Halloween, festa originaria delle Campagne Partenopee?

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Mi limito qui a porre dei rilievi, la storia ufficiale così come raccontata in merito ad Halloween, senza nulla aggiungere se non che l’origo della medisma è da rintracciare nelle nostre terre, una Festa Contadina della Campania Felix e poi della Calabria, poi esportata ai popoli Celti. Una festa che risale ai Greci, che la assorbirono nelle celebrazioni dei Misteri Dionisiaci, e prima ancora dagli Italioti e dai Sanniti. Una festa alla divina della ebrezza, corporale, che precede quella Spirituale dei Santi e quella successiva dei Defunti, due celebrazioni serie ed in memoria dei Lari Familiari. Fu po’ occultata dalla festività della  Vendemmia Romana –periodo in cui i ragazzi non andavano a scuola, le Ferie non cadevano in Estate ma in questo periodo.  Ma non voglio soffermarmi oltre. Ripeto che racconto la versione ufficiale, ma in calce vi è una bibliografia per chi fosse interessato ad esplorare i mondo di questa sarcastica ricorrenza italica che esorcizzava la morte e la paura di essa, celebrava la Terra, ed i Contadini ebbri ascoltavano storie di Pastori.

Probabilmente questo giorno fu importato ai Celti all’epoca di Publio Virgilio Marone.

Secondo Renato Cortesi l’origine andrebbe ricercata nel racconto del personaggio di Jack O’ Lantern che fu condannato dal diavolo a vagare per il mondo, di notte, alla sola luce della zucca “scavata” contenente una candela. Poiché il termine inglese per scavare è “to hollow” (e quindi l’atto di scavare è “hollowing”) da ciò deriverebbe il nome Halloween.

Ma l’origo è ben più remota, tradizionalmente si fa risalire ai Celti, ed alla festività di “Samhain”.

 I Celti erano prevalentemente un popolo di pastori, a differenza di altre culture europee nordiche, avevano una cultura simile ai popoli del bacino del Mediterraneo, Arcadica.

I ritmi della loro vita erano, dunque, scanditi dai tempi che l’allevamento del bestiame imponeva, tempi diversi da quelli dei campi. Alla fine della stagione estiva, i pastori riportavano a valle le loro greggi, per prepararsi all’arrivo dell’inverno e all’inizio del nuovo anno. Come dalle Nostre parti, nella Italia centro meridionale.

Per i Celti, infatti, l’anno nuovo non cominciava il 1° gennaio come per noi oggi, bensì il 1° novembre, quando terminava ufficialmente la stagione calda ed iniziava la stagione delle tenebre e del freddo, il tempo in cui ci si chiudeva in casa per molti mesi, riparandosi dal freddo, costruendo utensili e trascorrendo le serate a raccontare storie e leggende.

Il passaggio dall’estate all’inverno e dal vecchio al nuovo anno veniva celebrato con lunghi festeggiamenti, lo Samhain (pronunciato sow-in, dove sow fa rima con cow), che deriverebbe dal gaelico samhuinn e significa “summer’s end”, fine dell’estate. In Irlanda la festa era nota come Samhein, o La Samon, la festa del Sole, ma il concetto è lo stesso. In realtà a nostro avviso il termine non è gaelico ma ha una origo italioto/sannita, precisamente deriva da Selket, la dea egizia—ricordiamo la presenza egizia in Napoli, dei morti, che in italioto suonava come Serket-hetu, cioè “colei che fa respirare le gole” , o anche dal Sannita Sam-Hapis, la parte femminile della luce, divenuta poi Serapin, che simboleggiava la fertilità “kalathos”-copricapo a forma di cesta, emblema del corpo che desacralizzato a mo’ di Eumenidi, preservava dalle tenebre l’animo-celebrato il Giorno seguente- e lo spirito degli antenati-celebrato due Giorni dopo. Selket era anche poi in commistione con Iside, e le figure furono identificate, rimase la Greca Selkis che poi divenne Selene, ovverosia la Luna.  

 In quel periodo dell’anno i frutti dei campi erano assicurati, il bestiame era stato ben nutrito dell’aria fresca e dei pascoli dei monti e le scorte per l’inverno erano state preparate. La comunità, quindi, poteva riposarsi e ringraziare gli Dei per la loro generosità. Ciò avveniva tramite lo Samhain, che, inoltre, serviva ad esorcizzare l’arrivo dell’inverno e dei suoi pericoli, unendo e rafforzando la comunità grazie ad un rito di passaggio che propiziasse la benevolenza delle divinità. L’importanza che la popolazione celta attribuiva a Samhain risiede nella loro-ed anche dei Nostri della Campania Felix- concezione del tempo, visto come una ellisse suddiviso in otto cicli, tracciati sulla ellisse con una croce ed una X, l’ellisse e gli otto punti su di essa ‘sì tracciati simboleggiavano l’infinito e l’istantaneità del tempo: il termine di ogni ciclo era considerato molto importante e carico di magia, in particolar guisa ogni punto ra considerato l’apertura di una delle nove porte. Insieme a Samhain (31 ottobre, appunto) si festeggiavano Lughnasadh (1 agosto), Beltane (30 aprile o 1 maggio), Imbolc (1-2 febbraio), Yule (21 dicembre), Ostara (21 marzo), Litha (21 giugno) e Mabon (21 settembre).

Ritorneremo anche su queste feste in altro loco.

L’avvento del Cristianesimo non ha del tutto cancellato queste festività, ma in molti casi si è sovrapposto ad esse conferendo loro contenuti e significati diversi da quelli originari.

I Celti e gli Italioti credevano che alla vigilia di ogni nuovo anno, cioè il 31 ottobre, Samhain chiamasse a sé tutti gli spiriti dei morti, che vivevano in una landa di eterna giovinezza e felicità chiamata Tir nan Oge, e che le forze degli spiriti potessero unirsi al mondo dei viventi, provocando in questo modo il dissolvimento temporaneo delle leggi del tempo e dello spazio e facendo sì che l’aldilà si fondesse con il mondo dei vivi e permettendo agli spiriti erranti di vagare indisturbati sulla Terra.

Samhain era, dunque, una celebrazione che univa la paura della morte e degli spiriti all’allegria dei festeggiamenti per la fine del vecchio anno. Durante la notte del 31 ottobre si tenevano dei raduni nei boschi e sulle colline per la cerimonia dell’accensione del Fuoco Sacro e venivano effettuati sacrifici animali.

Attorno al Sacro Foco i Pastori rivelavano Misteri e Cunti agli Agricoltori.

 Vestiti con maschere grottesche, poi, questi ultimi tornavano al villaggio, facendosi luce con lanterne costituite da cipolle intagliate al cui interno erano poste le braci del Fuoco Sacro. Dalle Nostre parti si usavano già le zucche, abbondanti in questo periodo.  

A questo punto i due giorni successivi segnavano l’ingresso del Nuovo anno e si Ricordava l’Anima Mundi e gli antenati. Si diffuse l’usanza di accendere torce e fiaccole fuori dagli usci e di lasciare cibo e latte per le anime dei defunti che avrebbero reso visita ai propri familiari, affinché potessero rifocillarsi e decidessero di non fare scherzi ai viventi.

Anche nella Nostra Pomigliano, ad esempio, ci sono ricordi di questi riti ancestrali. Si racconta, infatti, che la notte del 31 ottobre le anime purganti vaghino per il mondo terreno sino alla notte tra il 5 ed il 6 gennaio.

Altra festività, quella della Epifania, di antichissime origini, e che è la nona festa non elencata supra, celebrazione religiosa in cui i magi, i Re  Maghi – temporale e spirituale-, con la venuta del Verbo incarnato, hanno ceduto ad Egli ogni potere da Egli stesso derivato, riconoscendo la loro umanità e la Divinità del Cristo, l’Oro, ovverosia la Ricchezza ed il Potere, l’Incenso, ovverosia gli onori Sacri, la Mirra, ovverosia la Taumaturgia.

Bibliografia e Sitografia

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https://selendichter.wordpress.com/2016/01/14/afrodite-la-santa-fiorita-di-pomigliano-darco-seguendo-le-rive-di-una-leggenda/

Storia di Halloween

https://www.irlandando.it/halloween/storia/

Virgilio Mago, il Merlino Partenopeo https://www.ilgazzettinovesuviano.com/2016/08/24/virgilio-mago-merlino-partenopeo/

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