che si scorge

 

solo

in penombra

 

ma tu sei concreta,

 

tanto corporale

 

mi lanci l’entusiasmo

che da tempo

credevo avere perso.

 

E non è falsità

se sulla panchina

nella villa

pensiamo

strutti

che

saremo felici

un giorno in eterno,

 

dì la verità

amore,

 

questo non lo puoi dimenticare,

 

l’illusorio mondo

del domani

è ancora

 

nostro.

 

Adesso e per sempre

 

Adesso

che è sera

ti stringi

sincera

all’alma

sconfitta

mia,

quella di sempre

 

e non esiste

nulla di diverso

dai nostri

occhi

chiusi

in un abbraccio

 

che amerà

l’eternità,

schiusa

la verità

tra sorrisi

e sguardi d’intesa

 

io e te.

 

Ad ogni buon

profilo

entusiastico

sei bella

come sempre,

 

dolcissima

pulzella

ribelle

 

e gotica.

 

Ti amerei

se avessi

me

nel palmo tuo,

 

sai cosa dico

amore mio

 

giorni

due

passati

amori

 

for ever

and ever

loving.

 

Adesso

ed al tuo corpo

la luce

della nostalgia

stringerà

nei nostri

incontri

fugaci

suggestivi

ed inviolabili

 

eremo d’eternità

 

io e te.

 

Tu sai chi sei

 

Ecco

ancora noi

 

traslucidi

 

notti

d’amore

senza pensare

 

traslucide,

 

lei ora non c’è

lei allora c’era.

 

Amami qui,

 

noi

tra

collocamento

e futuro

 

io e te

 

erba

e me

 

e te.

 

Dico

se ricordi

trovi

la risposta.

 

Dove sei?

 

Anni

passati ormai,

bacio che non fu,

 

aprile

02,

 

io e te,

mia sperduta

parva

anima

 

la mia,

 

sei tu

che mi slacci

il mantello,

 

e dico sul serio,

 

trasla

le parole

sei tutta bella

al chiaror

dell’ultima stella.

 

Ti amo

di profilo

teatrale,

 

tutta dipinta

dell’ultimo

respiro.

 

Cerco ancora di te,

 

senza

i tuoi occhi

non sarei io,

 

anche se solo e sperso

ti ringrazio,

 

senza te morirei

ed anche se morto

cercherei

il tuo volto,

 

tu sai chi sei.

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